ASSEMBLEA CDO 2011/ La testimonianza: la crisi, come l’ho superata e come l’ho vissuta

- La Redazione

L'intervento dell'imprenditore PAOLO ZANELLA, di un'azienda manifatturiera milanese, nel corso dell'assemblea generale della Compagnia delle opere tenutasi domenica scorsa

milano_duomo_guglieR375 Il Duomo di Milano

Pubblichiamo di seguito la testimonianza di Paolo Zanella, un imprenditore intervenuto all’Assemblea generale della Cdo, “Sulla strada della libertà”, di domenica 20 ottobre.

 Siamo una società partita da zero più di 20 anni fa, abbiamo la sede vicino a Milano e costruiamo robot e impianti automatici per l’industria meccanica. Seguiamo tutto il processo di sviluppo dei nostri prodotti:  partiamo dall’azione di proposta commerciale, procediamo poi con la progettazione, quindi costruiamo le macchine nelle loro varie parti e infine garantiamo l’assistenza post vendita per gli impianti consegnati. Vendiamo principalmente in Europa, e per alcuni dei nostri prodotti  abbiamo anche depositato  brevetti internazionali.

Con questa mia testimonianza, vorrei essenzialmente spiegare tre passaggi fondamentali per l’azienda: come ha potuto superare questi anni di crisi, cosa ci ha sostenuto in questo periodo e che impatto ha avuto a livello personale questa  situazione.

Cominciando dalla prima questione, è necessario dire che dalla fondazione fino al 2008 siamo progressivamente cresciuti, arrivando a superare  i 10 milioni di euro di fatturato.  Poi la crisi ha colpito, il lavoro si è dimezzato e si è imposta la necessità di ridimensionarci.

In questo ridimensionamento  ci ha aiutato l’attenzione che abbiamo sempre avuto per noi e per i nostri collaboratori a far crescere la capacità di “fare”.

Quando abbiamo dovuto chiedere a diversi dipendenti  di cambiare perché non c’era più  lavoro per loro, la professionalità sviluppata in azienda ha permesso che questo passaggio avvenisse rapidamente, perché ognuno aveva maturato un valore proprio. E’ stata comunque un’esperienza dolorosa e non semplice, ma vissuta quasi con tutti all’interno di un rapporto positivo.

Le capacità operative personali di ognuno ci hanno anche permesso di riportare all’interno tutte le lavorazioni che prima avevamo affidato a fornitori esterni, occupando tutti e  riuscendo ad evitare  la cassa integrazione.

L’anno più faticoso è stato il 2010, a causa di una ulteriore riduzione degli ordinativi rispetto al 2009. Abbiamo allora deciso di penalizzare il conto economico continuando a far lavorare tutti, progettando nuove macchine, costruendo prototipi di nuove attrezzature, senza cedere alla tentazione ragionieristica dei tagli drastici per chiudere il bilancio annuale nei canoni a cui eravamo abituati nel passato.

Abbiamo voluto credere nel valore  di ciò che realizziamo, considerando l’attività  in una prospettiva di più lungo periodo non limitata ad un singolo anno. Su questo impostazione siamo stati sostenuti dalle banche , con le quali, grazie al nostro direttore finanziario, abbiamo perseguito una politica di trasparenza e di comunicazione  continua costruendo negli anni rapporti e credibilità che in questa crisi abbiamo potuto portare all’incasso.

Infine quest’anno, anche se restiamo  nell’incertezza che ormai regna sovrana, possiamo dire di aver ripreso bene e chiuderemo un anno positivo nel quale diverse novità progettate l’anno scorso sono diventate macchine vendute.

Passando alla seconda questione, devo ammettere che sono state essenzialmente due cose ad aiutarmi a sostenere il peso di una situazione così dura:  il primo è stato il fatto di ricordare  il motivo che ci ha portato ad iniziare quest’avventura, cioè  il tentare di costruire un ambito lavorativo adeguato per noi e per chi avrebbe lavorato con noi.

Lavorando avevamo scoperto che  il “fare” è una possibilità  educativa interessantissima, e volevamo che questa possibilità continuasse nel tempo per noi e per tutti.

Quando domando “come va?” a Nino, uno dei nostri migliori saldatori, risponde inevitabilmente: “Sto costruendo”. Per noi questa risposta è una delle più grosse soddisfazioni di questa avventura.

Credo che chi conduce un gruppo di persone che lavora insieme , che condivide più di otto ore al giorno, che sia profit o non profit, abbia la responsabilità di cercare di creare un ambito nel quale chi partecipa possa esercitare la sua responsabilità, possa esprimersi, possa costruire.

Non è facile e non è da tutti, perché la prima cosa da chiedere è una responsabilità personale, e non tutti hanno la libertà e la disponibilità necessaria per  coinvolgersi su questo punto;  per molti il lavoro è purtroppo solo un’ineluttabile necessità.  

La seconda cosa che mi ha sostenuto è stata la compagnia: da un lato dei soci e di alcuni che lavorano noi, dall’altro di un gruppo di amici imprenditori della CdO che hanno, come me, la responsabilità della gestione di un’azienda.

Con loro si va al fondo delle questioni, si cerca un giudizio, la si “fa fuori” anche sui problemi più spinosi: questo “raccontarsi”, questo essere uno di fronte all’altro, permette di camminare e di giudicare ciò che viene fatto.

La responsabilità non ti è tolta, le scelte sono sempre tue,  ma hai la possibilità di tener conto di più punti di vista, di comprendere di più la realtà, e puoi sbagliare di meno.

Infine voglio dire  che questo ultimo periodo per me è stato un momento già vissuto in passato, in cui dalla certezza di uno stipendio sicuro a fine mese passai a dipendere dalle decisioni dei nostri clienti, e in me la consapevolezza che siamo tutti comunque e sempre  “dipendenti” da altro fece un grosso salto: guardando al passato quello è uno di quei periodi che si ricordano con maggiore stupore e riconoscenza.

Oggi questa situazione di instabilità è paragonabile a quel passaggio. Non ci sono più le presunte certezze sulle quali basavamo la strategia degli anni passati:  dobbiamo renderci conto con maggiore chiarezza che dipendiamo dalla realtà, che bisogna seguirla e che bisogna cambiare.

Lewis già nel 1955, (in “Sorpreso dalla Gioia”)  diceva: “Quel che mi piace dell’esperienza è che si tratta di una cosa così onesta. Potete fare un mucchio di svolte sbagliate; ma tenete gli occhi aperti e non vi sarà permesso di spingervi troppo lontano prima che appaia il cartello giusto. Potete aver ingannato voi stessi, ma l’esperienza non sta cercando di ingannarvi. L’universo risponde il vero quando lo interrogate onestamente.”

Ho stampato questa frase e l’ho appesa in ufficio di fronte alla mia scrivania: per uno come me che deve necessariamente operare continuamente delle scelte, avere la coscienza che è possibile seguire un’oggettività e non le proprie congetture è di grande conforto.





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