0,007. Questo numero non è l’inizio dell’ennesimo film della saga di James Bond, anche se un po’ l’agente segreto di Sua Maestà con questa storia c’entra (e lo vedremo). Lo 0,007 di cui stiamo parlando è una percentuale. Indica, in una proporzione che risulta ancora più infinitesimale di un prefisso telefonico, la percentuale di risparmio che deriverà alle casse dello Stato qualora il 20 settembre vinceranno i Sì al referendum sul taglio dei parlamentari, la mini-riforma – grande quanto una scatoletta di tonno – fortemente voluta dal comico dei Vaffa, Beppe Grillo, e dall’attuale ministro degli Esteri venuto dal pianeta Rousseau, Luigi Di Maio.
Che i costi della politica siano da razionalizzare, è fuori di dubbio. “Secondo un’analisi della Uil – si legge sul sito del Sole 24 Ore alla voce “Costi della politica” (dati aggiornati al 2016, ma in questi quattro anni il trend è stato sicuramente in crescita, ndr) sono oltre 1,3 milioni le persone che vivono direttamente, o indirettamente, di politica. Ogni anno i costi della politica, diretti e indiretti, ammontano a circa 18,3 miliardi di euro, a cui occorre aggiungere i costi derivanti da un ‘sovrabbondante’ sistema istituzionale quantificabili in circa 6,4 miliardi. Totale 24,7 miliardi”. Ma limitarsi al taglio dei parlamentari senza altri correttivi inseriti in una riforma organica dell’assetto istituzionale è partire con il piede sbagliato, con rischio di rendere zoppicante la democrazia italiana, indebolendo e anestetizzando il Parlamento.
Dunque, tagliare 345 tra deputati e senatori, portando il numero dei parlamentari dagli attuali 945 a 600, produce un risparmio pari allo 0,007% di tutta la spesa pubblica italiana. La fonte è autorevole e imparziale: arriva dall’Osservatorio sui conti pubblici guidato da Carlo Cottarelli, che appunto ha calcolato un minore esborso per le tasche dei cittadini di 57 milioni, cioè lo 0,007% rispetto ai 662 miliardi di spesa pubblica italiana. Non è una cifra a caso, questa, bensì è l’ammontare che emerge dalle tabelle della Legge di bilancio 2020. Ecco 57 milioni che pesano meno nelle tasche di 60 milioni di italiani. In pratica, meno di un euro per ogni italiano, bebè compresi, neanche il costo di un caffé. Un “risparmio decisivo per le casse del paese”? Un taglio dei costi che potrebbe convincere il falco Dombrovskis a essere meno arcigno sui conti pubblici italiani? Un gioco che vale la candela di indebolire la democrazia rappresentativa?
Ancora venerdì sera, davanti alle telecamere di Post, programma di approfondimento del Tg2, il grillino Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari costituzionali, ribadiva che con la riforma voluta dal M5s, e attesa dagli italiani “da ben 37 anni”, in una legislatura si sarebbe risparmiato un miliardo di euro.
Una curiosità: in un anno il beneficio economico è come magicamente raddoppiato. Infatti, a settembre 2019, Di Maio, in un post su Facebook, esultava perché la misura che toglie di mezzo (ecco il primo effetto alla Bond…) 345 tra deputati e senatori “porterebbe a un risparmio in 10 anni di un miliardo di euro”. Dieci anni ieri, una sola legislatura oggi: questo forse spiega la fretta dei grillini di portare a casa la legge, altrimenti nel 2021 per convincere gli italiani dovrebbero millantare che quel miliardo in meno lo risparmieremmo in un solo anno e nel 2022 in una sola riunione del Consiglio dei ministri (ovviamente “salvo intese”).
Basta questo per capire che sui numeri e sugli effettivi risparmi il partito di Grillo e Casaleggio un po’ ci marcia, diretto com’è sulla direttissima che porta alla fantomatica democrazia diretta, quella in cui “uno-vale-uno” e in cui può fare il ministro dei Trasporti uno che crede che si possa andare in Austria passando per il tunnel del Brennero.
E’ spulciando proprio tra i numeri “ufficiali” che si arriva ai 57 milioni di minori spese. I dati 2018 della Camera mostrano che tra indennità e rimborsi spese ogni anno un deputato costa 230mila euro, per un totale di quasi 145 milioni. Tagliando 230 deputati, la spesa potrebbe calare di 52,9 milioni (il 5,5% delle spese totali di Montecitorio). A Palazzo Madama lo stesso calcolo dice: un senatore costa poco meno di 250mila e ritrovarsi con 115 senatori in meno farebbe risparmiare 28,7 milioni (il 5,4% delle spese di Palazzo Madama). In tutto, farebbero 81 milioni di euro in meno, ma al netto delle imposte pagate allo Stato da ciascun deputato e da ciascun senatore il risparmio si limiterebbe a 37 milioni per la Camera e a 20 per il Senato. Totale: 57 milioni, che moltiplicati per gli anni di un’intera legislatura, diventano 285 milioni. Ben lontani, come si vede, dal miliardo sbandierato di Di Maio, Brescia e soci.
E allora, tornando a James Bond, il 20 settembre non sarebbe il caso di mettere in onda un altro film, dal titolo “0,007 La democrazia diretta può attendere”?