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Home » Esteri » Ucraina » UCRAINA/ “Ecco perché la Russia dirà no all’art. 5, c’è un’altra soluzione e passa per l’Onu”

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UCRAINA/ “Ecco perché la Russia dirà no all’art. 5, c’è un’altra soluzione e passa per l’Onu”

Int. Pasquale De Sena
Pubblicato 22 Agosto 2025 - Aggiornato 23 Agosto 2025 ore 18:30
Putin e Zelensky

Guerra Russia-Ucraina, i presidenti Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky (ANSA-EPA combo 2025)

L’ipotesi italiana, garantire sicurezza all'Ucraina con un meccanismo ispirato all'art. 5 del trattato NATO, non è praticamente percorribile

Nessun vertice Putin-Zelensky in vista. Ieri Donald Trump ha dovuto frenare, dicendo che servono due settimane per capire “se avremo la pace”. Al centro della trattativa, oltre ai territori, ci sono le garanzie di sicurezza da fornire all’Ucraina e quelle richieste da Mosca.

È in questo quadro che si colloca la proposta di offrire all’Ucraina garanzie di sicurezza ispirate all’articolo 5 del Trattato NATO, ma senza far entrare Kiev nell’Alleanza Atlantica. Un’ipotesi, quest’ultima, sulla quale pende da sempre il veto russo essendo una delle cause scatenanti del conflitto.


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Per le il format articolo 5 si sta spendendo il presidente del Consiglio Meloni, che ne ha parlato anche nell’ultimo vertice di Washington. “Prevede – così il ministro della Difesa Crosetto a Repubblica – che possa essere la NATO come alleanza difensiva ad assicurare a un Paese esterno come l’Ucraina la sua protezione. In alternativa potrebbero impegnarsi a farlo singole nazioni. Si sceglierà il meccanismo migliore”.


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Secondo Pasquale De Sena, ordinario di diritto internazionale nell’Università di Palermo e già presidente della SIDI, si tratta di una proposta attuabile in linea teorica, ma che andrebbe a scontrarsi con difficoltà e interessi strategici praticamente insormontabili.

La doccia fredda è arrivata dopo alcune dichiarazioni del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.

Lavrov, durante una conferenza stampa in Giordania, ha fatto dichiarazioni importanti. La prima è che il vertice Putin-Zelensky si allontana, perché un confronto del genere va preparato. Un altro modo di dire che non lo si sta facendo.


GOVERNO E UCRAINA/ Decreto armi e invito del Papa, quel doppio "messaggio" alla Meloni


Potrebbe aver ragione. Il tema delle garanzie comporta una somma di problemi complicatissimi da sbrogliare. Non solo quelli relativi alla sicurezza: c’è per esempio il problema, gravissimo, del trattamento delle popolazioni nei territori eventualmente oggetto di scambio o comunque restanti, sia pure de facto, sotto il potere di controllo russo. Non se ne sta parlando.

Il ministro degli Esteri russo ha poi definito “una strada che non porta a nulla” i tentativi di stabilire garanzie di sicurezza ispirate all’articolo 5 del Trattato NATO, pur escludendo l’ingresso dell’Ucraina dall’Alleanza Atlantica. Cosa pensa in merito?

Tutto si può fare: anche un trattato con il quale alcuni Stati si obbligano a sostenere militarmente l’Ucraina secondo il modello dell’articolo 5; trattato che non avrebbe effetti nei confronti della Russia. Il punto è, però, che rientrando le garanzie per l’Ucraina in un accordo più ampio, vedo difficile prescindere dalla posizione russa. Al tempo stesso occorre chiedersi quale sarebbe la differenza specifica rispetto all’entrata dell’Ucraina nella NATO, dal punto di vista dei russi. È una domanda che non si può evitare.

La sua risposta?

Questa formula dovrebbe implicare l’assenza non solo di truppe, ma anche di installazioni militari NATO entro i confini dell’Ucraina. Una condizione che mi pare irrinunciabile per Mosca, altrimenti si ricade nello scenario che va escluso per mandare avanti le trattative, ossia l’appartenenza di Kiev alla NATO. Insomma: qualsiasi forma di riproduzione tel quel, in forma “velata” o surrettizia, del modello NATO è da escludere.

Però lei non esclude del tutto l’ipotesi, mi sembra.

No, infatti. In linea teorica, un trattato comprendente un meccanismo di sicurezza, basato sull’attivazione di alcuni Stati NATO, potrebbe essere accettato dai russi. Andrebbe però incontro a svariate importanti difficoltà. Ne vedo sostanzialmente tre.

La prima?

Non dovrebbe comportare – ripeto – in alcun modo la presenza stabile di truppe e strumentazioni militari, in misura comparabile a quelle dell’appartenenza alla NATO.

La seconda?

La non neutralità dei Paesi “volenterosi” dovrebbe essere compensata dalla presenza di Paesi terzi che si sono dimostrati neutrali rispetto alla guerra in Ucraina. Ad esempio Cina, India, Israele.

La terza difficoltà?

Le divisioni tra gli Stessi Stati europei. Slovacchia e Polonia – e Varsavia è sicuramente un’avanguardia antirussa dell’Unione Europea – pare non intendano farsi coinvolgere nell’invio di propri contingenti, come anche l’Italia.

Qualcuno fa osservare che mentre l’attivazione dell’ombrello NATO richiede un consenso unanime di tutti i Paesi membri, l’ipotetico nuovo meccanismo renderebbe l’attivazione difensiva più facile, e per questo anche più pericolosa.

Giorgia Meloni, presidente del Consiglio (Ansa)

L’osservazione è sensata, visto che l’obbligo di difesa NATO richiede una delibera del Consiglio atlantico, come avvenne per l’appoggio NATO agli Stati Uniti, in occasione dell’intervento USA in Afghanistan, dopo l’attacco alle Twin Towers. L’articolo 5 non opera automaticamente. E neppure in caso di attivazione dell’articolo 5 l’obbligo di difesa implica necessariamente un apporto di carattere militare diretto. I Paesi membri possono fornire il loro supporto con altre modalità, come avvenne per il contributo italiano nel caso afghano.

Lei ha detto che i russi non accetterebbero, per ovvie ragioni, truppe e armamenti in misura paragonabile a ciò che avverrebbe nei territori NATO. Se si trattasse di numeri inferiori?

Questo potrebbe naturalmente incontrare il favore dei russi, a quel punto tuttavia occorrerebbe chiedersi quale sarebbe l’utilità concreta di un contingente, per ipotesi, di 10mila o anche 20mila effettivi. Nello stesso tempo, la guerra in Ucraina ci dimostra che il supporto NATO avviene sia con istruttori militari sul terreno, sia da remoto, in via informatica. E i russi lo sanno benissimo. Sono tutti fattori che rendono l’“opzione articolo 5” più complicata di quello che potrebbe sembrare a prima vista.

C’è un terzo elemento richiamato da Lavrov: serve il coinvolgimento della Cina, ha detto il capo della diplomazia russa.

Non mi sorprende affatto. Anzi. Come può Mosca fidarsi delle garanzie europee quando l’Unione Europea ha messo nero su bianco, perfino in atti ufficiali del Parlamento europeo, che la Russia costituisce una minaccia esistenziale?

Quindi?

Giudico positivamente il coinvolgimento della Cina, che potrebbe rappresentare un elemento di riequilibrio; tutt’altra questione è se la Cina aderirebbe o meno a una simile richiesta. In questo momento, il dossier Taiwan potrebbe suggerirle prudenza.

A suo avviso come si stanno evolvendo le trattative, mentre la guerra continua?

Non c’è dubbio che i russi stiano facendo un gioco molto abile. Non vogliono il cessate il fuoco perché in questo momento sono in posizione di vantaggio, e in secondo luogo perché temono che un cessate il fuoco temporaneo possa servire all’Ucraina per riarmarsi o per riorganizzarsi, magari sulla sola base del supporto europeo. Al tempo stesso, va detto con chiarezza che, sul piano giuridico, ha ragione Zelensky nell’escludere di poter negoziare un trattato di pace con la guerra ancora in corso.

Per quale motivo?

Lo dice la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati: un trattato concluso con l’uso o la minaccia della forza è invalido (art. 52). I trattati di pace intervengono, del resto, a ostilità concluse, non quando sul terreno sia ancora presente l’esercito della parte che prevale.

In questa situazione c’è, secondo lei, un’ipotesi più facile da percorrere?

Servirebbe un cessate il fuoco, con un accordo fra le parti, da concludersi rapidamente. All’impegno formalmente assunto dall’Ucraina di non rifornirsi di armi, dovrebbe far riscontro quello della Federazione Russa, di bloccare l’afflusso di armi e contingenti non nazionali. Il Consiglio di Sicurezza ONU potrebbe adottare una risoluzione, recependo le condizioni pattuite dalle parti, e disponendo anche un meccanismo di controllo del loro rispetto. Nel testo della risoluzione potrebbe pure essere fissato un tempo congruo, ma breve, per l’inizio della negoziazione di un accordo definitivo di cessazione delle ostilità.

Un obiettivo minimo e facilmente controllabile, par di capire, come base realistica di ogni ulteriore sviluppo, è questo il senso della proposta?

Esattamente.

(Federico Ferraù)

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Tags: Volodymyr ZelenskyDonald Trump

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