“Strage di Capaci sconfitta della mafia”/ Pino Apprendi (vigile fuoco) “Ricordo che…”
Pino Apprendi era il caposquadra dei vigili del fuoco intervenuti sul luogo della strage di Capaci, in cui il 23 maggio 1992 persero la vita Giovanni Falcone, la moglie e la loro scorta

Sono trascorsi 23 anni dalla strage di Capaci, nella quale persero la vita Giovanni Falcone e sua moglie, oltre agli agenti della scorta. Sul palco di Palermo ha preso la parola Maria Falcone, sorella maggiore di Giovanni e presidente dell’omonima associazione, dicendo: “Questa è la giornata della memoria di tutti, perché deve essere la memoria dell’intera città. Mio fratello non voleva essere un eroe, lui voleva soltanto essere un magistrato e fare il proprio dovere. Però non pensiamo al passato, ma cerchiamo di pensare anche al futuro di questa nostra città”.
Pino Apprendi, capo della squadra dei vigili del fuoco che arrivò sul posto tra i 10 e i 15 minuti dopo l’esplosione, ha ricordato: “Noi abbiamo visto, abbiamo sentito queste sensazioni tremende. In quel momento abbiamo pensato di trovarci di fronte a una sconfitta, ma in realtà è la mafia che ha dimostrato tutta la sua debolezza con quel gesto. Per noi vigili del fuoco, oltre alle difficoltà tecniche c’erano le difficoltà emotive”.
STRAGE DI CAPACI, I VIGILI DEL FUOCO: “FU UNA TRAGEDIA”
Apprendi ha proseguito dicendo che la strage di Capaci “era una cosa particolare, la sentivamo nostra perché vedevamo i colleghi delle forze dell’ordine nel pieno della disperazione. Si abbracciavano, si stringevano, perché loro riconoscevano i loro amici, i loro fratelli, che avevano appena visto al cambio turno. Conserviamo ancora l’elmetto di quell’intervento. Sono fatti indelebili: in 41 anni di servizio questo è stato un intervento particolare, in uno scenario di guerra. È una cosa che ci ha sconvolto la vita, anche se siamo addestrati”
Infine, è intervenuto Giovanni Montinaro, figlio di Antonio, che perì nella strage di Capaci: “Mia mamma ha preso l’eredità di papà e ha deciso di portarla avanti. Papà era il capo-scorta del giudice Giovanni Falcone e aveva una devozione nei confronti di quest’ultimo. La particolarità vera, però, risiede nel fatto che mio padre mi ha chiamato come il giudice: io sono del 1990 e in quegli anni non era così facile schierarsi palesemente dalla parte degli onesti come ha fatto lui”.
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