AUGURI O MORTE?/ La scuola media compie cinquant’ anni

- La Redazione

Indagine sui festeggiamenti del cinquantesimo di scuola media. Fa notizia l'assordante silenzio sui media. Una riflessione a tutto campo. MARIA TRIPOLI e RAFFAELE MAZZONI

mani_sbarra439 Foto: Infophoto

I cinquant’anni della scuola media unica sono ormai alle porte: la ricorrenza cadrà il 21 dicembre prossimo, data dell’approvazione della legge 1859/1962 con cui viene approvata la riforma scolastica.

Ci si potrebbe aspettare un profluvio di interventi , commemorazioni, discussioni critiche: il silenzio della “rete” è invece , come si usa dire, assordante. Inutilmente si cercherebbe sui “motori di ricerca” notizia di particolari interventi, di una discesa in campo delle diverse Associazioni professionali o genitoriali per un commento, un intervento critico, una riflessione.

La guerra (persa) sul  latino

Che sia ancora presto? Registriamo tra i più attivi il CIDI (Insegnanti democratici), che promuove un Convegno con il Comune di Napoli “Tra utopia e realtà: fu vera media?”. Registriamo anche un convegno effettuato alla fine di settembre dal Dipartimento di Matematica dell’Università degli Studi di Milano, con la partecipazione di uno degli attori della stagione riformistica scolastica degli ultimi anni, Mario Dutto. Poco, pochissimo altro. A maggior ragione occorre sollecitare una riflessione a tutto campo. Allora proviamo a tornare al dibattito innescato cinquanta anni fa dall’approvazione della legge.

La nascita della scuola media unica è salutata nel 1962 come una decisiva conquista per la democrazia, giunta a porre fine alla discriminatoria distinzione tra un ginnasio elitario – destinato a selezionare la futura classe dirigente – e il cosiddetto “avviamento” professionale; equità e modernizzazione furono le parole d’ordine della riforma, che pretese di essere una grande riforma sociale, prima ancora che scolastica. Una spia di ciò fu la discussione sull’insegnamento obbligatorio del latino nella nuova media unica, vero oggetto del contendere tra le forze politiche dell’epoca: difeso a spada tratta dall’area dorotea della DC, apertamente osteggiato da socialisti e comunisti che vedevano in esso l’emblema di una cultura superata e lo strumento di una vera e propria «discriminazione antidemocratica».1

Strano a dirsi per l’orizzonte culturale contemporaneo, fu proprio la discussione sul latino ad occupare pagine e pagine di interventi: allora, tra cultura umanistica e cultura scientifica si affrontava un tornante decisivo, tornante che piegava decisamente verso l’area scientifica. Il confinamento a nicchia cultural- elitaria del Liceo Classico di oggi ne è una conferma.

Rapporto Agnelli: la media sta morendo

A cinquant’anni di distanza dall’approvazione della legge, è lecito domandarsi se l’obiettivo prefissato (offrire pari opportunità a ogni studente, a prescindere dalla provenienza sociale) sia stato effettivamente raggiunto. A questo quesito cerca di rispondere il Rapporto sulla scuola 2011 redatto per conto della Fondazione Giovanni Agnelli, ad ora uno dei più interessanti strumenti per una riflessione sullo stato della nostra scuola media. I dati che emergono non sembrerebbero troppo incoraggianti: sull’intero percorso scolastico, i risultati forniti dai ragazzi di terza media (in test di matematica e scienze) sono quelli che mostrano il gap maggiore tra i ragazzi provenienti da famiglie che possiedono un alto livello di istruzione (genitori laureati o diplomati) e chi ha genitori in possesso della sola licenza media o meno. Il divario si riassorbe in parte dopo il primo biennio delle superiori, confermando la generale impressione che proprio la scuola media costituisca l’anello debole dell’intero sistema scolastico. 

Come se non bastasse da un rapido confronto con gli altri paesi risulta che l’Italia è quello con il maggior calo di apprendimento tra elementari e medie (i dati prendono in considerazione i risultati di test sempre dell’area scientifica somministrati nel 2003 in quarta elementare e poi nel 2007 in terza media) e che i ragazzi italiani hanno una insoddisfazione nei confronti della scuola maggiore rispetto a quelli di altre nazioni: solo il 17% degli undicenni italiani e il 26% delle loro coetanee vanno volentieri a scuola contro il 46% della media HBSC e la situazione peggiora guardando ai ragazzi di terza media.

 

Fattori di decadenza

Un secondo utile contributo sulle problematiche passate e presenti della scuola media, facilmente reperibile sulla rete, è stato offerto da Luisa Ribolzi (In medio stabat virtus: gloria e decadenza della scuola media, FGA Working paper n.42); secondo l’autrice esse dipenderebbero in ultima analisi dal modello stesso adottato nel momento della creazione della scuola media unica. In particolare si evidenziano tre punti cruciali:

1. la scuola media unica nasce sotto il mito dell’equità, di un’uguaglianza che nella storia del sistema scolastico italiano si è andato declinando come un livellamento verso il basso a scapito della qualità, come si evince dai dati riguardanti l’apprendimento;

2. la media unica nasce nella legge del 1962 per sostituire due diversi indirizzi (la media e l’avviamento professionale) che si è tentato di fondere; doveva pertanto avere responsabilità orientative e offrire una formazione di base a tutti; questo ha portato da una parte alla crescita del numero di materie scolastiche, incorrendo in uno dei pericoli da alcuni segnalati fin da subito (fare di tutto un poco), dall’altra a una sempre maggiore mancanza di continuità con le elementari e le superiori;

3. un ruolo determinante è giocato dalla condizione degli insegnanti delle scuole medie, mai valorizzati nel loro ruolo specifico, e che pertanto si sono dall’inizio percepiti come docenti con uno status minore.

La scuola media unica nasce quindi mossa da grandi ideali di riforma non esclusivamente scolastici (innalzare da un punto di vista effettivo l’obbligo scolastico fino ai 14 anni e offrire una formazione di base unica a tutti gli studenti italiani), ma anche e soprattutto sociali (uguaglianza ed equità), ai quali il sistema scolastico italiano è rimasto vincolato senza essere capace di evolversi con il cambiare dei tempi e del contesto.

Potrebbe ora essere interessante offrire nuovi contributi al dibattito promuovendo un’indagine sulla percezione degli insegnanti della scuola media, da cinquant’anni a questa parte, e sul ruolo e sulla valenza educativa delle medie, cosa che induttivamente si può ricavare già dagli articoli di questo numero di Libertà di Educazione. 

 

Maria Tripoli e Raffaele Mazzoni

 

[1] Una selezione di articoli usciti sui principali quotidiani negli ultimi mesi del ’62, utile per ricostruire il dibattito dell’epoca, è consultabile nella sezione “archivio” del sito della UilScuola.







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