Il commento della vittima Francesca Girardi alla recente prescrizione dell'indagine su Unabomber che le è sembrata solo una presa in giro
Recentemente l’indagine su Unabomber avviata nel 2020 è stata (più o meno) definitivamente prescritta con il rinvio di un’udienza determinante che avrebbe aperto le porte – potenzialmente – alla scoperta dell’identità di quel bombarolo che terrorizzò l’Italia e ai risarcimenti per le vittime e i loro familiari: tra questi – peraltro determinante per la riapertura delle indagini – c’è anche Francesca Girardi, oggi diventata 30enne e che entrò indirettamente in contatto con Unabomber nel lontano 2003 raccogliendo uno dei suoi insospettabili ordigni e perdendo – così – una mano e l’uso dell’occhio destro; raggiunta e intervista dal quotidiano La Stampa per capire i suoi sentimenti dopo le ultimissime (per certi versi drammatiche) novità.
Partendo proprio da qui, è bene ricordare che la figura di Unabomber tra il 1993 e il 2007 ha compiuto un totale di 30 attentati seminando un vero e proprio panico nel nostro paese dato che era in grado di nascondere l’esplosivo in oggetti qualsiasi di uso comune abbandonati per strada o – addirittura – nei supermercati: nonostante il panico popolare non si riuscì mai veramente ad indentificare il misterioso uomo che da più di 30 anni vive indisturbato la sua vita; mentre seppur l’ultima inchiesta – sicuramente tardiva – avrebbe potuto aiutato a dipanare quell’eterno mistero, a causa dei continui rinvii delle udienze (l’ultimo ha fissato come data il prossimo 15 settembre) l’intero fascicolo sarà inevitabilmente prescritto fuorché – per ora – per l’ultima vittima.
Francesca Girardi: “La nuove indagini su Unabomber mi avevano dato speranza, ma era solo una presa in giro”
Tornando al nostro punto di partenza, Francesca Girardi ha raccontato alla Stampa di “ricordare tutto” quello che successe nel 2003 quando raccolse da terra un “evidenziatore” che si dice certa “prima non fosse lì”, dovendo poi subire “più di 10 interventi chirurgici e anni di fisioterapia“; il tutto con l’indelebile ricordo di quella persona che “ci osservava (..), ci guardava come in attesa di qualcosa che sapeva sarebbe successo” e con “un ghigno” stampato in volto che non dimenticherà mai per il resto della sua vita.
Complessivamente, passando al tema della prescrizione per Unabomber, la vittima si dice incredula che “con il nostro livello di conoscenze e gli strumenti sofisticatissimi” non si sia arrivati ad una svolta, ricordando comunque che nel corso degli anni “sono stati fatti degli errori” che oggi ritiene inaccettabili soprattutto a fronte del fatto che “un pazzo sia riuscito a creare e posizionare ordigni (..) per più di 20 anni”: la sua – non lo nega – è certamente frustrazione e delusione perché la nuova indagine “mi aveva dato speranza”, rivelandosi alla fine “un contentino per me e le altre vittime (..) sulla scia del clamore” mediatico.
Dal conto suo, Francesca Girardi sperava al caso Unabomber “sarebbe stata data priorità massima“, arrivando magari alla conclusione che “dalle analisi non emergesse nulla” più che ad una pesantissima prescrizione che pesa come “uno schiaffo [e] una presa in giro“: seppur oggi sia andata avanti – infatti – sapere il nome del responsabile delle esplosioni l’avrebbe aiutata a “chiudere questa ferita [e] mettere un punto” definitivo a qualcosa che in vent’anni non l’ha mai abbandonata e che si porterà dietro per il resto della vita; mentre per il resto del paese diventerà qualcosa che “non [è] mai successo (..), da dimenticare”.