Licenziati 6 funzionari della sicurezza nazionale Usa. Trump vuole persone fedeli per evitare la politica estera dei neocon e attentati alla sua vita

Sei funzionari della sicurezza nazionale licenziati, a partire da Timothy Haugh, direttore della National Security Agency (NSA), che fanno seguito ai cambi al vertice delle agenzie di intelligence USA.

Un’operazione che Trump starebbe conducendo, spiega Marcello Foa, giornalista e docente universitario, già presidente Rai e conduttore di “Giù la maschera” su Rai Radio1 (autore di “La società del ricatto“, 2025, Guerini e associati, in libreria dall’11 aprile) per non essere vittima del Deep State, il livello profondo dell’amministrazione americana che aveva giocato contro di lui già nel primo mandato e che si dirigerebbe anche contro i neocon, gruppo trasversale a repubblicani e democratici, che in questi anni ha dettato la politica estera USA.



Il presidente agirebbe così anche per un altro motivo, il timore che non avere al suo fianco funzionari fedeli crei un clima simile a quello in cui si verificarono gli attentati contro Kennedy e Reagan. I media attribuiscono gli ultimi licenziamenti all’opera dell’influencer Laura Loomer e riportano rumors di malumori all’interno dell’amministrazione USA, che però finora non hanno grandi riscontri.



Trump ha licenziato sei alti funzionari della sicurezza nazionale. È in atto una sorta di epurazione?

Per capire cosa sta succedendo dobbiamo ricordarci del 2016 e della prima amministrazione Trump. Il presidente americano, secondo me a ragione, pensa che sia stato il Deep State americano a farlo fuori. Non era pronto per essere presidente, non aveva una sua squadra, e proprio per questo si attorniò di persone che credeva amiche, ma che gli remarono contro, a partire dal vicepresidente Pence.

Tutti i vertici delle agenzie di intelligence erano espressione dell’establishment USA, così come quelli che sono stati in carica finora lo erano dell’establishment di Biden. Trump sta usando una tecnica diretta, quasi brutale, per tagliare le teste di chi verosimilmente avrebbe remato contro di lui. Si è convinto che i vertici di CIA, NSA, FBI siano contrari alla sua presidenza e non esita nel procedere a un cambiamento radicale.



Secondo Reuters, nel Consiglio per la sicurezza nazionale sono state licenziate le persone che erano vicine al generale in pensione Mark Milley, molto critico nei confronti di Trump, tanto da dargli del fascista: qual è il criterio di queste scelte?

Ci sono due tipi di establishment: quello dichiaratamente contro Trump, che in una logica di spoils system per lui è normale “fare fuori”, e la zona grigia del cosiddetto Deep State, funzionari dello Stato che rispondono a una certa agenda, indipendentemente da chi è alla Casa Bianca. Il mondo è stato gestito per trent’anni da un’élite globalista e Trump ritiene che questi altissimi funzionari, non solo nell’intelligence ma anche di altri settori dello Stato, sostengano un disegno politico che lui sta smantellando.

Secondo alcuni analisti, Trump si starebbe liberando di funzionari che seguono una linea interventista. Non vuole più avere a che fare con i neocon?

I neocon hanno gestito di fatto la politica estera americana dopo l’11 settembre e in buona parte anche prima: sono i responsabili di tutte le scelte degli ultimi 20 anni. Trump non li ama, benché, per esempio, il segretario di Stato Rubio non sia così distante dalle loro posizioni.

Questi neoconservatori chi sono? Parliamo di altri repubblicani?

I neocon sono presenti sia tra i repubblicani sia tra i democratici. Hanno un disegno e cercano di realizzarlo con chiunque permetta loro di farlo. Per questo sono passati disinvoltamente da Bush e Obama. Trump vuole rompere con quello schema perché ritiene che abbia portato allo scontro frontale con la Russia e a destabilizzare mezzo mondo. Per questo, quando sente odore di neoconservatori, interviene per escluderli, soprattutto dai posti di comando.

Di cosa ha paura Trump?

La storia degli USA insegna che lasciare le redini dell’amministrazione a chi è nemico significa avere a che fare con qualcuno che remerà contro. Secondo me la vera paura di Trump è di finire come Kennedy o di diventare l’obiettivo di un’azione come quella che portò al ferimento di Reagan. Non lo dice espressamente, ma credo che pensi di non poter lasciare nelle agenzie di intelligence persone che potrebbero non essergli fedeli o addirittura organizzare azioni mortali contro di lui.

Alcuni dei suoi collaboratori e simpatizzanti lo dicono chiaramente. Ancora oggi non sappiamo con certezza la ragione per cui John Kennedy è stato ucciso. Però è evidente che il rischio che succedano altri episodi del genere negli USA è alto.

Le “epurazioni” continueranno?

Il presidente ha già nominato il nuovo capo della CIA e sta mettendo nei posti chiave persone di sua fiducia. E continuerà a farlo.

Dopo la voce, smentita, di un addio di Elon Musk ai suoi incarichi nella nuova amministrazione, in seguito all’annuncio dell’imposizione dei dazi ne è circolata un’altra su possibili dimissioni del segretario del Tesoro Scott Bessent. C’è qualche frizione all’interno dello staff di Trump?

Bessent ha appena concesso un’intervista a Tucker Carlson, illuminante per capire cosa accade sul fronte dei dazi. Non mi sembrava l’intervista di qualcuno in uscita. Trump è un personaggio eccentrico, non tutti lo amano, che ci siano forti malumori all’interno dell’amministrazione non mi stupisce, ma è presto per dire che ci siano delle spaccature reali.

Chi sono gli scontenti?

Un certo mondo finanziario, anche repubblicano, senz’altro non è contento di quello che sta succedendo e starà facendo pressioni su Trump. Un conto è pensare a dazi selettivi per cercare di correggere il tiro, un altro annunciare dazi inaspettati su scala mondiale. È chiaro che su questo punto è molto probabile che l’amministrazione non sia compatta. Ora bisogna capire che cosa ha in mente Trump, se vuole negoziare o pensa a qualcosa di più radicale.

Molti media americani sottolineano il ruolo di Laura Loomer, influencer repubblicana nota per le sue posizioni complottiste, ascoltatissima da Trump, nell’individuazione dei funzionari “infedeli” da licenziare. Possibile che il repulisti interno disposto dal presidente sia dovuto anche ai suoi consigli?

La conosco poco, ma che una 31enne come lei possa addirittura arrivare a influenzare le decisioni di Trump non mi sembra molto credibile. Ci sono anche tanti nemici del presidente che mettono in giro voci su di lui per screditarlo. Mi auguro che questa sia una voce fuori controllo. Tutti i leader politici hanno da sempre giornalisti e opinionisti con cui magari hanno un rapporto più personale, ma poi il leader decide. E la squadra di cui si è circondato è fatta di persone più qualificate di una blogger.

(Paolo Rossetti)

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