Dalle lettere all'abbraccio di Gift: come sostenere a distanza è diventato un legame d'amore che ha cambiato le nostre vite.
Per raccontare l’incredibile esperienza vissuta in Africa, voglio partire dal ritorno, da quel lungo e triste volo in aereo che mi riportava a casa, un viaggio pieno di ricordi, di emozioni, con in mente quell’unica domanda: quando potrò ritornare in Uganda?
Per prima cosa credo sia giusto spiegare cosa ha spinto me e mia moglie, Dania, a prendere un aereo per andare in piena Africa. No, non è per una semplice vacanza, ma per incontrare due bellissime bambine che sosteniamo a distanza, Gift ed Edina, e che vivono a Kampala, capitale dell’Uganda.
Tutto questo è possibile grazie ad AVSI, una ONG di ispirazione cattolica che abbiamo conosciuto in una delle tante serate di solidarietà a cui ci capita di partecipare.
Quella sera, però, è successo qualcosa di speciale: oltre all’emozione che ci ha suscitato un volontario che raccontava la sua esperienza e le difficoltà delle popolazioni in Africa, siamo rimasti profondamente colpiti da una sua frase che ancora oggi è incisa nella nostra mente: “Aiutare i bambini a studiare è il modo per costruire la pace”. Io e mia moglie ci siamo guardati negli occhi e, contemporaneamente, avevamo capito cosa dovevamo fare.

L’organizzazione del viaggio e i preparativi
Non è passata la notte prima che avevamo fatto richiesta di aderire al progetto, cercando di aiutare la popolazione più povera dell’Africa che, dalle nostre ricerche, sembrava essere quella del Burundi.
Qualche giorno dopo, però, ci hanno telefonato da AVSI e proposto di sostenere due bambine in Uganda, dove era più necessario, per andare nella prima classe della scuola primaria. Senza esitare e con tutta la nostra gioia abbiamo detto di sì e, da allora, un’emozione dietro l’altra ci ha accompagnati.
AVSI è una struttura veramente eccezionale e ci ha permesso di mantenere un contatto umano con le bambine: abbiamo scambiato lettere e foto con loro, non è possibile mandare pacchi e quindi abbiamo pensato di mandare piccoli contributi il giorno dei rispettivi compleanni e a Natale, e l’associazione ha provveduto a comprare le cose che servivano loro.
Volevamo sapere anche della realtà in cui vivono, così abbiamo scoperto che tutto partiva da Rose Bousinge, un’infermiera fondatrice del Meeting Point International, nato come luogo di incontro di donne vittime della guerra civile del 2007 ed oggi ancora punto di riferimento per circa 2000 donne che vivono situazioni di violenza o difficoltà.
Queste donne, grazie alla fede e al grande lavoro di Rose, hanno riscoperto il proprio valore ed hanno ricominciato a vivere, arrivando addirittura a costruire materialmente delle scuole per i propri figli spaccando sassi e realizzando e vendendo collanine, con una forza e coraggio da cui noi possiamo solo prendere esempio. Sono le stesse scuole frequentate da Edina e Gift.
L’arrivo in Uganda e gli incontri indimenticabili
L’anno scorso, poi, al Meeting di Rimini abbiamo avuto l’occasione di incontrare di persona Rose: oltre ai bellissimi racconti e alle tante emozioni, c’è stata quella frase: “Vi aspetto a Kampala”. Forse per lei era un semplice invito di cortesia, ma per noi è stato molto di più: il là per trasformare un desiderio in realtà, e così è stato.
Il viaggio è incominciato mesi prima della data di partenza, quando alla sera io e mia moglie ci confrontavamo su cosa portare alle nostre due bambine e cosa poteva servire alle varie scuole che saremmo andati a visitare. Abbiamo pensato che, più dei giochi, sarebbero serviti materiali per la scuola: matite, pennarelli, quaderni, uno zaino… forse ci siamo fatti un po’ prendere la mano perché alla fine lo zaino per le bimbe era strapieno! Per noi era come accompagnare un figlio il primo giorno di scuola e “non vuoi che gli manchi niente”.
Abbiamo pensato che era giusto aggiungere anche qualcosa di divertente: qualche sticker, dei timbrini, del Didò con gli stampini (mia moglie, che insegna alla scuola dell’infanzia, aveva le idee molto più chiare di me su quali giochi fossero più educativi). Io sono riuscito a far inserire una scatola di perline per fare braccialetti e collanine che si sono poi rivelati una bella sorpresa.
Volevamo portare anche qualcosa che rappresentasse l’Italia e che doveva piacere alle bambine. Non abbiamo avuto dubbi: la Nutella.
Emozioni profonde e il difficile ritorno a casa
In questo viaggio abbiamo provato emozioni profonde, abbiamo visto la bellezza di un luogo e la dignità di un popolo, abbiamo conosciuto persone stupende che dedicano la loro vita ad aiutare, abbiamo visto coi nostri occhi che anche le cose impossibili, se ci credi veramente, possono essere realizzate, abbiamo riempito i nostri cuori di un amore profondo, eravamo venuti convinti di dare e abbiamo ricevuto un amore talmente grande che i nostri cuori non possono contenere.
Al nostro rientro, per molti giorni ho continuato a sognare l’Africa e al risveglio ero avvolto dalle emozioni che potevo ancora sentire, oserei dire, toccare; continuo a canticchiare nella mente la canzone delle donne di Rose, “I am now free”, perché veramente quella canzone mi fa sentire libero. Mi capita di riflettere su tutte le coincidenze che ci hanno accompagnato nel viaggio e d’istinto mi vien da dire che il mondo è piccolo, ma poi, riflettendoci, ho capito, così come ci ha detto una persona conosciuta in questa bella esperienza, che, forse, non è il mondo ad essere piccolo, ma è Dio ad essere grande ed io… sono solo un uomo.
