Con l'ultimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, l'Ue colpisce anche soggetti cinesi. Si tratta di una scelta piuttosto rischiosa
Tra due giorni, giovedì 24 luglio, Ursula von der Leyen incontrerà a Pechino il Presidente cinese Xi Jinping in occasione del 25° summit Ue-Cina. Il meeting, così ci avvisa il sito della Commissione europea, avrà al centro le relazioni bilaterali e le sfide geopolitiche globali inclusa la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina.
L’incontro sarà quindi l’occasione per chiarire l’incidente diplomatico nato dopo l’ultimo pacchetto disanzioni contro la Russia dell’Unione europea. Tra i soggetti sanzionati ci sono infatti due banche regionali e cinque società cinesi che avrebbero collegamenti con l’operazione militare della Russia in Ucraina; è stata la prima volta che istituzioni finanziarie cinesi sono state sanzionate dall’Europa.
Ieri il ministro del Commercio cinese ha fatto sapere che le sanzioni “danneggiano seriamente i rapporti commerciali, economici e finanziari” e che Pechino adotterà le misure necessarie per salvaguardare i suoi legittimi diritti e gli interessi delle imprese e delle istituzioni finanziarie cinesi. La Cina è stata finora molto prudente nel supportare l’alleato russo direttamente per evitare di compromettere i propri commerci.
L’Europa, dopo aver sanzionato Mosca, ha perso l’accesso al gas e al petrolio russi e alcuni Paesi, è sicuramente il caso italiano, oggi si trovano con prezzi dell’elettricità tra le due e le tre volte superiori. Le catene di fornitura dell’Unione europea si sono allungate e oggi dipendono in misura molto maggiore di prima dal Medio Oriente e dagli Stati Uniti. Alcuni settori europei e italiani hanno perso un mercato di sbocco, la Russia, che prima della guerra era significativo.
In questi giorni l’Europa si prepara ad affrontare le conseguenze di un mancato accordo commerciale con gli Stati Uniti e valuta una serie di contromisure con cui colpire le imprese americane. Gli Stati Uniti non sono solo il principale mercato per le esportazioni europee, ma anche uno dei principali fornitori di gas dell’Unione. Il possibile peggioramento delle relazioni commerciali apre quindi scenari complicati per l’economia europea. Da venerdì si è aperto un nuovo fronte con la Cina da cui dipenderà tutta l’energy transition europea per il prossimo decennio. La Cina è un fornitore quasi impossibile da rimpiazzare per molti altri settori.
L’Europa cerca un salto di qualità che la metta alla pari dei maggiori attori globali. La Cina si prepara da anni ad affrontare una guerra economica con l’Occidente e il suo Governo ha lavorato per incentivare le aziende a costruire catene di approvvigionamento sicure e, più in generale, per costruire un sistema economico-finanziario che potesse essere il più possibile al riparo da una guerra economica.
La Russia, appena dopo il conflitto ucraino, ha stretto i rapporti economici con Pechino e può fare leva su risorse naturali sterminate. Gli Stati Uniti sono ormai da anni il primo produttore di idrocarburi del globo e, per quanto in declino, hanno ancora la valuta di riserva e il primo, o il secondo nella peggiore delle ipotesi, esercito più forte al mondo.
L’Europa parte da una posizione economica e politica molto più fragile. Tenere aperto un fronte con la Russia, uno con gli Stati Uniti e un terzo con la Cina sarebbe molto complicato per tutti; per l’Europa sembra davvero troppo.
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