La Cina dietro la de-escalation dell’Iran: da Hormuz passa il “suo” petrolio. E grazie alle terre rare se vede armi in azione sa che i suoi affari crescono

La tregua fra Israele e Iran traballa, ma certo il fatto che sia stata almeno proposta (oltre che subito disattesa) ed entrata in vigore significa allontanare un’escalation in Medio Oriente, da molti analisti data per possibile dopo l’attacco degli USA ai siti nucleari iraniani. Cruciale in questo senso è stata la risposta low profile di Teheran, una decisione che, spiega Giuliano Noci, prorettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, molto probabilmente è stata suggerita agli ayatollah dalla Cina.



Pechino, infatti, fa arrivare gran parte del petrolio di cui ha bisogno da entrambe le sponde del Golfo Persico e non ha nessun interesse a una guerra nella regione, che magari renda difficile la navigazione dello stretto di Hormuz. Anche se da un altro punto di vista non le dispiace constatare un aumento delle operazioni militari. Vuol dire che c’è sempre più bisogno di armi: per realizzarle occorrono le terre rare, di cui i cinesi sono notoriamente quasi monopolisti a livello mondiale.



L’iniziativa degli USA in Medio Oriente ha ridimensionato il ruolo che la Cina stava cercando di avere nell’area?

Il primo Paese a essere contento che non ci sia un’escalation è proprio la Cina. Anzi, credo che sostanzialmente abbia agito perché la risposta degli iraniani all’attacco USA fosse ancora meno che simbolica. Pechino ha bisogno di stabilità dei prezzi dell’energia, che importa dall’Iran e dai Paesi del Golfo Persico: dallo stretto di Hormuz escono cinque milioni e mezzo di barili di petrolio dei dieci che la Cina importa ogni giorno. Da un lato vuole che non ci sia confusione nell’area, dall’altro che i prezzi non aumentino. Inoltre, la Cina deve collocare il proprio eccesso di capacità produttiva in Occidente: non ha bisogno che si complichi la situazione con Trump e con l’Europa.



Donald Trump, presidente USA (Foto: ANSA)

Quindi sono stati i cinesi, materialmente, a consigliare agli iraniani di evitare qualsiasi escalation nella regione e a prevedere una risposta solo simbolica alle distruzioni provocate dai bombardieri USA?

Credo che abbiano avuto un ruolo non secondario, che abbiano consigliato all’Iran di andarci piano.

La Cina ha contribuito a riaprire i rapporti diplomatici fra Arabia Saudita e Iran. Non ha curato, insomma, solo i suoi interessi economici. Come riproporrà la sua presenza nell’area?

L’Iran è evidentemente un importante alleato di Cina e Russia e continuerà a esserlo: c’è l’amicizia e la convenienza reciproca che tutto rimanga così com’è.

Visto quello che è successo, l’alleanza tra Iran, Russia e Cina sarà sempre più stretta anche dal punto di vista militare?

L’alleanza è già militare, nel senso che l’Iran fornisce alla Russia droni e altro materiale bellico, così come Mosca fornisce componenti d’arma a Teheran. Credo che l’alleanza militare continuerà e per certi versi si rafforzerà. Il mondo è ormai in una multipolarità netta e conclamata. È finito il periodo in cui c’era un unico faro che si chiamava Stati Uniti, e ormai abbiamo molteplici polarità, ciascuna delle quali vorrà far sentire la propria voce. Cinesi e russi sono una di queste polarità. Non escludo che pure l’Arabia Saudita di Mohammed Bin Salman voglia giocare un ruolo da protagonista. Lo stesso potrebbe fare l’India.

La Cina potrebbe allearsi militarmente con l’Iran al punto tale da garantire sostegno in caso di guerra, da farsi garante, quindi, della sua sicurezza?

Non è nella tradizione di Pechino. I cinesi non lavorano in questo modo, cercano di usare armi diverse, quelle di un soft o hard power economico: utilizzano finanziamenti. Poi ci sono le collaborazioni militari, ma non fino al punto da farsi coinvolgere nella guerra di altri.

Perché per i cinesi l’area mediorientale è così importante dal punto di vista commerciale? Come anche in altri continenti, hanno acquisito il controllo di alcuni porti: il Medio Oriente è ancora uno snodo fondamentale per gli affari del Dragone?

Siamo in un’area importante, tra lo stretto di Hormuz e il Mar Rosso, dove sono in azione gli Houthi, che hanno bloccato la navigazione delle navi occidentali. Lì solo i cinesi passano senza problemi e proseguono verso il canale di Suez. Ma siccome sono molto concreti, adesso stanno guardando con grande attenzione alle nuove rotte logistiche, in particolare a quella artica, che sarà la rotta del futuro e che farà perdere di importanza al Mediterraneo.

Il modo in cui si è sviluppata la crisi mediorientale sta influendo anche sui rapporti fra USA e Cina?

No, non cambia niente. Stati Uniti e Cina hanno la convenienza a non rompere tra loro, se lo facessero entrambi dovrebbero fare i conti con gravissimi danni economici. Quindi ci saranno intemperanze verbali e liti, ma non mi aspetto cazzotti da knock out.

I cinesi non sono insofferenti di fronte alle dimostrazioni di forza militare da parte degli Stati Uniti, tipo quella fornita in Iran?

Più si utilizzano armi e meglio è per la Cina, vuol dire che c’è bisogno di terre rare. E per i prossimi dieci anni le terre rare le hanno i cinesi. A Pechino fa comodo che vengano usate tante armi, così aumenta il suo potere relativo sulle terre rare. Sono necessarie per costruire armamenti e, naturalmente, più ne vengono usati, più c’è bisogno di costruirli. Per questo, nel breve, i cinesi sono molto contenti.

(Paolo Rossetti)

 

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI