L'Unione Europea pronta a presentare un piano industriale per contrastare Cina e USA: la mossa (tardiva) che rischia di non avere alcun effetto reale

Dopo mesi (forse anni) di quasi completo disinteresse rispetto alle sfide esterne, sembra che l’Unione Europea sia pronta a respingere la Cina e gli USA con un nuovo piano industriale che dovrebbe – teoricamente – ridare vigore alle malmesse imprese europee, schiacciate da una competizione alla quale faticano a star dietro e dal crescente protezionismo economico promosso da Trump e da Xi Jinping: una mossa – quella del piano industriale – ampiamente attesa, ma che secondo alcuni rischia di arrivare tardi e di trasformarsi nell’ennesimo flop annunciato.



Il primo a risvegliare l’attenzione di Bruxelles sull’esigenza di un solido, chiaro e semplice piano industriale era stato più di un anno fa Mario Draghi con il suo famoso report sulla competitività europea; mentre è stato lo stesso ex banchiere – appena poche settimane fa – a tornare sull’argomento, notando amaramente che nulla è stato fatto nel frattempo se non perdere ulteriore terreno a causa dell’inazione delle istituzioni europee.



Il piano industriale europeo contro Cina e USA: secondo alcuni arriverà troppo tardi rispetto all’urgenza delle sfide

Evidentemente – rivela Bloomberg – la seconda “strigliata” da parte di Draghi sembra aver sortito qualche positivo effetto tanto che Bruxelles sembra avere in mente un effettivo piano industriale per rispondere alle crescenti sfide tutelando gli imprenditori europei: un piano che verrà discusso settimana prossima in un’assemblea che mira a trovare soluzioni per le “dipendenze strategiche” del blocco europeo, attraverso un rafforzamento della “base tecnologica e industriale” del Vecchio continente.



Stabilimento Rheinmetall AG (Ansa)

Secondo le anticipazioni di Bloomberg, il piano industriale europeo funzionerebbe grosso modo come le politiche protezionistiche applicate da Pechino nel corso degli ultimi decenni, imponendo a qualsiasi impresa che intenda operare sul territorio dei 27 a cedere le proprie tecnologie ai competitor europei; oltre a imporre l’uso di determinate quantità di beni acquistati in loco e di lavoratori europei.

Misure, appunto, necessarie e chieste a gran voce da tempo soprattutto da quelle imprese che si vedono sempre più schiacciate da una competizione (a dir poco) sleale; ma – come sempre accade – secondo alcuni il piano industriale europeo rischia di arrivare troppo tardi e con effetti complessivamente limitati dal punto di vista dell’autonomia industriale del blocco, oltre a essere – potenzialmente – soggetto a ritorsioni che finiranno per farlo accantonare per evitare guerre commerciali.