La vittima di Unabomber salva per miracolo Francesca Girardi ricorda il giorno in cui vide in faccia l'attentatore, poco prima dell'esplosione
Manca sempre meno alla definitiva prescrizione degli attentati – 29 accreditati – commessi tra il 1994 e il 2006 tra Veneto e Friuli dall’Unabomber italiano, con il concreto rischio che la vittime possano non ottenere mai nessun tipo di risarcimento: tra queste, a tenere le dita incrociate affinché l’inchiesta riaperta nel 2022 giunga ad una svolta c’è sicuramente la 30enne Francesca Girardi che nel 2003 finì nel lungo elenco di vittime dell’ignoto terrorista riuscendo – quasi per miracolo – a salvarsi, ma riportando al contempo delle ferite incurabili ed indelebili e il vivido ricordo di quegli attimi che avrebbero potuto strapparle la vita dalle mani; momenti che ha recentemente ripercorso in una lunga intervista rilasciata al quotidiano La Verità.
Partendo proprio da quel maledetto 25 aprile del 2003, Francesca Girardi ricorda che era una giornata come tante altre nella vita spensierata di una bimba di 9 anni che si trovava “in riva al fiume Piave” con “mia mamma, mia sorella e amici”: dopo una mattinata tranquilla e un pranzo consumato in compagnia “abbiamo subito notato questo evidenziatore [che] prima non c’era” e ignari di tutto organizzarono una piccola “gara a chi lo prende per primo” che fu lei stessa a vincere; ma fu proprio in quel momento – dopo averlo raccolto e “poco prima di sfilare il tappo” – che si rese conto “che c’era un uomo poco lontano che ci stava guardando” avvertendo da lui “una strana sensazione”; ma in un attimo divenne “tutto nero”.
Francesca Girardi: “Vorrei poter incontrare Unabomber per chiedergli il perché di tutto questo”
Quel giorno Francesca Girardi perse una mano e la vista dall’occhio destro ed anche se ormai passati quasi 22 anni e ha imparato a vivere normalmente come qualsiasi altra persona, ricorda ancora lucidamente quella sensazione di essere “osservata” non appena raccolse l’evidenziatore, così come ricorda anche perfettamente quell’uomo “alto, né giovane né anziano, con i capelli non foltissimi e brizzolati” che indossava “una camicia floreale, hawaiana, molto colorata” e indossava “occhiali con lenti graduate un po’ scure” – ma non abbastanza da nascondere “questi occhi che mi fissavano” – e che aveva “un sorriso, una specie di ghigno” stampato sul volto.
Ad oggi – ovviamente – non è certo che quell’uomo brizzolato fosse proprio Unabomber, ma resta chiaro che fu proprio grazie ai genitori di Francesca Girardi che “hanno fatto una battaglia per me e per tutte le altre vittime” che furono disposti i primissimi risarcimenti a chi era rimasto colpito dall’attentatore; mentre ragionando sul futuro – con la speranza che l’intero processo non vada “in prescrizione” il prossimo anno – la 30enne ci tiene a precisare che “mi farebbe piacere conoscerlo e parlarci, sapere chi è, come ha vissuto, perché l’ha fatto e se ha ottenuto quello che sperava”.