Via al Summit Nato: Trump spinge per il 5% di spesa militare, ma la Spagna si ferma al 2,1% e l'Italia al 3,5%, con pesanti ripercussioni economiche
Il summit della NATO all’Aia, iniziato ieri con la cena dei leader, si chiuderà solo oggi, ma ci sono già alcuni punti fermi. Il presidente Donald Trump, prima ancora dell’inizio degli incontri, ha pubblicato sui social un messaggio privato inviatogli dal segretario generale della Nato, Mark Rutte. Il politico olandese assicura di avere ottenuto l’impegno di tutti i membri dell’Alleanza a portare la spesa per la difesa al 5% del PIL, la definisce una cosa giusta e ne attribuisce il merito a Trump: “sarà una tua vittoria”.
In realtà, c’è almeno un membro dell’Alleanza a cui è stato concesso un obiettivo molto meno ambizioso. La Spagna di Sánchez, infatti, si fermerà al 2,1% del PIL. Il premier spagnolo rispetta “il legittimo desiderio degli altri Paesi di aumentare la propria spesa per la difesa”, ma ha confermato di non ritenersi vincolato all’obiettivo del 5%. Non è chiaro quali strumenti abbia l’Alleanza Atlantica per convincere la Spagna ad allinearsi agli obiettivi di spesa che sembrano invece andare bene a tutti gli altri membri.
L’impegno a spendere non è l’unico su cui c’è poca chiarezza. Ieri, infatti, Trump spiegava ai giornalisti che l’accompagnavano sull’Air Force One che ci sono “numerose” definizioni dell’articolo 5 del Trattato NATO (quello che impegna tutti a difendere i Paesi membri sotto attacco), mentre si rifiutava di darne una definizione esatta. Il presidente americano dichiarava solo di impegnarsi a “essere loro amico”; è un’amicizia generica che forse gli europei pensavano essere più specifica.
Si suppone, quindi, in assenza di dichiarazioni esplicite, che l’Italia abbia acconsentito a portare la propria spesa per la difesa al 3,5% del PIL, a cui aggiungere un altro 1,5% in investimenti correlati. Sono cifre che implicano uno stravolgimento del bilancio pubblico italiano. L’Italia dovrà tagliare servizi pubblici, ricollocare risorse o aumentare le tasse per decine di miliardi di euro all’anno.
È uno sforzo che inciderà sulla vita delle famiglie e delle imprese e che drenerà risorse oggi destinate ad altri settori. I programmi di sviluppo di nuovi carri armati, aerei da guerra o altro materiale bellico richiedono anni, e anche ipotizzando di produrre in serie vecchi modelli, bisogna costruire una capacità produttiva che oggi non c’è. È quindi inevitabile chiedersi se l’unico modo per raggiungere questo obiettivo in tempi brevi non sia quello di comprare materiale già pronto fuori dall’Europa.
È comunque singolare che la Spagna, il Paese con i più bassi costi dell’elettricità d’Europa e che ha chiuso il 2024 con una produzione industriale in espansione, decida di non potersi permettere un obiettivo che un Paese con i prezzi dell’elettricità più alti d’Europa e una produzione industriale in declino, invece, non ha timore ad abbracciare. Tale Paese è l’Italia. L’amicizia della NATO può essere certamente desiderabile, anche se non è chiaro quale forma assuma nel 2025.
I costi di questa operazione, gli investimenti in difesa al 5% del PIL, sono potenzialmente destabilizzanti per un Paese che non si è mai ripreso dalla crisi energetica iniziata nel 2021 e che minaccia la sopravvivenza del suo sistema industriale. Un Paese in queste condizioni forse dovrebbe limitarsi a strumenti difensivi e a raggiungere obiettivi di sicurezza utili con il massimo dell’efficienza.
Oggi l’economia va bene e la crisi in Medio Oriente non sembra minacciare le forniture energetiche. Vincolarsi a quegli obiettivi di spesa, di per sé dirompenti, rischia però di essere molto limitante se crisi energetiche o recessioni richiedessero un maggiore impegno dello Stato.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
