L’autore Raffaele Bonanni, dal 2006 al 2014 segretario generale della Cisl, ha ragionato sulle pagine di Italpress sul ruolo che le università telematiche potrebbero avere sul futuro educativo dei giovani italiani. L’Italia, d’altronde, al momento di trova “appena un po’ sulla metà della graduatoria” mondiale sull’efficienza educativa, mentre pur “essendo ancora tra i Paesi più ricchi”, vanta un “numero di laureati tra i più bassi dei paesi industrializzati“. L’Istat, infatti, conta 390.000 nuovi laureati nel 2021, pari al 20% della popolazione tra i 25 e i 64 anni, rispetto ad una media UE del 33,4%.
Le università telematiche, secondo Bonanni, potrebbero essere un modo per “cambiare questo deprimente quadro“, evitando il rischio di “perdere terreno ed avviarci verso il declino” dovuto alla carenza di specializzazioni universitarie. Non a caso “le recenti statistiche relative all’andamento dell’istruzione universitaria in Italia, evidenziano come nel nostro paese esista una ‘barriera naturale’ all’accesso”, oltre ad una “forte disuguaglianza sociale derivante da problemi legati ai costi e alle modalità di ingresso”. Fenomeno, questo, che si ripercuote non solo “sulle opportunità e sul futuro lavorativo di tanti giovani”, ma anche sull’economia italiana, mentre secondo Bonanni contro ostacoli e disuguaglianze “le università telematiche rappresentare una soluzione dinamica e intelligente“.
Quali sono i punti di forza delle università telematiche
Le università telematiche, spiega Raffaele Bonanni su Italpress, permettono di “coniugare diritto allo studio e qualità della didattica, facilitando il percorso (attraverso strumenti flessibili e servizi innovativi che garantiscono una didattica online perfettamente in linea con le esigenze personali) anche alle categorie poco agevolate”. Tra queste, ovviamente, spiccano gli studenti lavoratori e i lavoratori studenti, che nel sistema universitario classico non riescono in parecchi casi a concludere gli studi e conseguire il titolo.
Ma la riduzione dei costi delle università telematiche, spiega ancora Bonanni, non è solo a favore degli studenti, perché ne traggono beneficio le stesse università, che possono avvalersi di meno docenti e, soprattutto, dell’assenza di strutture e personale addetto al loro mantenimento (si pensi a pulizie, manutenzione, macchinette, portineria e via dicendo). Similmente, tra i tanti punti di forza delle università telematiche, Bonanni pone l’accento anche sul fatto che “rispondendo pienamente ai punti-chiave della transizione ecologica“, riducendo l’inquinamento prodotto “dagli spostamenti”, ma anche l’uso della carta e “la riduzione del consumo di energia”.
Bonanni: “Insensato trattare le università telematiche come quelle tradizionali”
Tuttavia, nonostante gli evidenti ed importanti benefici, le università telematiche secondo Bonanni fanno ancora parte di quelle innovazioni che “vengono considerate un macigno da una parte considerevole della sfera politica” che ne ostacola la crescita. Cita, per esempio, “la proposta insensata e penalizzata” di obbligare le università digitali “ad avere lo stesso rapporto tra studenti e docenti” di quelle classiche, “come se le modalità di studio e di insegnamento fossero identiche”. Richiesta, conclude Bonanni, insensata soprattutto se si considera che alle università telematiche si chiede di “assumere un numero considerevole di docenti”, mentre nelle loro casse non entrano “soldi pubblici. Vivono solo di rette garantite dagli studenti che vogliono un’università più libera, più aperta, più competitiva, più inclusiva e più accessibile”.