Ursula von der Leyen e Antonio Costa sono oggi in Giappone e domai andranno in Cina: i vertici Ue provano un'azione di disturbo contro gli Usa

Ursula von der Leyen e Antonio Costa saranno oggi a Tokyo per un summit Ue-Giappone in un momento piuttosto delicato per il Premier Shigeru Ishiba, che dopo le elezioni di domenica scorsa non gode più della maggioranza in Parlamento e dovrà quindi governare cercando appoggi esterni. Giovedì i Presidenti di Commissione e Consiglio europei saranno invece a Pechino per un summit in occasione dei 50 anni dell’avvio delle relazioni diplomatiche Ue-Cina. Tra l’altro, su richiesta cinese, il vertice è stato ridotto da due giorni a uno soltanto, con un incontro sia con il Presidente Xi Jinping che con il Premier Li Qiang.



A Giulio Sapelli, Professore emerito di Storia economica all’Università degli Studi di Milano, queste sembrano «visite di circostanza e di disturbo nei confronti degli Stati Uniti, che mirano a riaffermare l’autonomia dell’Ue rispetto alla politica di Trump. Tuttavia, sono troppo brevi e improvvisate per portare a dei risultati concreti, che nelle trattative diplomatiche richiederebbero più tempo».



Questa azione di disturbo nei confronti degli Stati Uniti proprio mentre l’Ue sta trattando sui dazi con Washington non è pericolosa?

È estremamente rischiosa ed è il frutto della continua personalizzazione che sta assumendo la presidenza von der Leyen, che agisce quasi fosse un potere a sé stante. Circondata da un manipolo di fedelissimi, la Presidente non ha quasi più rapporti con la stessa Commissione. È come se un potere personale si stesse imponendo su un potere tecnocratico già molto lontano dalla realtà. Si tratta di una situazione pericolosa in un contesto come quello attuale che richiederebbe la maggiore unità d’intenti.



Sembra in effetti che la proposta sul Quadro finanziario pluriennale della scorsa settimana sia stata in qualche modo imposta dalla von der Leyen ai Commissari, non tutti erano convinti di approvarla…

Quella proposta non è solamente un caso emblematico di questa trasformazione del potere personale della Presidente della Commissione per il modo in cui è stata approvata. A livello di contenuto, infatti, rappresenta una smentita rispetto alle indicazioni arrivate nei mesi scorsi da Mario Draghi ed Enrico Letta: la von der Leyen sembra aver messo in soffitta il sogno federalista in modo quasi definitivo, ma senza ancora indicare con cosa intende sostituirlo.

Quanto è importante la visita di von der Leyen e Costa in Giappone?

Sulla carta sarebbe importante, ma il Giappone sta attraversando un’imponente trasformazione politica. Infatti, il Partito liberal democratico, dopo le elezioni di pochi giorni fa, rischia di perdere la sua tradizionale dominazione della vita politica giapponese. Tra l’altro non è ben chiaro cosa voglia ottenere l’Ue da quello che è un alleato fondamentale degli Stati Uniti in Asia, che potrebbe valutare di dotarsi di armi atomiche se dovesse venir meno l’ombrello di difesa americano.

Sappiamo che Tokyo e Pechino non vanno molto d’accordo, eppure i rappresentanti dell’Ue saranno in Cina proprio subito dopo essere stati in Giappone…

Forse von der Leyen ha perso la testa e crede veramente di essere un leader mondiale in grado di agire da ponte tra Usa e Giappone, tra Cina e Giappone o tra Usa e Cina. Venendo alla visita a Pechino, conoscendo il protocollo locale, un summit di un giorno non riveste una grande importanza.

L’Ue può ottenere qualcosa dalla Cina?

Il pericolo è che possa ottenere qualche risultato di breve periodo creando un’illusione. Bisognerebbe invece cambiare profondamente e rapidamente la politica europea sulla transizione green. Il Presidente di Federacciai Antonio Gozzi, oggi il più lucido interprete dell’industria italiana, ha detto chiaramente che andando avanti così l’Ue ci porterà al disastro industriale. Bisogna, quindi, fare di tutto per evitarlo, occorre rivedere la politica green che la stessa von der Leyen ha rilanciato ancora più severamente in questi ultimi tempi.

L’Ue non potrebbe cercare di garantirsi dalla Cina forniture sicure per terre rare, pannelli solari, turbine eoliche e tutto quel che serve alla transizione green?

Per farlo avrebbe bisogno di una delegazione diversa e di una visita più lunga in Cina, un Paese che ormai è produttore di auto elettriche a bassissimo costo e competitor per eccellenza di quell’industria che ha dato vita all’industria cinese, ossia quella tedesca, che oggi si sente fortemente minacciata da Pechino. I cinesi oggi sono i principali nemici della manifattura europea, non si capisce quindi il senso delle mosse della von der Leyen nei confronti del gigante asiatico.

Non potrebbe voler cercare una sorta di accordo per limitare la sovraccapacità industriale cinese e proteggere così la manifattura europea?

Conoscendo la burocrazia cinese, ci vorrebbero prima almeno una decina di summit per poter raggiungere questo risultato utile. A me sembra invece che la Presidente della Commissione miri a riaffermare la propria forza personale dopo un voto su una mozione di sfiducia nei suoi confronti al Parlamento europeo che, nonostante sia stata bocciata, non mi pare l’abbia rafforzata.

Pensa che le sanzioni comminate a due banche regionali e cinque società cinesi nell’ambito dell’ultimo pacchetto europeo contro Mosca avranno conseguenze sui rapporti Ue-Cina?

Staremo a vedere, ma mi sembra che questa vicenda renda la visita a Pechino ancora più folle: che senso ha andarci pochi giorni dopo aver sanzionato delle società cinesi? Neanche al primo anno di un corso di diplomazia si tollererebbero simili errori. Mi chiedo, quindi: chi consiglia la von der Leyen, una persona che sembra essere vittima di una vertigine di potere?

(Lorenzo Torrisi)

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