Strage di Bologna, le indagini sugli esecutori materiali, i processi, i depistaggi le condanne e i misteri ancora aperti sui mandanti
Strage di Bologna, il 2 agosto 1980 un ordigno esplose nella sala d’aspetto della stazione provocando 85 morti e 200 feriti. L’attentato riconosciuto come il più grave della storia d’Italia, viene ricordato ogni anno in occasione dell’anniversario, non solo dalle istituzioni ma anche da programmi televisivi e documentari storici. L’inchiesta giudiziaria per scoprire responsabilità di mandanti ed esecutori, è ancora in corso dopo numerosi processi che sono stati avviati negli anni, anche a causa di tentativi di depistaggio e disinformazione su presunte piste alternative che per molto tempo hanno ostacolato le indagini sui veri colpevoli.
A partire dalle fasi immediatamente successive, viene stabilito subito il ruolo fondamentale dei gruppi appartenenti alla destra eversiva, principalmente i Nar, che rivendicarono la strage di Bologna già il pomeriggio stesso con due telefonate. Il processo si aprì proprio a carico dei membri dell’organizzazione, accusati insieme a Licio Gelli, Gran Maestro della Loggia Massonica P2 e ad alcuni ufficiali dei servizi segreti Sismi, di aver organizzato l’azione terroristica.

Gli esecutori materiali della strage di Bologna
Nella ricostruzione della dinamica della Strage di Bologna, a partire dall’organizzazione fino all’esecuzione del piazzamento della bomba alla stazione, i vari processi hanno stabilito alcune responsabilità di personaggi legati ai Nar e altri come finanziatori ed ideatori dell’attentato volto a destabilizzare il quadro politico inserito anche in un periodo denso di violenze e scontri. Il più lungo dei cinque fu proprio quello che si concentrò sui nomi dei membri dell’organizzazione di estrema destra, imputati per aver materialmente realizzato il crimine.
Tramite testimonianze dirette e indagini sui legami di tali gruppi armati con la criminalità organizzata, in particolare la Banda della magliana, si arrivò a stabilire inizialmente la colpevolezza di Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardin, i primi due condannati poi in via definitiva nel 1995 nonostante si siano sempre dichiarati innocenti. Sucessivamente arrivano conferme anche per Gilberto Cavallini e Paolo Bellini, ex avanguardia nazionale, considerati come collaboratori logistici.
Le indagini sui mandanti della strage di Bologna, depistaggi e condanne
Il processo ai mandanti e depistatori della strage di Bologna, si concentrò prevalentemente sullo stabilire quale fu l’effettivo ruolo della P2 e dei servizi segreti Sismi, nell’ideazione, progettazione e finanziamento dell’attentato.
Le indagini stabilirono che i movimenti di denaro, rilevati tra la Loggia Massonica e i membri dei Nar furono relativi proprio ad una copertura di spese per tutte le fasi dell’azione criminale, appoggiata anche da un presunto gruppo di funzionari e agenti dei servizi, che avrebbero creato in segreto un ente parallelo proprio dedico alle collaborazioni con la malavita e i terroristi. Tra i protagonisti dell’inchiesta spicca il nome di Licio Gelli, già indicato fin dai giorni successivi della strage come responsabile e successivamente altri nomi legati sempre al Gran Maestro.
In particolare il collaboratore stretto di Gelli, Umberto Ortolani, il capo dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno Federico Umberto D’Amato e il politico del Msi Mario Tedeschi. Quest’ultimo accusato anche di falso e depistaggio dopo aver condotto una campagna di disinformazione grazie al suo ruolo di giornalista insieme agli ex funzionari Sismi Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte. Nonostante le accuse, confermate da numerose prove e testimonianze, i principali protagonisti definiti mandanti non sono mai stati effettivamente condannati perchè al momento del processo giudiziario risultavano già tutti deceduti.
