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Home » Esteri » Ucraina » SPY UCRAINA/ “La ricostruzione? BlackRock si è sfilata, Mosca pronta per altri 2 anni di guerra”

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SPY UCRAINA/ “La ricostruzione? BlackRock si è sfilata, Mosca pronta per altri 2 anni di guerra”

Int. Maurizio Boni
Pubblicato 12 Luglio 2025
Lavrov e Putin in Russia

Sergei Lavrov, Ministro degli Esteri Russia: sullo sfondo il Presidente Vladimir Putin (ANSA-EPA 2025)

Ucraina: la grande finanza USA lascia la ricostruzione. E tra il piano di Lavrov e gli annunci di Trump Putin può affrontare altri due anni di guerra

BlackRock e i grandi finanziatori USA si disinteressano alla ricostruzione in Ucraina. Il Paese è sull’orlo della bancarotta e il suo rilancio potrebbe essere più difficile del previsto, comunque non tale da ipotizzare chissà quali profitti. Di fatto però, anche se si parla del dopoguerra, l’unica prospettiva che tiene banco, osserva Maurizio Boni, generale di Corpo d’armata e opinionista di Analisi Difesa, è ancora quella del conflitto. Con una Russia che può continuare a combattere per almeno altri due anni e gli USA che si riavvicinano ai volenterosi, anche se non si sa ancora per fare cosa.


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Intanto, secondo analisti e investitori, il conflitto potrebbe continuare almeno fino al primo semestre del 2026. Tutto in attesa di sapere qual è la nuova proposta che il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha presentato al segretario di Stato Usa Marco Rubio e di capire in cosa consiste l’importante annuncio che Trump ha programmato per lunedì. Le indiscrezioni parlano di armi all’Ucraina e sanzioni contro la Russia.


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Rubio sostiene che Lavrov ha presentato una nuova proposta per l’Ucraina. Cosa potrebbe essere?

Difficile dirlo, anche perché Trump ha annunciato che lunedì ci sarà un annuncio importante sull’Ucraina. Bisogna vedere di cosa si tratterà.

La Conferenza di Roma sulla ricostruzione, intanto, cosa ci sta dicendo?

È molto significativo il fatto che BlackRock si sia sfilata dal progetto di ricostruzione dell’Ucraina. Il che la dice lunga sulle intenzioni anche degli Stati Uniti. Il conflitto continua e questo aumenta l’incertezza sul futuro dell’Ucraina, in particolare su come arriverà il Paese alla fine della guerra. Se il più importante fondo di gestione di asset a livello mondiale, insieme a JP Morgan, si ritira dalla ricostruzione, non è certamente un bel segnale.


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Perché la finanza americana abbandona il campo?

L’incertezza è dovuta anche ai continui attacchi dei russi a tutta la rete infrastrutturale che supporta il sistema economico del Paese. In più, uno studio del Fondo Monetario Internazionale del giugno scorso ha evidenziato che l’economia ucraina è in bilico: sta in piedi grazie agli appoggi esterni. Tutti elementi che allontanano dalla prospettiva che ci possa essere una fase post-conflittuale prospera. L’Ucraina è praticamente in bancarotta: ha una spesa militare che è oltre la metà di quella pubblica e il debito pubblico raddoppiato.

La ricostruzione rischia di diventare più un peso che un’opportunità?

Trump si è assicurato lo sfruttamento di alcune risorse dell’Ucraina, ma tutti i più grossi investitori mondiali, in qualche modo coordinati da BlackRock, si stanno sfilando: la conferenza di Roma sulla ricostruzione coincide con un segnale che va in senso diametralmente opposto. Il problema vero è che non si capisce quale Ucraina vedrà la fine del conflitto.

Intanto si ripropongono i “volenterosi”. E stavolta gli americani non stanno solo a guardare. Cosa sta succedendo?

Gli americani hanno dichiarato che parteciperanno ai prossimi incontri dei volenterosi. Rientrano in gioco in qualche modo dopo che si erano sfilati. I volenterosi raggrupperebbero 30 Paesi che dovrebbero avere come quartier generale prima Parigi e poi Londra, con un elemento di coordinamento a Kiev. Siamo in una logica che è in controtendenza rispetto agli obiettivi dei russi: è un’ipotesi che alimenta la confusione.

Non è che gli americani si avvicinano ai volenterosi semplicemente per vendere agli europei armi americane da fornire poi all’Ucraina?

Non credo, gli USA hanno già incassato con il vertice della NATO, strappando l’impegno degli altri Paesi a spendere il 5% del PIL per la difesa. L’Europa si impegna a produrre molto di più con la sua industria, ma anche a comprare molte armi americane. Questo obiettivo, insomma, Trump lo ha già raggiunto, non ha bisogno di partecipare alle riunioni dei volenterosi. Bisogna vedere, invece, nei dettagli che piega prenderanno i lavori. Anche l’idea di un contingente che dovrebbe addestrare il nuovo esercito ucraino, fornire supporto logistico e addirittura controllare lo spazio aereo, è un’ipotesi che i russi non accetteranno.

Sulla base delle dichiarazioni dei russi in queste ultime settimane, cosa si può dire di questa nuova proposta che Lavrov ha presentato a Rubio?

Deve prevedere una soluzione che sia favorevole a Mosca. Quindi o verranno fatte delle concessioni, oppure si presenteranno delle richieste per verificare fino a che punto l’Occidente è in grado di accettare un compromesso. Credo comunque che non sia del tutto esclusa l’ipotesi che i russi vogliano prendere Kiev. È ancora sul tavolo, almeno per quanto riguarda gli ultranazionalisti.

È un piano credibile?

Richiede risorse ingenti e non è facile da realizzare. Tornando alla proposta di Lavrov, potrebbe essere che Mosca avanzi un’ipotesi di soluzione per poi giustificare, davanti a un rifiuto dell’Occidente, la necessità di proseguire nei combattimenti. Tutto può essere.

Alcuni analisti dicono che la Russia è sull’orlo della recessione, altri che ha adeguato la sua economia alle sanzioni. Dal punto di vista economico e militare quanto è in grado di sostenere ancora la guerra?

Ai ritmi attuali la sostenibilità del conflitto è garantita per almeno altri due anni. L’industria bellica russa ha raggiunto il punto di equilibrio tra perdite e produzione industriale. Non solo riesce a ripianare le perdite, ma possiede un sistema logistico che consente di riparare anche i mezzi che sono danneggiati sul campo di battaglia: una capacità che gli ucraini non hanno più. La produzione industriale sta aumentando, in particolare per quanto riguarda droni e missili, che sono i maggiori protagonisti di questa fase della guerra. I russi hanno ricalibrato il loro sistema, compensando la perdita del mercato europeo, sostituito con altri acquirenti. Per questo darei credito al fatto che Mosca possa sostenere il conflitto ancora per due anni.

Ma la guerra quando potrebbe chiudersi?

Secondo lo scenario disegnato da analisti e investitori, si dovrebbe chiudere nel secondo trimestre del 2026. D’altronde i reclutamenti in Russia vanno a gonfie vele, mentre i disertori nell’esercito ucraino sarebbero 230mila. Ed è una stima al ribasso. Putin, poi, potrà contare anche su altri soldati della Nord Corea. La Russia non è sola, è inserita in un sistema più ampio. L’orizzonte attuale, comunque, è sempre quello della guerra.

Si torna a parlare di una soluzione coreana del conflitto: un armistizio in cui vengano riconosciuti di fatto i territori conquistati in battaglia. Per i russi vorrebbe dire rinunciare a un eventuale progetto di conquista di tutta l’Ucraina. Una soluzione simile potrebbe convenire anche a loro?

In Russia ci sono dinamiche interne che non ci sono affatto note. In Occidente si parla dei problemi dell’amministrazione USA, ma in ambito russo è più difficile capire quali sono le relazioni tra le varie articolazioni dello Stato: a parte Putin, vanno tenuti presenti i servizi in tutte le loro articolazioni, il ministero della Difesa, i nazionalisti.

Siamo troppo abituati a parlare solo di Putin, fino a pensare che la Russia sia un monolite anche se non è così?

Certamente non è facile capire esattamente in che direzione si va. Anche la proposta di Lavrov sarà il frutto del compromesso raggiunto tenendo conto di altre soluzioni al conflitto presentate. Sono proposte che comunque devono essere sposate dal presidente russo. Senza il capo non si fa niente.

(Paolo Rossetti)

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Tags: Donald TrumpVladimir PutinVolodymyr Zelensky

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