CRISI/ Fiorentini: persi 167mila posti di lavoro? Così l’impresa sociale rilancia Milano

- int. Giorgio Fiorentini

Attraverso quale innovazione imprenditoriale è possibile uscire dalla situazione che ha portato, in Lombardia, alla perdita di 167mila di posti di lavoro? Ce lo spiega GIORGIO FIORENTINI

Operaio_Tornio_ItaliaR400 Foto Imagoeconomica

Le “vittime” mietute dalla crisi sono in numero assai maggiore di quanto non si immagini. In Lombardia, negli ultimi 3 anni, 167mila persone, hanno perso il lavoro a causa sua. Si tratta di uno studio della Cisl basato su un’elaborazione dei dati dell’Inps. Posto il dilemma, vi è modo di uscirne? Secondo Giorgio Fiorentini, docente di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche interpellato da ilSussidiario.net, «l’attenzione finanziaria di un’impresa che, da subito, deve garantire redditività nei confronti di chi conferisce il capitale, non permette una grande capacità di penetrazione in un mercato dove i consumi sono in declino». In sostanza, occorre un salto di qualità. Non è pensabile mantenere lo status quo. «Un rilancio economico è possibile. Ma occorre inserire delle innovazioni nell’imprenditorialità. Perché lo startup delle aziende abbia successo, la via privilegiata è quella delle imprese sociali non profit ex lege 118/2005 e Dlgs 155/2006. Si tratta – spiega – di una forma imprenditoriale che permette di non dover assicurare, nell’immediato, il massimo della redditività per chi investe». Con vantaggi anche indiretti: «Anche il capitale edilizio può derivare, ad esempio, da finanziamenti da parte del privato che viene ricompensato semplicemente con quote societarie».

Non è escluso che imprese di questo genere possano assumere una natura industriale. «Il Tavernello, ad esempio, è prodotto da un consorzio di cooperative; la Cooperativa dei braccianti di Carpi realizza strade e infrastrutture; anche il Granarolo, inoltre, è prodotto da cooperative», afferma smentendo, tuttavia, che l’area metropolitana milanese possa tornare ad essere competitiva in tal senso: «Ho l’impressione che sarà difficile che riacquisti una dimensione industriale su larga scala. Ha di fronte a sé una concorrenza agguerrita a costi troppo elevati. Credo, in sostanza, che l’era della grande industria milanese sia terminata». Non tutto è perduto. «Certo, è possibile che le aziende che ho descritto si mettano in filiera con quelle tradizionali in grado di stare sul mercato internazionale». Secondo il professore, in ogni caso, che le imprese sociali, data la situazione attuale siano una scelta praticamente obbligata per rilanciare l’economia, lo si evince facilmente.

«I dati Excelsior del 2010 hanno dimostrato che questa formula imprenditoriale è l’unica che, dall’inizio della crisi, ha aumentato l’occupazione». A Milano, da tempo si parla di dar vita al polo della moda, settore sul quale in molti puntano per la ripresa. Pare, del resto, che il comparto del lusso sia tra i pochi che non ha risentito della crisi. «Le imprese sociali – conclude Fiorentini – vi si possono introdurre se sapranno collocarsi in una posizione di nicchia; ad esempio, nel settore della moda sostenibile. 

 

(Paolo Nessi)







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