Solo pochi giorni fa vi avevamo dato notizia della richiesta di archiviazione per i due ex pm Anna Palma e Carmelo Petralia, accusati di depistaggio nelle indagini sulla strage di via d’Amelio che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e agli uomini della sua scorta: ora dalle motivazioni della richiesta emergono nuovi elementi circa il presunto pentito Vincenzo Scarantino, che ha ritrattato ancora.
Nell’operato di Palma e Petralia si registrano “anomalie” che tuttavia non costituiscono “ipotesi di reato”, secondo gli atti trasmessi alla procura generale della Cassazione e all’Ispettorato del ministero della Giustizia. Dunque anche la procura di Messina sembra alzare bandiera bianca in quella “montagna di misteri” (come la definisce Repubblica) che circonda la strage di via d’Amelio, con cui il 19 luglio 1992 la mafia pose fine alla vita di Paolo Borsellino, nemmeno due mesi dopo l’attentato di Capaci che era costato la vita al collega Giovanni Falcone, alla moglie e agli uomini della scorta.
I misteri sono dovuti certamente anche al depistaggio legato al presunto pentito Vincenzo Scarantino, per cui sono indagati per calunnia aggravata gli ex pubblici ministeri di Caltanissetta Anna Maria Palma (oggi avvocato generale di Palermo) e Carmelo Petralia (attuale procuratore aggiunto di Catania), per i quali tuttavia è stata richiesta l’archiviazione.
STRAGE VIA D’AMELIO: LE MOTIVAZIONI DELLA RICHIESTA D’ARCHIVIAZIONE
Il procuratore Maurizio de Lucia scrive nella richiesta di archiviazione per i due magistrati: “Le indagini non hanno consentito di individuare alcuna condotta posta in essere né dai magistrati indagati, né da altre figure appartenenti alla magistratura che abbiano posto in essere reali e consapevoli condotte volte ad inquinare le dichiarazioni, certamente false, rese da Vincenzo Scarantino“.
Lo pseudo pentito si è rimangiato quello che aveva detto al processo Borsellino quater a proposito della dottoressa Palma, confermando che i verbali con gli appunti gli erano stati consegnati dall’ispettore Mattei, ma “diversamente da quanto dichiarato nel corso del processo” mostrava incertezza sul fatto che Mattei li avesse ricevuti dalla dottoressa Palma. Scarantino, riascoltato dai magistrati di Messina, è apparso “ondivago e contraddittorio” ed è caduto un pezzo importante dell’accusa su questa parte del mistero sulla strage di via d’Amelio.
Il silenzio dei tre poliziotti sotto processo a Caltanissetta per la stessa vicenda “non ha consentito di comprendere quale effettivo ruolo hanno svolto il dottor Giovanni Tinebra, all’epoca procuratore capo, ed i suoi sostituti nella gestione di Scarantino”. Anomalie tecnico giuridiche e valutative “hanno caratterizzato quella gestione”, ma non sono stati verificati “profili di rilevanza penale”. Sulla strage di via d’Amelio continua dunque ad essere difficilissimo fare luce.