I giudici danno nuovamente ragione a Libera: per accedere al suicidio assistito, il Cnr deve costruirle un macchinario per aiutarla a morire

Prosegue – e continuerà a farlo – la complessa e lunghissima battaglia della cittadina toscana soprannominata Libera (della quale sappiamo solo l’età, ovvero 55 anni) per accedere al suicidio assistito, passata più volte per i tribunali toscani senza che la sua pratica sia stata veramente sbloccata ponendo fine a delle sofferenze che lei ritiene essere del tutto insopportabili: una battaglia per il suicidio assistito che dura ormai dal marzo del 2024, legata alla sclerosi multipla di cui soffre dal 2007.



Le prime due richieste di suicidio assistito presentate da Libera – tramite i suoi legali, seguiti anche dall’associazione Luca Coscioni – ottenere il diniego dell’ASL per via dell’assenza di un collegamento a macchinari salvavita, ma poi grazie alla sentenza 135 del 2024 della Consulta (la famosa “sentenza Cappato“) la donna ottenne il primo parere positivo; dopo un’ulteriore battaglia, poi, Libera è riuscita a ottenere anche le indicazioni sulla somministrazione del farmaco, con il giudice che, però, disse che la procedura doveva essere eseguita completamente a carico della stessa donna.



L’ultimo capitolo della battaglia di Libera per il suicidio assistito: “Non posso aspettare ancora, pronta ad andare in Svizzera”

Un lungo rimpallo di competenze che, alla fine, ha causato il peggioramento della condizione di Libera, tanto da diventare completamente paralizzata e impossibilitata a premere personalmente il pulsante per la somministrazione del farmaco per il suicidio assistito: si è aperta così l’ennesima battaglia per chiedere che le fosse fornita un’equipe medica, o quanto meno un macchinario azionabile con la vista o con la voce; richieste che a marzo di quest’anno sono state negate dall’ASL che non intende fornire un medico e sostiene l’inesistenza di un simile macchinario.



Fine vita, sit-in del Popolo della Famiglia (ANSA 2024)

Il caso di Libera, insomma, è tornato nuovamente nelle aule del tribunale fino alla recentissima sentenza con la quale il tribunale ha dato ordine al Centro nazionale di ricerca di creare il macchinario ad attivazione vocale o visiva per il suicidio assistito: la richiesta è stata accolta dal Cnr che, tuttavia, ha detto di avere bisogno di tutti e 90 i giorni concessi dal tribunale per realizzare il macchinario e renderlo operativo.

Un tempo, purtroppo, incompatibile con la situazione di Libera che ha ratto recentemente sapere che se non otterrà nel più breve tempo possibile il macchinario per il suicidio assistito è pronta a morire come atto di “disobbedienza civile”, recandosi in Svizzera assieme all’associazione Coscioni (che si è già detta disponibile ad accompagnarla): un atto che Libera ritiene il semplice espletamento del “mio diritto a una scelta libera e umana”, senza dover subire nuovamente lunghissime procedure burocratiche nella “sofferenza” e nell’attesa di “una fine dolorosa che non ho scelto“.