Anche la Germania vuole lo stato di Palestina, ma serve solo a tenere buona l’opinione pubblica. Intanto Israele si è già presa i territori
Ormai, nei Paesi occidentali, tutti vogliono riconoscere lo Stato di Palestina. Ma è una posizione contraddittoria, perché questa iniziativa spesso è presa dagli stessi Paesi che hanno collaborato con Israele, fornendogli anche le armi. La realtà, spiega Sherif El Sebaie, opinionista egiziano esperto di geopolitica del Medio Oriente, è che proprio in Israele sta prendendo sempre più piede l’idea che sia necessario occupare Gaza e anche la Cisgiordania. Anzi, l’annessione di entrambi i territori è già nei fatti, anche se non è stata dichiarata. Ed è questo lo scenario verso cui si sta andando.
Francia, Gran Bretagna, Canada, Australia, Portogallo, tutti ad annunciare il riconoscimento dello Stato di Palestina. E ora anche la Germania vuole l’inizio di un processo che porti allo stesso risultato. Sono o no iniziative che possono mettere pressione su Israele?
È dal 1948 che tutti, nel bene o nel male, chiedono l’istituzione di uno Stato palestinese: 147 Paesi lo hanno già riconosciuto. Quello che fa notizia, adesso, è che si sono fatti avanti Paesi considerati importanti, potenze occidentali, che fanno parte del G7.
La realtà, tuttavia, è che sul terreno non è mai esistito lo Stato palestinese, non gli è stato permesso di esistere e, se la vogliamo proprio dire tutta, con tutto quello che è successo negli ultimi due anni, sta diventando sempre più improbabile. Le ultime due enclaves dove sono confinati i palestinesi stanno sfuggendo al loro controllo. Gaza, praticamente, è occupata da Israele e, per la Cisgiordania, si parla addirittura di un’annessione: ogni giorno i coloni estendono la loro presenza e la prospettiva di uno Stato palestinese è sempre più evanescente.
Le iniziative per il riconoscimento della Palestina, quindi, non cambiano la situazione?
Stiamo parlando di riconoscere sulla carta qualcosa che non esiste nella realtà. Dal punto di vista simbolico, magari è importante, è forse l’unica iniziativa che potevano prendere questi Paesi di fronte a una montante indignazione delle proprie opinioni pubbliche. Concretamente, per i palestinesi non cambia assolutamente niente: continuano a vivere sotto le bombe, in mezzo alle provocazioni, alle devastazioni, alle uccisioni.
L’Occidente è impotente di fronte a tutto ciò?
Più che impotente, ipocrita. Se avesse voluto uno Stato della Palestina avrebbe avuto i mezzi per costringere Israele a negoziare. Ma l’Occidente, in particolare gli Stati Uniti, rifornisce Israele, pone il veto nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, nei fatti copre le azioni di Israele. Sono tanti i Paesi che collaborano con Tel Aviv. La Gran Bretagna, che annuncia il possibile riconoscimento della Palestina, è la stessa che fornisce armi e intelligence per reperire le notizie necessarie alle azioni a Gaza. Il riconoscimento, insomma, è un po’ fumo negli occhi per calmare l’opinione pubblica interna.
Witkoff è volato in Medio Oriente per parlare con Netanyahu, mentre gli americani hanno sanzionato anche l’ANP, l’Autorità nazionale palestinese. Il legame tra Stati Uniti e Israele, al di là delle dichiarazioni di Trump che ogni tanto si indigna per le immagini che arrivano da Gaza, rimane strettissimo?
Da un lato si parla di immagini inaccettabili, dall’altro si forniscono tutti i mezzi a Israele per portare avanti questa politica, questa strategia, questa distruzione, queste morti. Non solo, Trump cerca di fare in modo che anche gli altri Paesi non si adoperino contro Israele, non per niente ha minacciato dazi al Canada se dovesse riconoscere la Palestina. Quella di Trump è pura ipocrisia.
I ministri Smotrich e Ben-Gvir chiedono di radere al suolo Gaza, il governo israeliano minaccia Hamas di annettere parti della Striscia se non libererà gli ostaggi e i coloni organizzano una marcia per chiedere insediamenti sempre a Gaza. Ormai Israele è orientato a prendersi i territori abitati dai palestinesi?
Israele è un Paese sotto choc per l’attacco del 7 Ottobre e che ha sviluppato una sete di vendetta che, nel caso dei coloni, degli estremisti, di gente come Ben-Gvir e Smotrich, è all’ennesima potenza, tanto è vero che parlano chiaramente di genocidio, di deportazione, di distruzione totale.
Bisogna partire da questo presupposto e dal fatto che buona parte dell’opinione pubblica sta con Netanyahu e con questa guerra a oltranza, considerando gli ostaggi un danno collaterale, perché pensano che così si neutralizzerebbe la minaccia di Hamas al confine e forse si risolverebbe proprio la questione palestinese, realizzando uno Stato ebraico puro, in cui non ci siano più tutti questi problemi.
Questo è quello che sta succedendo: Israele ha occupato Gaza, di fatto l’ha annessa, anche se non lo ha dichiarato, e la stessa cosa succede da tempo in Cisgiordania. Ciò non toglie che ci siano voci all’interno del Paese, come hanno fatto due importanti organizzazioni umanitarie, che accusano apertamente il proprio governo di genocidio.
Il viaggio di Witkoff in Israele può ridare vita alla trattativa o il negoziato è morto?
Assolutamente no, non ci sono speranze per la trattativa. Ho il sospetto che Witkoff sia andato lì per discutere di tutt’altro e marginalmente della questione palestinese.
All’ONU, i Paesi della Lega Araba hanno votato un documento in cui si prendono le distanze dal 7 Ottobre e da Hamas e si chiede di liberare gli ostaggi: è una novità?
Nessuno tra i Paesi della Lega Araba è contento di quello che ha fatto Hamas, un’organizzazione che non è mai stata simpatica ai governi dell’area.
Anche loro non hanno la forza o la volontà di un’azione concreta che provi a cambiare la situazione?
Se la forza non ce l’ha l’Europa e se addirittura un Paese come il Canada, che è nel G7, viene minacciato di dazi, come possono riuscirci i Paesi arabi, soprattutto quelli che hanno bisogno di prestiti o dipendono per gli armamenti dagli USA?
La prospettiva, insomma, è che Israele si prenda Gaza e la Cisgiordania perché nessuno gli metterà i bastoni fra le ruote?
Certo. In realtà, l’unica cosa che sta cambiando è l’opinione pubblica occidentale. A differenza di quello che succedeva anni fa, è molto più informata su quello che sta succedendo e molto meno ben disposta nei confronti di Israele, nonostante sia stato attaccato il 7 Ottobre.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
