Stragi di Falcone e Borsellino, il procuratore De Luca smonta la pista nera: mafia-appalti è l'ipotesi più solida. L'intervento in Commissione Antimafia
L’AUDIZIONE DI DE LUCA SULLE STRAGI DEL ’92
Si è rivelata ricca di spunti, soprattutto di riflessione, l’audizione del procuratore Salvatore De Luca davanti alla Commissione parlamentare Antimafia sulle stragi del 1992 in Italia, in particolare quella di via D’Amelio, in cui fu ucciso Paolo Borsellino, oltre a quella di Capaci, in cui morì Giovanni Falcone.
Soffermandosi su cause e responsabilità, dirette e indirette, è emerso che la pista più solida è quella legata alla mafia e agli appalti pubblici. La cosiddetta “pista nera” è ritenuta «una perdita di tempo», perché non ci sono elementi concreti che la colleghino alle stragi del ’92.
De Luca, come riportato da Il Dubbio, critica la gestione della Procura di Palermo sotto Pietro Giammanco, perché non è stato seguito il filone mafia-appalti in maniera adeguata, nonostante nel ’91 il ROS avesse depositato un dossier chiave sui legami mafia-imprenditoria-politica.

C’è anche la bocciatura della relazione del ’99 della Procura palermitana, definita «profondamente lacunosa»; inoltre, De Luca indica una gestione debole e inopportuna. Ma ci sono state anche precondizioni, come l’isolamento di Falcone e Borsellino all’interno della Procura di Palermo e la loro sovraesposizione.
DA PIGNATONE A SCARPINATO: COSA HA DETTO DE LUCA
Altrettanto interessante è il passaggio in cui De Luca osserva che la vicinanza personale o di familiari di alcuni magistrati ad ambienti legati alla mafia o alla politica locale avrebbe creato l’impressione di una dirigenza debole, aumentando il rischio per i magistrati “incorruttibili” come Borsellino. Non si parla di corruzione – De Luca lo ha ribadito ripetutamente – ma di comportamenti inopportuni.
Per quanto riguarda Giuseppe Pignatone, allora sostituto, il magistrato era cresciuto in un palazzo costruito dalla famiglia di un costruttore condannato per mafia e aveva acquistato immobili da una società con intrecci con Cosa Nostra. «Non stiamo parlando di responsabilità penale, stiamo parlando di situazione di inopportunità», ha precisato nuovamente De Luca.
C’è anche la segnalazione di una violazione del segreto istruttorio, un episodio «gravissimo» per De Luca. Giammanco avrebbe inviato al Ministero della Giustizia un rapporto dettagliato sul filone mafia-appalti nel ’91, violando appunto il segreto istruttorio. Una violazione di cui sarebbero stati a conoscenza Pignatone, Natoli e Loforte, ma nessuno ne parlò al CSM nel ’92.
Ma c’è anche una critica a Scarpinato, accusato dal procuratore di aver condotto, da procuratore generale di Palermo, un’indagine parallela sulla pista nera senza coordinamento con la Procura di Caltanissetta, ritenendo quindi che per questo abbia violato il codice di procedura penale. «Giudiziariamente vale zero tagliato». Se non ci sono dubbi sull’esistenza dello stragismo di destra, non vi sono prove, invece, di collegamenti con le stragi del ’92. «Nessun concreto elemento», ha tagliato corto.
