Antonino Monteleone non nasconde la soddisfazione per la riapertura del caso della strage di Erba, in particolare per la decisione della Corte d’Appello di Brescia di accogliere la richiesta di revisione del processo per Olindo Romano e Rosa Bazzi, entrambi condannati all’ergastolo in via definitiva. Nel nuovo servizio realizzato per Le Iene, però, si sofferma sulle notizie di alcuni giornali, in quanto non rispecchierebbero la realtà dei fatti. “Purtroppo, sono state dette e scritte tantissime cose false. Così abbiamo deciso di fare un fact checking per mettere a disposizione dei colleghi, che vogliono continuare ad occuparsi del caso, le conoscenze maturate in anni di studio, perché siamo convinti che alla verità si arriva solo dicendo la verità”. L’inviato inizia da un articolo del Corriere della Sera del 10 gennaio 2024, in cui si scrive che “chi commise la strage, prima di entrare nella casa, staccò la corrente elettrica, facendo precipitare l’edificio nel buio. Gli inquirenti hanno rilevato sul contatore elettrico di casa Castagna-Marzouk le impronte digitali di Olindo Romano”.
Un dettaglio “clamorosamente falso”, spiega Monteleone, tirando in ballo un verbale del 2007 che indica appunto l’opposto. “Sarebbe stata la più formidabile prova della loro colpevolezza”. Sempre il 10 gennaio, il Messaggero in un articolo scrive che Olindo Romano e Rosa Bazzi sarebbero stati “sempre indifferenti a quanto avvenuto” e “non sapendo di essere intercettati, a Olindo scappò anche: ‘Finalmente un po’ di silenzio in questa casa’”. Montelone smentisce, spiegando che questa affermazione non è mai stata fatta perché non c’è nessuna intercettazione che la riporta. “È una leggenda metropolitana che gira da anni”, prosegue l’inviato de Le Iene.
STRAGE DI ERBA, LE FALSITÀ DELLA STAMPA SUGLI INDIZI
Antonino Monteleone nel nuovo servizio de Le Iene evidenzia che a cadere in errore è anche Libero, scrivendo che “tra gli indizi contro di loro”, cioè Olindo Romano e Rosa Bazzi, c’era anche “l’accensione di una lavatrice dopo l’incendio, alcune tracce sospette negli indumenti, ma soprattutto una macchiolina di sangue maschile, che le analisi dimostreranno appartenere a Frigerio”, unico sopravvissuto alla strage di Erba, “trovata sul tappetino della loro auto”. Ma è falso, perché i carabinieri trovarono la lavatrice in funzione, ma sugli abiti sequestrati insieme all’acqua del lavaggio, come certificato dalle analisi del Ris, non fu trovata nessuna traccia biologica. Quindi, quegli indizi non esistono.
Per quanto riguarda la macchia di sangue, non apparteneva a Frigerio, ma alla moglie Valeria Cherubini, uccisa nella strage di Erba. Quella traccia fu trovata sul battitacco dell’auto, non sul tappetino. “È un dettaglio importante, perché proprio l’assenza di sangue sul tappetino fa pensare che a portare quel sangue non sia stato Olindo”, dichiara Monteleone, il quale riporta la tesi della difesa, cioè che quella macchia sia stata portata da qualcun altro. L’inviato definisce poi “fantasiosa” la ricostruzione della scena del crimine da parte della Stampa, in particolare riguardo il particolare del piccolo Youssef, ritrovato nel suo lettino: in realtà fu trovato sul divano del soggiorno.
NEL MIRINO DELLE IENE ANCHE MORETTI E GAROFANO
Antonino Monteleone ne ha anche per Paolo Moretti, secondo cui nel processo è stato spiegato “che la macchia non è stata portata successivamente”. Falso, spiega l’inviato delle Iene, perché la sera della strage di Erba l’auto venne perquisita da quattro carabinieri della stazione di Erba, che prima erano stati sulla scena del crimine, “dove si erano sicuramente sporcati con il sangue delle vittime e poi, senza indossare protezioni, erano entrati nella macchina di Olindo”. Ma a processo il maresciallo Gallorini disse che la perquisizione in realtà l’aveva fatta un quinto carabiniere, che non era mai stato sulla scena del crimine, l’appuntato Moschella, l’unico che però non compare sul verbale.
Non è mai stato spiegato, dunque, perché quella macchia non possa essere stata portata lì successivamente da qualcuno che non è Olindo Romano. Monteleone tira poi in ballo il generale Luciano Garofano, all’epoca capo del Ris. In merito al fatto che sulla scena del crimine non ci fossero tracce dei coniugi per Garofano è “compatibile con l’acqua e il fuoco”. Quindi, l’incendio divampato dopo la strage di Erba e l’acqua pompata per spegnerlo avrebbe cancellato le tracce? “Sono state cancellate selettivamente solo le loro tracce, visto che ne sono state trovate altre”, evidenzia Monteleone. Smentito da Brindani a Quarto Grado, Garofano ha ribadito che non furono trovate tracce biologiche appartenenti a persone non riconosciute, ma il Ris identificò una traccia, l’impronta di una mano che ancora non si sa a chi appartenga.
GLI ERRORI SULLE CONFESSIONI DI OLINDO ROMANO E ROSA BAZZI
Antonino Monteleone si sofferma anche su cosa hanno scritto i giornali in merito alla confessione di Olindo Romano e Rosa Bazzi sulla strage di Erba. Dal Corriere della Sera al Messaggero, passando per il Fatto Quotidiano, è stato riportato che i dettagli potevano essere conosciuti solo dagli assassini. “Quei dettagli erano noti a tutti da tempo, in gran parte erano stati già svelati da giornali e tv. Ai coniugi vennero mostrate le foto della scena del crimine”, spiega l’inviato de Le Iene. Tra i particolari citati quello della luce staccata, su cui i coniugi hanno fornito versioni contrastanti tra loro e con la ricostruzione, e della pila di libri bruciati, che compaiono in una delle foto mostrate a Rosa e Olindo. Peraltro, quest’ultimo dichiarò di aver dato fuoco alla casa con un accendino, senza usare liquido infiammabile, mentre in realtà le analisi del Ris rivelarono che il fuoco era stato appiccato con alcol etilico, eppure il Corriere il 13 gennaio scorso ha scritto che nelle confessioni i due “hanno riferito (senza sapere l’uno cosa avesse detto l’altra) particolari che coincidevano perfettamente sul dopo-strage”.
Ma nel verbale dell’interrogatorio del 2007 si legge che a Rosa Bazzi venne data lettura delle dichiarazioni del marito in merito ai fatti. “Questi sono solo alcuni tra i tantissimi errori che abbiamo scovato e che smentiremo uno ad uno sui nostri canali social, perché pensiamo che sia inaccettabile che dopo 17 anni dalla strage si continuino a riportare cose non vere e che potrebbero portare le persone a pensare che devono essere per forza colpevoli, proprio oggi che per la prima volta potranno essere vicini ad un’altra verità. E alla verità si arriva solo dicendo la verità”, conclude Monteleone.