Il Veneto dà l'ok al suicidio assistito per la seconda volta: la paziente è una 78enne con un tumore irreversibile, che è risultata avere i requisiti necessari
Il Veneto – nel dettaglio l’Azienda sanitaria regionale e il Comitato etico – ha dato il via libera al suicidio medicalmente assistito di Gloria (nome di fantasia), una settantottenne affetta da un tumore irreversibile. Ad annunciarlo all’Ansa è stata l’Associazione Luca Coscioni, che ha seguito il suo caso.
La procedura per accedere all’iter è stata avviata a novembre dello scorso anno e, a distanza di diversi mesi, è arrivata l’approvazione. Le autorità competenti hanno stabilito infatti che l’anziana dispone dei requisiti, in quanto è stato accertato che “ha autonomamente e consapevolmente deciso di procedere con l’aiuto alla morte assistita, che è affetta da patologia oncologica irreversibile, che tale patologia produce sofferenza che lei stessa reputa intollerabile e che i trattamenti con farmaci antitumorali mirati costituiscono sostegno vitale“. È ciò che era accaduto anche a Stefano Gheller, affetto da distrofia muscolare, il primo paziente ad avere ottenuto il via libera in Veneto. In totale, in Italia, i casi noti sono soltanto quattro.
Veneto dà ok a suicidio assistito a 78enne con tumore irreversibile: la procedura
Dopo l’ok da parte del Veneto al suicidio assistito della settantottenne affetta da un tumore irreversibile, l’Azienda sanitaria regionale ha provveduto a comunicare alla paziente quello che sarà il farmaco idoneo per l’attuazione della procedura e quali le modalità di somministrazione, che avverrà autonomamente. Le strumentazioni necessarie all’evento saranno nell’immediatezza fornite dagli enti competenti, ad esclusione di ciò che concerne il personale sanitario in quanto non disponibile. Ad assistere la donna sarà il suo medico personale.
Era andata diversamente nel caso di Federico Carboni, il primo paziente in Italia a usufruire di questo diritto. Il marchigiano, rimasto tetraplegico a causa di un incidente, era stato costretto a farsi carico dei costi per l’acquisto del macchinario necessario per attuare il suicidio assistito, che successivamente erano stati ottenuti tramite una raccolta fondi.