Il tema del suicidio assistito torna alla Consulta: secondo il GIP di Bologna il limite dei trattamenti di sostegno vitale sarebbe discriminatorio

Nel sempre acceso dibattito sul suicidio assistito in queste ore è arrivata un’importante novità che potrebbe ulteriormente riscrivere quella storica pronuncia della Corte costituzionale che nel 2019 ha – di fatto – legalizzato la pratica definendo costituzionalmente illecite le punizioni e chiedendo ai decisori politici che legiferassero sul tema: una richiesta – come spesso accade – rimasta quasi completamente inascoltata e che ha generato un vero e proprio dibattito politico e sociale sul suicidio assistito.



La ragione per cui si torna a parlare del suicidio assistito è legata al caso dell’89enne di Bologna Paola che – affetta da Parkinson – aveva chiesto all’associazione Luca Coscioni di cui Marco Cappato è il principale volto pubblico di essere accompagnata in Svizzera a morire; ma prima di arrivare alle novità è importante ricordare che tra i paletti fissati nel 2019 dalla Consulta per la morte medicalmente assistita – oltre alla piena coscienza del soggetto e alla sussistenza di una patologia incurabile, debilitante e dolorosa -, c’è anche l’obbligo di dipendere dai cosiddetti “trattamenti di sostegno vitale”.



Il suicidio assistito torna alla Consulta: per il GIP di Bologna il tema dei “trattamenti di sostegno vitale” è discriminatorio

Proprio attorno ai “trattamenti di sostegno vitale” – che vanno intesi come macchinari senza i quali il paziente non potrebbe sopravvivere, come i respiratori esterni – si gioca la nuova partita del suicidio assistito perché trovandosi a decidere se chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione per Cappato, Felicetta Maltese e Virginia Fiume sul caso dell’89enne il GIP di Bologna ha deciso di sollevare una nuova questione di costituzionalità riportando il tema sui banchi della Consulta.



Il presidente della Corte Costituzionale, Giovanni Amoroso (Ansa)

La signora Paola – morta nel 2023 -, infatti, soddisfaceva tutti i requisiti fissati dalla Consulta, tranne quello relativo ai trattamenti di sostegno vitale: per il GIP, però, sarebbe troppo limitante e discriminatorio verso la sofferenza di determinati pazienti terminali autosufficienti ridurre tutto alla dipendenza da un macchinario; con un limite che finisce per imporre loro una – potenzialmente lunga – attesa affinché il quadro clinico peggiori ulteriormente.