Le regioni dell'ARA (40% del Pil europeo) escluse dal tavolo sull'automotive. Alla UE chiedono la revoca del bando ai motori endotermici o il settore chiude

La Commissione UE le ha escluse dal Tavolo strategico sul futuro dell’auto che si terrà venerdì 12 settembre, ma le 39 regioni che fanno capo all’ARA (Automotive Regions Alliance) alla cui presidenza c’è Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo economico della Lombardia, non si danno per vinte.

Anzi, nell’assemblea di Monaco, dove in questi giorni si tiene il Salone dell’auto, hanno stilato un loro manifesto che vede come richiesta principale l’applicazione della neutralità tecnologica per permettere al settore di sperimentare diverse modalità di innovazione, finalizzate all’abbattimento delle emissioni inquinanti.



La decisione della UE di vietare dal 2035 la produzione di auto che non siano elettriche sta contribuendo pesantemente ad affossare il mercato e le aziende europee, favorendo i cinesi. Ma i territori chiedono che si cambi subito rotta: ne va di 13 milioni di posti di lavoro, quelli che al momento offre il comparto a livello europeo.



Le regioni che fanno capo all’ARA, escluse dal tavolo sull’automotive indetto dalla Commissione Ue, si sono riunite in assemblea a Monaco. Che messaggio mandano alla von der Leyen in vista dell’incontro di domani 12 settembre?

Il clima nell’ARA è quello di un grande lavoro di squadra. Nell’assemblea abbiamo sottolineato tre aspetti. Il primo è l’urgenza dei tempi: alla Commissione si chiede di decidere, di fare chiarezza rimodulando sulla base delle richieste dei nostri ecosistemi le soluzioni individuate per l’automotive. Il secondo elemento riguarda la grande preoccupazione per il futuro del settore nel caso in cui l’auspicato cambio di orientamento sul futuro del comparto non avvenisse: in questo caso dovremo far fronte a situazioni di crisi aziendale, ma anche all’aggressività commerciale dei cinesi. I



l terzo elemento induce all’ottimismo, perché pensiamo che i nostri propositi siano razionali e talmente condivisi con aziende e stakeholders dei territori, che le cose devono per forza cambiare. A meno che si decida di distruggere la più grande industria del mondo.

L’assemblea ha prodotto anche un manifesto: quali sono i contenuti?

Vengono chieste modifiche sul calcolo delle emissioni, che non deve essere limitato all’utilizzo finale dell’auto, ma deve riguardare anche la fase della produzione. Il tema non è l’elettrico, ma come viene realizzata l’auto, usando quale energia e come si procede allo smaltimento quando non viene più usata. Sappiamo che i processi produttivi cinesi da questo punto di vista non rispondono a criteri di sostenibilità.

Quali sono le altre richieste?

Porsche, la produzione di un’autovettura in uno stabilimento (YouTube, 2025)

Chiediamo libertà di azione. Siamo stati al Salone di Monaco e c’è grande innovazione, non solo sull’elettrico, ma su tutti i tipi di trazione. La Commissione deve dare modo di perseguire gli obiettivi ambientali attraverso tutte le possibilità di cui disponiamo: i biocarburanti, i carburanti sintetici. I motori ibridi sono in un momento di grande evoluzione e credo che venerdì anche i costruttori chiederanno alla UE di sostenere questa soluzione.

Ma c’è la possibilità che queste istanze vengano prese in considerazione?

La fermezza di von der Leyen nel “discorso sullo stato dell’Unione” nel ribadire la scelta del solo elettrico ci ha un po’ sorpreso, anche perché in questi giorni le dichiarazioni del capogruppo del Ppe Manfred Weber, che fanno seguito a un documento del partito dei mesi scorsi, hanno ribadito la necessità di rivedere il divieto sui motori a combustione interna, di garantire la neutralità ecologica.

È una fermezza che mette a rischio 13 milioni di posti di lavoro dell’automotive europeo. Vediamo come andrà nei prossimi giorni, anche se non c’è più tempo da perdere. Noi, comunque, ci siamo appellati al Ppe perché rimanga coerente con le sue ultime posizioni. Restiamo ottimisti: la nostra proposta è talmente razionale che ci aspettiamo risposte positive, non dico al 100%, ma almeno in gran parte.

E se invece la risposta della Commissione fosse negativa e rimanesse il bando per i motori endotermici dal 2035 con l’elettrico unica opzione?

Abbiamo pochissimi mesi a disposizione, ci sono già avvisaglie di crisi aziendali: in tutta Europa il settore viaggia a un quarto della sua produttività, con una capacità interna molto limitata sul mercato rispetto a qualche anno fa, anche perché le auto costano e non sempre i consumatori se le possono permettere. Così non raggiungiamo nemmeno gli obiettivi ambientali, che si perseguono se si lasciano libere le aziende e la ricerca di lavorare. Se invece c’è un’unica strada per fare tutto questo, allora vinceranno i cinesi.

A livello procedurale quali sono i tempi per una decisione?

Il tavolo si esaurirà nella giornata di venerdì, poi dipenderà dalla Commissione: quando ha posticipato di tre anni il pagamento delle sanzioni per le cause automobilistiche che non producono abbastanza vetture elettriche ci ha messo una settimana. Credo che sulle nostre proposte ci possa essere condivisione dal punto di vista politico e industriale.

Il problema è avere la volontà di cambiare. Voglio ricordare, comunque, che le 39 regioni che fanno parte dell’ARA rappresentano l’8% del prodotto interno lordo europeo relativo all’automotive, mentre complessivamente, tenendo conto anche degli altri settori, rappresentano il 40% del Pil continentale. Forse, almeno per questo, sarebbe bene ascoltarle.

(Paolo Rossetti)

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