IL CASO/ Charlie Hebdo, “solo il bello che viviamo può battere il nulla che ci attacca”

- Francesco Graffagnino

Tutto è nato dall'attentato del 7 gennaio. "Ci lasciamo coinvolgere dall'emozione ma poi ricadiamo nell'indifferenza". La risposta di alcuni studenti a Lecco. FRANCESCO GRAFFAGNINO

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Sul volantino hanno messo delle maschere bianche, anonime (per intenderci, a metà strada tra le maschere di Anonymous e quella che indossa la morte ne Il settimo sigillo). Alcune di queste, però, hanno uno sguardo vivo: sono occhi che si guardano intorno. Un gruppo di liceali di Lecco si è presentato così alla città. E l’incontro dal titolo “L’indifferenza ci uccide” di martedì scorso è stato il primo punto d’arrivo per questo movimento di studenti. La sala don Ticozzi era piena di gente. Sul palco, una decina tra i protagonisti di questo gruppo studentesco, che si è dato un nome decisamente battagliero, “Studenti in lotta contro il nulla”.  

Il primo tassello del domino che ha smosso le coscienze dei ragazzi è stato l’attentato a Parigi del 7 gennaio. In seguito alcuni studenti hanno avuto l’idea di creare il volantino per invitare alla serata di martedì spingendosi ben oltre i confini delle proprie scuole. Il risultato? 7.500 volantini distribuiti tra la città e i quattordici istituti di Lecco. 

A moderare l’incontro è Alessandro, al quinto anno del liceo, che inizia così: «Vi abbiamo invitato qui perché abbiamo visto su di noi un’indifferenza davanti ai recenti fatti di cronaca. Ci lasciamo coinvolgere sull’onda dell’emozione ma poi ricadiamo nell’indifferenza». E lancia una provocazione: cosa ci dà consistenza davanti al nulla? 

Il testimone passa a Benedetta:« Dopo i fatti di Charlie Hebdo ci siamo resi conto di come la nostra libertà diventasse solo un difendere una libertà di espressione». E infatti finita la moda dell’hashtag non se ne è parlato più. Cosa rimane una volta che si è infranta l’onda dell’indignazione? Continua Benedetta: «Nessuno è stato in grado di proporre qualcosa, di ridare spessore alla tanto cara libertà dell’Europa. Che cosa ce ne facciamo di una valore del genere?». Come può rinascere un’Europa che non ha niente da proporre? Un’Europa come spazio di libertà, come terreno di dialogo e incontro di ideali. La libertà assoluta deve essere sorretta da qualcosa che aiuti a costituire un individuo. Perché, ricorda ancora: «Questi terroristi hanno un ideale per il quale sono disposti anche a morire». E noi? Continua: «Abbiamo deciso di partire nel nostro percorso contro il nulla andando alle origini dell’Europa, della nostra identità. Cioè quando la cultura greco-romana ha incontrato il cristianesimo». 

Ma come colmare quel senso di impotenza e distacco che corre tra il nostro quotidiano e i grandi fatti della storia? Cosa ci tocca da vicino? Come provare a colmare questo gap? «Vivere la cultura come paragone tra quello che studiamo e la nostra esperienza», dice Maria, anche lei tra i relatori: «Come è possibile che Dante, quasi mille anni dopo ci aiuti a giudicare la nostra vita?». La risposta alla distanza e all’impotenza nasce quindi da questa esperienza di cultura. Non abbattendo ciò che ci ha consegnato il passato, ma arricchendolo di ciò che di più bello viviamo.

È la stessa via che ci conduce dall’indifferenza alla carità, o, se preferite, dall’elemosina alla vera carità. Spiega Beatrice: «L’esperienza della condivisione nasce quando vediamo qualcosa di bello e ci viene di comunicarlo agli altri. Come quando vado a passare il sabato pomeriggio in una casa di riposo per anziani. Scegliere di vivere come Cristo, è questo che mi trae dal nulla, che mi fa andare lieta a fare compagnia a chi si sente solo. Anche se ho quasi timore a dire una cosa del genere davanti a tante persone».

Ma la vera sfida per i ragazzi è iniziata con il momento di assemblea pubblica. Tanti gli interventi. Non faremo la rassegna dei più fantasiosi (che invocavano la complicità della Cia negli attentati), o di quelli che si sono lanciati in un’analitica storica poco conciliabile con la vita di tutti i giorni. O ancora, chi chiedeva le ragioni degli errori del passato della Chiesa. Ma per lo più dalla platea è venuto fuori un desiderio di capire meglio le motivazioni che avevano spinto i ragazzi ad organizzare  una serata del genere. E colpiva come a tutto questo, dal palco giungessero risposte che deviavano ogni intellettualismo sull’esperienza. Come ha avuto modo di ribadire Alessandro: «Non siamo qui per fare un discorso in difesa della Chiesa o per attaccare l’islam. Siamo qui per raccontare di noi, di come di fronte ai fatti drammatici della storia cerchiamo di non rimanere inermi».

Tra domande, risposte, osservazioni l’incontro qualcosa ha mosso, e in sala erano in tanti, tra studenti genitori e insegnanti. L’indifferenza ci uccide, è vero. Ma un manipolo di studenti di quindici, sedici, diciassette anni che si gioca la faccia in questo modo è una ragione sufficiente per svegliarci dal sonno. E il futuro, quello vero e concreto, di certo ha quelle facce lì. Scusate se è poco. 





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