Strage di Capaci, l'analisi del Dubbio dopo l'archiviazione della pista nera: bufala smentita tra testimoni inattendibili, suggestioni e clamori mediatici
Sulla decisione del gip di Caltanissetta, Santi Bologna, di archiviare l’inchiesta sulla “pista nera”, si è soffermato Damiano Aliprandi su Il Dubbio, in un articolo in cui sostiene che anche l’insistenza mediatica del programma Rai Report abbia contribuito a generare confusione.
La cosiddetta pista nera riguarda l’ipotesi che esponenti della destra eversiva, come Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale, abbiano avuto un ruolo nella strage di Capaci insieme alla mafia. La teoria è stata rilanciata dalla Procura nazionale e da alcuni magistrati, come Scarpinato, che ora è parlamentare M5S.
STRAGE DI CAPACI, “PISTA NERA? PROVE INAFFIDABILI”
Il gip Santi Bologna ha archiviato l’inchiesta sottolineando che le prove non sono affidabili: le testimonianze principali risultano contraddittorie, non verificabili e piene di elementi fantasiosi. In particolare, le affermazioni di Maria Romeo, ex compagna di Alberto Lo Cicero (autista del boss mafioso Tullio Troia), sono cambiate nel tempo, forse condizionate dalla visibilità mediatica.
Ad esempio, aveva sostenuto che Delle Chiaie fosse coinvolto nella strage, ma poi ha modificato ripetutamente la sua versione, raccontando episodi grotteschi e romanzeschi, come Totò Riina travestito da stalliere a una festa. Inoltre, ha parlato di cassette audio mai trovate, telefonate con persone non identificabili e dettagli senza riscontri oggettivi. Il giudice non l’ha ritenuta attendibile.
Per quanto riguarda Francesco Onorato, pentito che sostiene la presenza dei neofascisti, ha parlato solo dopo l’eco mediatica, quindi il suo racconto appare suggestionato.
“CERTE STORIE NUTRONO SOLO CONFUSIONE”
Dunque, la critica mossa a parte dell’informazione è di aver rilanciato teorie con toni sensazionalistici, senza adeguate verifiche, influenzando i testimoni, alimentando teorie cospirative e distogliendo l’attenzione dalle vere dinamiche della mafia stragista. Infatti, da parte del gip c’è un richiamo proprio alla lezione di Giovanni Falcone, secondo cui le prove documentali devono essere solide: non ci si può affidare a racconti tardivi e soggettivi.
Il giudice cita anche il caso di Alberto Volo, che era stato “smontato” da Falcone nel ’91. “Un ulteriore monito sul rischio di credere a storie che, più che alla verità, servono a nutrire la confusione”, conclude Aliprandi.