Trump pressa Netanyahu per gestire meglio la consegna degli aiuti a Gaza: “costruiremo centri di distribuzione del cibo. Troppi bimbi affamati“
GLI USA MANDANO UN SEGNALE NETTO A ISRAELE: “SERVE FARE DI PIÙ PER GLI AIUTI A GAZA, PRONTI A CENTRI PER IL CIBO”
Prima la gestione non proprio idilliaca della guerra dei 12 giorni con l’Iran, poi il pressing per fare accettare l’accordo sulla fine della guerra (fatto però saltare da Hamas, ndr) e ora la distribuzione degli aiuti nella Striscia di Gaza: i moniti degli Stati Uniti di Donald Trump iniziano ad essere importanti nei confronti dell’alleato Israele, con le richieste al Governo Netanyahu affinché alcune storture della guerra in Medio Oriente possano terminare il prima possibile.
Dopo una forte pressione internazionale durata settimana, durante il vertice odierno a Londra con il Premier inglese Starmer, il leader americano sbotta sulla necessità di fare molto meglio per quanto riguarda la gestione degli aiuti umanitari e del cibo al popolo palestinese: chiuso nella morsa di Hamas (come scudo umano) e delle bombe di Israele, i palestinesi rischiano una fortissima crisi umanitaria per la fame e la mancanza di farmaci che attanaglia varie aree della Striscia.
La pausa tattica annunciata ieri dall’IDF arriva proprio in risposta a tali richieste, con gli USA che però chiedono ora ad Israele uno sforzo maggiore: «stiamo per organizzare i centri di distribuzione del cibo» a Gaza, ha detto Trump al termine del bilaterale con il Regno Unito.
Fino ad oggi, e pure nel prossimo futuro, ad Israele resta la responsabilità di dover gestire il flusso degli aiuti, dovendo però fare decisamente meglio di quanto fatto finora: non basta infatti gli aiuti recapitati via paracadute ieri, o i camion di aiuti entrati dall’Egitto dal valico di Rafah. «Possiamo salvare molte persone, c’e’ una fame vera, non si può fingere», ha ammesso il Presidente Trump rispondendo indirettamente a quanto sostenuto appena ieri dal Premier israeliano.
I BIMBI AFFAMATI E LA “RISPOSTA” A NETANYAHU: ECCO COSA HA DETTO TRUMP
«Non c’è alcuna carestia a Gaza, altrimenti non ci sarebbero i palestinesi nella Striscia»: Netanyahu ha risposto così alle critiche fortissime giunte dall’OMS e dall’ONU, ribadendo che non vi è una “politica della fame” imposta da Israele, accusando invece Hamas di intercettare i vari rifornimenti, accusando poi lo Stato ebraico di ogni nefandezza.
Dall’inizio della guerra nell’ottobre 2023, sono stati portati dentro Gaza quasi 2 milioni di tonnellate di aiuti umanitari e cibo, in pieno «rispetto del diritto internazionale»: al netto delle cifre che non tornano secondo altri calcoli di organizzazioni umanitarie presenti nella Striscia, resta la diffidenza mostrata oggi dallo stesso Trump in riferimento alle dichiarazioni di Netanyahu. «Non c’è fame? Ho visto bambini nelle immagini molto affamati a Gaza e non va bene. Non sono molto d’accordo con lui (il Premier di Israele, ndr»).
Da qui l’impegno americano per la creazione, senza limitazione alcuna, di nuovi centri per lo smistamento e la distribuzione del cibo all’interno della Striscia di Gaza: i fondi saranno sbloccati a breve, garantisce il Presidente USA, anche grazie ai miliardi incassati dall’accordo sui dazi con i vari partner mondiali, «spenderemo un po’ di soldi per comprare del cibo».
L’obiettivo, dopo la tregua a Gaza, è quello di aprire ogni recinzione evitando futuri ostacoli e crisi come queste: «ora però servono sicurezza e cibo», oltre alla liberazione degli ostaggi ancora in mano ad Hamas che li usa come «scudi umani per ottenere altro», conclude il tycoon repubblicano.