"Zero Day" è una serie ben riuscita, che riesce a bilanciare intrattenimento e riflessione politica, un thriller avvincente
Robert De Niro ci regala una perla inaspettata con la sua straordinaria interpretazione dell’ex presidente George Mullen in Zero Day, la miniserie targata Netflix disponibile dal 20 febbraio. Un thriller politico intenso e coinvolgente, che si muove sulla sottile linea su cui oggi cammina pericolosamente la democrazia americana.
Mullen è stato un Presidente popolare e rispettato, ma ha scelto di non ricandidarsi, nonostante le pressioni, per stare vicino alla sua famiglia dopo il suicidio del figlio. Ora, in pensione, cerca di dare un senso alla sua nuova vita, mantenendo attiva la mente e il corpo. Ma quando gli Stati Uniti subiscono un devastante attacco informatico che blocca contemporaneamente trasporti, infrastrutture e banche, la Presidente in carica Evelyn Mitchell, interpretata da Angela Bassett (What’s love got to do with it, Black panther, Mission: Impossible – Fallout), e il Congresso decidono di istituire una commissione d’indagine con pieni poteri. La guida viene affidata proprio a Mullen, considerato un uomo integerrimo e super partes.
Inizialmente riluttante, Mullen finisce per dedicarsi completamente alla missione, richiamando i suoi più fidati collaboratori, tra cui il consigliere di lunga data Henry Covington, interpretato da Jesse Plemons (The power of the dog, Breaking bad, Killers of the flower moon). Ben presto, però, si rende conto che la sua pista investigativa si scontra con la narrativa ufficiale del Congresso, che preferirebbe attribuire la colpa dell’attacco a forze straniere. Questo lo mette nel mirino di vecchi e nuovi nemici, ostili alla sua indipendenza.
Ma la sua sfida più grande potrebbe essere con se stesso. Mullen inizia a sperimentare vuoti di memoria, visioni e la presenza improvvisa di estranei. Sono segnali di un problema di salute o il sintomo di un disegno più grande? Può permettersi di ignorarli, considerando la portata dell’incarico?
Zero Day cattura il clima cupo dell’America contemporanea, dominata dal peso opprimente dei giganti tecnologici e da una politica spesso ridotta a strumento degli interessi di pochi. La serie esplora il conflitto tra chi si batte per il bene comune e chi difende interessi individuali, ponendo domande scomode sullo stato attuale della democrazia.
Non sempre, però, la narrazione di Zero Day è all’altezza delle aspettative. Ad esempio, il rapporto conflittuale tra Mullen e sua figlia Alessandra, interpretata da Lizzy Caplan (Cloverfield, Masters of sex, Fleishman is in trouble), in politica e spesso in contrasto con il padre, avrebbe potuto evitare alcuni cliché. La regia, affidata a Lesli Linka Glatter (Homeland, Mad men), contribuisce a creare un’atmosfera claustrofobica, mentre la sceneggiatura gioca abilmente con il confine tra realtà e percezione, lasciando lo spettatore con il costante dubbio su cosa sia vero e cosa sia manipolazione.
Robert De Niro, al suo debutto in una serie televisiva, offre un’interpretazione di straordinaria intensità, incarnando con maestria un leader tormentato, sospeso tra il desiderio di giustizia e la fragilità dell’età.
Nel complesso, Zero Day è una miniserie ben riuscita, che riesce a bilanciare intrattenimento e riflessione politica, un thriller avvincente, capace di far riflettere sul destino della democrazia in un’epoca segnata dalla disinformazione e dalle minacce invisibili.
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