L'episodio dei droni russi Gerbera caduti o abbattuti in Polonia serve a Bruxelles per legittimare il riarmo. Serviva più prudenza. La stampa canta in coro
Lo sguardo dei leader europei è corrucciato, la fronte è corrugata, la voce allarmata. Dopo il Nord Stream e la bufala dell’aereo di von der Leyen che sarebbe stato colpito da un attacco cyber, si ritiene necessario tenere alta in ogni modo possibile la paura per un imminente attacco russo all’Europa, altrimenti come si possono far comprare agli Stati membri 800 miliardi di armi?
Così, come una manna dal cielo, improvvisamente giunge una notizia bomba: “Droni russi attaccano la Polonia”.
Come tanti Sturmtruppen con l’elmetto ben calato in testa, dietro la guida della scatenata von der Leyen, i leader europei danno fondo alle loro batterie verbali (per ora). “Non siamo mai stati così vicini a un conflitto dalla Seconda guerra mondiale”, ha tuonato il premier polacco Donald Tusk, annunciando di aver chiesto l’attivazione dell’art. 4 della NATO. A ruota, senza informarsi meglio, esplodono le dichiarazioni bellicose e minacciose dell’Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza (!) della UE Kaja Kallas, nota – e scelta apposta – per la sua postura aggressiva contro la Russia.
A casa nostra è tutto un gonfiare il petto. Tajani: “L’attacco di ieri al territorio polacco è un fatto gravissimo e inaccettabile, un’offesa alla sicurezza dell’intera area euro-atlantica”. Crosetto: “Stanotte in Polonia si è consumata la più grave violazione dello spazio aereo europeo dall’inizio della guerra: un attacco deliberato con oltre 20 droni russi. Un atto inaccettabile che condanno con fermezza, con un duplice scopo: provocare e testare. Mosca sta volutamente alimentando un’escalation che nessuno vuole. È evidente che non ha alcun interesse ad una tregua ed alla pace”.
Non sono da meno agenzie e media. L’Ansa: “Uno sciame di droni russi ha violato lo spazio aereo di Varsavia, in quello che molti tra i leader occidentali ritengono un attacco “deliberato” da parte della Russia – e non un errore come sporadicamente avvenuto in passato –, cominciato martedì sera e terminato all’alba del giorno dopo”. Il Corriere della Sera: “Putin sfida la Nato”. La Repubblica: “L’attacco di Putin in Polonia”. Persino il presidente Mattarella, dimentico del bombardamento del Kosovo (due mesi di bombe vere) quando era vice-presidente del Consiglio, ha parlato di “crinale verso il baratro come nel 1914”.

Ma appena si comincia ad approfondire cosa è veramente successo, si capisce che siamo di fronte ad una gigantesca e sfacciata strumentalizzazione. Perché i droni in questione sono della serie Gerbera, vere e proprie carrette dei cieli, con un motore a scoppio e una tanica di benzina supplementare al posto della testata esplosiva. Del tutto inoffensivi, si usano per disturbare i radar. E hanno una portata assai limitata, per cui non possono assolutamente raggiungere la Polonia dalla Russia. Forse dalla Bielorussia, ma risulta che sia stata proprio la Bielorussia ad avvertire la Polonia dello sciame in arrivo. Dall’Ucraina quindi? In rete fiorisce l’ipotesi di una nuova “false flag” ad opera degli ucraini, che sono soliti recuperare i Gerbera atterrati con pochi danni per poterli riutilizzare.
Ma se anche non fosse vera, come si fa a titolare “Putin attacca la Polonia” con meno di una ventina di scooter del cielo? Quando basterebbe uno solo missile ipersonico Kinzhal che vola a mach 12? Come si fa a invocare subito l’art. 4 al fine di preparare la Nato ad uno scontro diretto in difesa della Polonia attaccata con droni senza esplosivo?
Di fronte al diniego di Mosca di avere una qualsiasi responsabilità nell’accaduto e ai primi approfondimenti tecnici, persino Tusk e Rutte si sono dimostrati prudenti e hanno innestato la marcia indietro.
Troppi altri Sturmtruppen europei ed italici invece no, perché insistono nel seminare la paura di un’imminente e necessaria guerra con la Russia per rimetterla al suo posto. Innanzitutto cominciando dal progetto della von der Leyen di strangolare qualsiasi opportunità di “disinformazione”, quella in virtù della quale l’ennesimo episodio controverso chiede chiarimenti prima di sentenze definitive. I nostri governanti sono d’accordo?
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