Fed e Bce si troveranno nei prossimi mesi ad affrontare le medesime sfide con una pressione maggiore sulla Banca centrale Usa dettata da Trump

Si è svolto la scorsa settimana il consueto forum annuale organizzato dalla Bce a Sintra in Portogallo dal titolo “Adapting to change: macroeconomic shifts and policy responses”, cui hanno partecipato banchieri centrali da tutto il mondo ed economisti accademici.

Il forum è stato animato da diversi incontri, tra i quali un panel cui hanno partecipato la presidente della Bce Christine Lagarde, il presidente della Fed Jerome Powell, oltre ai governatori delle banche di Inghilterra, Giappone e Corea del Sud che hanno prevalentemente discusso in materia di tassi di interesse, inflazione e scenari futuri in un contesto caratterizzato da elevate incertezze macroeconomiche e geopolitiche.



Nonostante gli scenari mutevoli e gli shock che sono intervenuti nel corso degli ultimi anni, il costo del carovita nell’Eurozona ha attualmente raggiunto il livello target del 2%, come ha voluto ricordare la Lagarde nel corso del dibattito, e anche il recente apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro riflette la forza dell’economia dell’area euro.



Rispondendo a una domanda in merito a potenziali ulteriori tagli sui tassi di interesse nel corso dei prossimi mesi, la Lagarde non ha voluto sbilanciarsi precisando piuttosto che le decisioni verranno prese in base ai dati e saranno definite riunione dopo riunione senza vincolarsi su un percorso predefinito.

Sullo stato della propria economia è intervenuto anche il presidente della Fed Jerome Powell specificando che l’economia statunitense è in una buona posizione con l’inflazione che è intorno al livello atteso del 2%. Powell ha anche precisato che la capacità della Fed di tagliare i tassi è inficiata dalle politiche commerciali del Presidente Trump e che l’azione è stata sospesa di fronte all’entità dei dazi che ha modificato tutte le previsioni di inflazione per gli Stati Uniti. La Fed intende quindi aspettare per capirne l’impatto accantonando così ancora una volta le richieste di Trump di ridurre i tassi.



Oltre ad affermare che il percorso del debito pubblico statunitense non è sostenibile e che prima o poi la questione dovrà essere affrontata, Powell non ha voluto rilasciare dichiarazioni sul proprio futuro (il mandato come presidente della Fed scadrà nel 2026, mentre quello da membro del Consiglio dei Governatori terminerà nel 2028), ma ha piuttosto voluto ribadire l’importanza dell’indipendenza della Fed e che per riuscire nell’obiettivo di garantire stabilità macroeconomica e finanziaria a beneficio di tutti è necessario operare in modo completamente apolitico restando fuori da questioni che non sono di competenza, senza prendere posizione o contrapporre una parte contro l’altra.

In una situazione di elevata incertezza a livello geopolitico e commerciale e nel tentativo di contenere l’inflazione al livello atteso, le due banche centrali si troveranno nei prossimi mesi ad affrontare le medesime sfide con una pressione maggiore su quella statunitense dettata dalle richieste di Trump la cui imprevedibilità avrà però certamente effetti a livello globale.

I prossimi appuntamenti in agenda sono previsti per il 24 luglio, quando si riunirà il Consiglio direttivo della Bce, e per il 29 e 30 luglio, quando si riunirà il Federal Open Market Committee (Fomc) della Fed.

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