In Brasile, mentre il presidente Jair Bolsonaro si è deciso solo di recente dopo settimane di ironia e scetticismo, a prendere sul serio l’emergenza Coronavirus, nelle favelas di Rio de Janeiro è uno strano mix formato da gang criminali e loro affiliati a svolgere il ruolo che lo Stato dovrebbe avere coprendone le lacune: infatti nelle zone più povere e nelle baraccopoli della metropoli sudamericana è per paradosso la malavita che arriva laddove il Governo non riesce, o spesso non vuole, garantendo un minimo di assistenza sanitaria ai residenti e una razione di acqua pulita al giorno almeno per lavarsi le mani; e lo stesso accade pure in altre zone del mondo, ad esempio in Medio Oriente, come diciamo più avanti parlando di alcune organizzazioni terroristiche e paramilitari. In un contesto socio-urbano particolarmente esplosivo nel caso in cui dovessero scoppiare dei focolai di contagio, sono dunque le gang armate ad aver imposto un proprio coprifuoco, di fatto anticipando il Governo nazionale e dimostrando come in questa ma in altre periferie delle principali città brasiliane che chi comanda davvero sono loro. “Stiamo imponendo il coprifuoco perché qui nessuno ha preso sul serio l’emergenza” hanno spiegato alla stampa alcuni membri di quelli che in alcune occasioni diventano dei veri e propri commando della morte, aggiungendo che coloro che vengono pizzicati in giro senza permesso subiscono una punizione affinché sia d’esempio per tutti.
TERRORISTI, GANG E PARAMILITARI SI ATTIVANO CONTRO IL COVID-19: ECCO PERCHE’
Insomma le favelas non aspettano Bolsonaro e a fronte del fatto che queste ospitano circa 13 milioni di persone, ovvero circa il 6% della popolazione nazionale, si sono messe da sole a cercare di fabbricare mascherine e garantire un minimo di assistenza dal punto di vista igienico. Tuttavia è difficilissimo in quelle condizioni rispettare un minimo di distanziamento sociale ma le gang del territorio ci proviamo con un modello di autogestione. Ma quello delle favelas non è il solo caso: un veloce giro del mondo ed eccoci in Libano dove i militanti di Hezbollah, l’organizzazione paramilitare sciita, ha mobilitato per conto suo circa 1500 dottori e 3000 tra infermiere e personale paramedico (oltre a un piccolo “esercito” di oltre 20mila attivisti volontari) per fronteggiare l’emergenza: “Si tratta di una vera guerra e dobbiamo affrontarla con la mentalità dei combattenti” ha spiegato uno dei portavoce di Hezbollah alla Reuters aggiungendo che vengono garantiti tamponi gratis per verificare la positività al Covid-19 e affittati interi hotel per favorire la quarantena. Stesso discorso per i Talebani in Afghanistan e le forze libiche ribelli che hanno diffuso video su come mantenere l’igiene, per non dire di Hamas che lungo la Striscia di Gaza sta costruendo due grandi edifici per ospitare le persone che andranno in isolamento. Ma perché lo fanno? Nessuna sorpresa nonostante l’incredulità di molti: come detto in molte zone del mondo questi gruppi svolgono una funzione suppletiva rispetto ai governi locali (laddove esistano…), fornendo una sorta di stato sociale e anche di giustizia seppur rudimentale. Inoltre in questo modo ottengono una importante legittimazione dai civili e dall’opinione pubblica (inoltre in molte situazioni collaborano da anni con Croce Rossa e Medici Senza Frontiere, senza dimenticare comunque il fatto che spesso tendono anche a proteggere quelle aree dove i loro amici, famiglie e affiliati vivono.