Da Schuman a Carlo Casini: la radici di un'Europa fondata su una pace vera ora dimenticata dalla UE. Che pensa solo a riarmarsi
Il prossimo 8 maggio saranno trascorsi 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale. In Europa il continente era devastato; milioni di persone morte, ferite o sfollate; milioni di ebrei assassinati nell’Olocausto. Ed è proprio a quella data che si fa riferimento per avviare, con i processi di pace, anche il processo di costruzione di quella che oggi conosciamo come Unione Europea.
Cinque anni dopo, il 9 maggio 1950, Robert Schuman, ministro degli Esteri francese, in un suo memorabile discorso, presenta un piano in cui propone una più stretta collaborazione tra i Paesi dell’Europa occidentale, integrando le industrie del carbone e dell’acciaio.
L’utopia di Schuman fu quella di immaginare che l’unione delle nazioni dovesse iniziare con l’eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania. In prima linea, per creare quella che sarebbe diventata l’Unione Europea, avrebbero dovuto esserci i nemici di sempre: la Francia e la Germania. Oggi sembra del tutto assente questa audacia nella proposta politica che riguarda la guerra tra Russia-Ucraina. Tre i passaggi chiave della Dichiarazione di Schuman che varrebbe la pena ripensare.
– “La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”.
– “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.
– “La fusione delle produzioni di carbone e di acciaio… cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime”.
Il 9 maggio diventa da allora la Giornata dell’Europa e forse varrebbe la pena riprendere anche oggi quella Dichiarazione per ripensare il nostro presente e valutare quanti passi avanti sono stati fatti per giungere ad avere una Europa unita e solidale, che oggi però sembra mostrare segni gravi di crisi.
Un anno prima, il 5 maggio 1949, era stato istituito il Consiglio d’Europa per promuovere la democrazia e proteggere i diritti umani, ma è sulla base del Piano Schuman che sei Paesi, tra cui l’Italia, firmano un trattato per riunire le rispettive industrie del carbone e dell’acciaio, in modo che nessun Paese da solo possa fabbricare armi da guerra da utilizzare contro gli altri, come era accaduto in passato.
Una sintesi forte e concreta di principi di pace e di democrazia integrati in un contesto industriale che vincola gli uni e gli altri a mantenere gli impegni presi.
La Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), fondata nel 1951, è quindi il primo passo verso una pace duratura, che trova nuova energia politica e culturale, economica ed organizzativa nel 1957 con il Trattato di Roma, che istituisce la Comunità economica europea (CEE) e dà inizio a una nuova era di cooperazione sempre più stretta in Europa.
Trentacinque anni dopo la Dichiarazione di Schuman, il 17 maggio 1986, a Firenze, un altro uomo politico italiano, Carlo Casini, in occasione di un convegno sull’Europa, pronuncia un famoso discorso in cui afferma: “Non è possibile parlare di cultura europea, di unità dei popoli e di pace, senza parlare della dignità dell’uomo e dei valori della sua vita”.
E aggiunge: “L’idea centrale per cui siamo qui è che non è possibile parlare di Europa, di unità dei popoli e delle nazioni, di pace, senza parlare della dignità dell’uomo. Non è possibile scoprire nel travaglio della storia il filo della speranza, senza individuarne la forza propulsiva liberatrice nella dignità dell’uomo”.
Il suo discorso si ricollega alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, del 1948, quando la catastrofe mondiale è finita da poco e la memoria ne conserva ancora vivo il dolore. “Il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”.
Per Carlo Casini però le parole che indicano la “dignità dell’uomo” sono divenute equivoche. Per restituire alla “dignità dell’uomo” verità e concretezza, bisogna sottoporla a prova nel crogiolo dove ci si interroga sul senso della vita umana in sé. Per questo occorre dire “Prima di tutto la vita”.
Davanti allo scempio che ogni sera ci rimandano le tante immagini Tv sulla vera e propria distruzione sistematica che sta subendo l’Ucraina, che ne è della pace, della dignità, della vita umana? Davanti alle ambiguità delle trattative fra Trump, Putin, Zelensky, ci chiediamo dov’è l’utopia santa di chi ha messo la vita e la dignità dell’uomo al primo posto?
C’è una radicalità cristiana nel perseguire la pace come un valore essenziale per lo sviluppo umano, che era al centro della visione politica dei padri dell’Europa, per ognuno dei quali è aperto il processo di canonizzazione.
E a Firenze con Carlo Casini, di cui pure sta per aprirsi il processo di canonizzazione, in occasione del suo discorso sull’Europa e sulla dignità della vita umana, c’erano due donne sante come Madre Teresa di Calcutta e Chiara Lubich. Sono le radici cristiane dell’Europa, che invano qualcuno vorrebbe mettere in discussione.
Oggi la situazione in Europa è cambiata e il Parlamento europeo ha accolto con favore il piano Rearm Europe; sostiene il Libro bianco sulla Difesa, che invita i 27 Stati membri ad agire con urgenza per garantire la sicurezza europea, rafforzando le collaborazioni con partner affini e diminuendo la dipendenza da Paesi terzi. Lo fa con una risoluzione che chiede “risposte ai rischi esterni simili a quelle in tempo di guerra”, approvata con 419 voti a favore, 204 contrari e 46 gli astenuti.
Dà il via libera con 442 sì, 98 no e 125 astensioni anche al testo di una risoluzione sulla “incrollabile sostegno dell’Ue all’Ucraina, dopo tre anni di guerra di aggressione della Russia”. C’è una concreta solidarietà, ma nella prospettiva della guerra, più che nella tutela della pace.
Un cambio di paradigma non indifferente, che ci porta a chiederci una volta di più: “Europa dove stai andando, qual è la tua vera identità, dove sono le tue radici”. E su questo snodo cruciale vale la pena interpellare gli attuali “grandi” della terra, a cominciare da chi ha in mano le sorti dell’Europa.
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