La clamorosa lite Zelensky-Trump non fa altro che indebolire il presidente ucraino e l’Europa. È una frattura che va ricucita subito
Doveva arrivare la firma sull’accordo per lo sfruttamento delle risorse naturali dell’Ucraina, invece lo spettacolo che si è presentato al mondo è stato quello di una lite fra Volodymyr Zelensky e l’amministrazione americana, con in testa Donald Trump e il suo vice J.D. Vance. Uno scontro nel quale il presidente ucraino si è sentito rinfacciare la sua resistenza a raggiungere un’intesa con gli Stati Uniti, nonostante la pesante situazione in cui si trova il suo Paese, incapace di continuare la guerra e persino di reclutare altri soldati.
E così l’incontro che doveva segnare un primo passo verso un accordo di pace si è concluso senza nessuna intesa e con il presidente USA che prospettava il pericolo di una Terza guerra mondiale.
Chi ne esce indebolito, naturalmente, spiega Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, è principalmente Zelensky, ora talmente isolato da rischiare anche sul fronte interno.
Il presidente ucraino è arrivato a questa clamorosa rottura con Trump dopo essersi sentito sostenuto, se non dall’Europa, almeno da Francia e Gran Bretagna. Ma la UE, e i britannici con lei, non ha la forza per affrontare situazioni difficili senza gli Stati Uniti. Un contesto sempre più complicato da cui sembra trarre vantaggio solo Putin, che da stasera vede il suo nemico di questi tre anni più debole che mai.
Come si spiega questa clamorosa rottura fra Zelensky e Trump?
Bisogna vedere quali sono gli esatti termini dell’accordo che doveva firmare Zelensky. Ha un’opposizione interna che, di fronte a una cessione di terre, avrebbe potuto eccepire, tenendo conto del fatto che un accordo del genere sarebbe già stato siglato con la Gran Bretagna, quando è stato sancito il partenariato per cento anni fra i due Paesi.
Adesso cosa succederà?
Trump, almeno dal punto di vista formale, ha preso una posizione contraria a Zelensky. E in diplomazia la forma è sostanza. Per la Russia questo è un grosso colpo, perché conferma l’estrema debolezza di Zelensky. Adesso ci sono Paesi europei che gli esprimono solidarietà, ma rimangono parole vuote senza un apporto significativo da parte degli Stati Uniti.
Non è che Zelensky è andato alla Casa Bianca un po’ spinto a opporsi da parte almeno di una certa Europa?
Credo che si sia sentito appoggiato dalla Francia e, soprattutto, dalla Gran Bretagna, che già ai tempi di Boris Johnson ha impedito ogni pacificazione, e ancora adesso ritengo stia operando contro la fine del conflitto. Non perché voglia la guerra, ma perché, se la situazione si risolvesse ora, Londra risulterebbe indebolita, sbugiardata a livello internazionale: insomma, sarebbe una sconfitta.
Zelensky potrebbe pagare la sua debolezza anche sul fronte interno?
La situazione interna è estremamente difficile per lui, perché ci sono pretendenti al trono come Zaluzhny e Arestovich. Non so se rischi una sostituzione a breve, ma non credo che un Paese in guerra come l’Ucraina possa permettersi di affrontare il futuro, che è già difficile di suo, con un presidente così indebolito. Penso che un cambio, a questo punto, sia il minimo che ci si possa attendere. Anche l’Europa, però, esce indebolita da questa situazione.
Perché?
Deve fare i conti con il fatto che l’Atlantico pare essersi allargato, e noi europei non possiamo permettere che si allarghi più di tanto, perché senza l’appoggio americano non siamo in grado di gestire situazioni più difficili.
Zelensky dovrà tornare a Canossa e parlare ancora con Trump?
Ho quasi l’impressione che ci sia chi sta puntando sul fatto che Trump non duri. Però il presidente americano ha messo in moto un movimento che è legato certamente alla sua persona, ma non più di tanto: ha un vice carismatico come Vance, che non ha usato mezze parole con i rappresentanti dei Paesi europei a Monaco, e ha elaborato una politica che sarà difficile per chiunque smentire.
Anche i Paesi europei dovranno fare i conti con questa realtà: avevano scelto la subordinazione nei confronti di Biden, ora Trump ha deciso che devono essere comunque subordinati nei confronti degli USA. Per noi non cambia niente. Sempre di subordinazione si tratta.
Trump ha paventato addirittura la possibilità di una Terza guerra mondiale. Un rischio che corriamo?
Penso che Europa e Zelensky dovranno tornare da Trump, a meno che, appunto, non si verifichi una situazione tale da aprire le cateratte della Terza guerra mondiale. Sarebbe veramente terribile. Trump l’ha evocata, sa che la Russia non può permettersi di perdere.
E se anche l’America fosse tirata in una situazione per cui non può permettersi una sconfitta, la prospettiva potrebbe essere anche la guerra mondiale. Se Zelensky insistesse, appoggiato dall’Europa, andremmo a sbattere: non siamo in condizione di affrontare una situazione del genere. Questa è la realtà.
(Paolo Rossetti)
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