Forse sbaglieremo tutto, ma — a vedere le cose dalla Cina — nella battaglia per la riforma elettorale il premier italiano Matteo Renzi appare imbattibile: cioè qualunque cosa accada, che la legge sia approvata o meno, lui risulterà vincitore.
1. Se gli oppositori, soprattutto interni, riusciranno a infilare abbastanza voti da fermare il processo della legge o da modificarla rispedendola al Senato, Renzi può sempre ergersi a eroe della riforma e sobillare gli elettori, dentro e fuori il suo partito, contro chi non vuole la riforma. A quel punto, a seconda delle sue opportunità, può continuare la battaglia in Parlamento o andare al voto. Qui è possibile che vinca, da questa posizione, e se perde, perde in ogni caso a capo di un partito a quel punto tutto davvero suo.
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2. Se porta a casa l’Italicum, il processo è semplicemente più liscio: Renzi continua a governare finché gli conviene, per andare poi al voto e vincere a mani basse. A meno che nel frattempo non prenda forma un’opposizione capace di sfilargli la vittoria sotto al naso, come successe a suo tempo nel duello tra Occhetto e Berlusconi, dove il primo si vedeva vincitore prima del tempo e si trovò azzerato dal carisma e dalla novità di Berlusconi.
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A ben guardare l’opzione 1 è debole perché i deputati votanti sanno di rischiare di andare presto alle elezioni, dove non sarebbero rieletti perdendo così il loro prezioso seggio. A questo punto la loro unica speranza è di durare il più possibile, evitare le elezioni e quindi — nel breve — approvare la riforma elettorale.
Queste considerazioni pratiche, ahinoi, vanno al di là e paiono molto più forti delle varie discussioni di principio.
Dalla distanza il punto centrale vero sembra essere che gli italiani vogliono un cambiamento in senso di maggiore governabilità e meno poteri ai parlamentari e, giusto o sbagliato, la riforma in via di approvazione soddisfi proprio queste richieste. Chi vi si oppone non lo fa chiedendo cambiamenti ancora più radicali, ma frenando e adombrando vaghe accuse contro Renzi di concentrare troppo potere. Ma più potere al governo, e meno chiacchiere in Parlamento, è proprio quello che gli italiani e il côté internazionale vogliono dall’Italia!
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Per il resto, procedure, diritti, regolamenti delle Camere, eccetera sono dettagli incomprensibili e tirarli fuori porta acqua al mulino dei riformatori e di Renzi. In ciò il premier ha imposto la sua tabella di marcia ed è davanti all’opinione pubblica nazionale e internazionale il vero, ci si passi il termine, maker, colui che fa. I suoi concorrenti riformatori, Matteo Salvini alla Lega e Beppe Grillo con il Movimento 5 Stelle, sono nella migliore delle ipotesi fermi nei loro ambiti, protestatari ma non propositivi e attivi.
L’opposizione dentro e fuori il partito dovrebbe misurarsi con questa dimensione dei problemi e non abbarbicarsi a questioni procedurali o ventilare possibili dittature. Le procedure sono incomprensibili e la possibilità di una dittatura autentica appare oggi una battuta mentre davvero si vuole un premier comunque più forte.
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In questo senso, tutte le polemiche interne al partito di maggioranza sembrano portare acqua al mulino di Renzi: provano che lui è davvero l’uomo nuovo, del cambiamento, mentre gli altri sono la conservazione.
Naturalmente non tutto è destinato a restare così in eterno. In realtà è facile che Renzi inciampi e dopo l’approvazione della legge elettorale molte parti si possano rovesciare. Ma la legge elettorale, qualunque essa sia a questo punto, è diventata la bandiera che si vuole davvero uscire dall’impasse attuale italiano.