SOLTANTO/ Matteo Terzi, la vera storia del Glen Hansard italiano: “Le chiavi di casa mia”

- Luca Franceschini

A volte non bisogna andare lontano per trovare storie di musicisti autentici. Ci sono anche in Italia. Ecco l'artista noto come Soltanto raccontato da LUCA FRANCESCHINI

terzimatteo_R439 Soltanto, artista di strada ma non... "soltanto"

Se vogliamo, la storia è banale. Il ragazzo che fa un lavoro ordinario e non è soddisfatto, la passione per la musica, un amore importante che finisce, la decisione di andare via, di cambiare vita. Il riscoprirsi cantante e chitarrista, autore di canzoni. Girare l’Europa per qualche anno. Incontrare un nuovo amore, in strada mentre si suona. Registrare e pubblicare un disco, col supporto delle persone che ti hanno seguito e ascoltato. 

Tutto già visto? Direi di sì. Al di là del fatto che è molto simile al copione di “Once”, la pellicola che fece conoscere al mondo il talento di Glen Hansard. O che la vicenda dell’uomo che molla tutto per seguire i propri sogni, che lotta e che combatte e alla fine li realizza, è stata al centro di una buona metà dei soggetti hollywoodiani degli ultimi decenni. 

Quindi, cosa dovrebbe esserci di interessante da dire, in una storia così? Nulla, se non fosse che questa volta è accaduta veramente. 

Matteo Terzi, in arte “Soltanto”, milanese, ha 28 anni e una laurea in Scienze Politiche. Tre anni fa si separa dalla sua ragazza e il dolore di quella perdita, unitamente ad una condizione lavorativa che non lo soddisfa, gli forniscono la spinta per tentare il grande salto. Imbraccia una chitarra, si ricorda che ha una bella voce, che sa cantare. Ha visto “Once”, ovviamente. Ha in mente Glen Hansard per le strade di Dublino ma anche il Noel Gallagher di “Wonderwall” e “Don’t look back in anger”, canzoni che assieme a quelle dei Coldplay hanno segnato il suo percorso musicale. E ha visto anche “Into the wild” (anche quella una storia vera, seppur finita male), di cui ha senza dubbio amato la colonna sonora firmata da Eddie Vedder. 

Ha deciso di lasciare indietro tutto e di girare l’Europa, zaino e chitarra in spalla, facendo l’autostop e godendo dell’ospitalità delle persone incontrate lungo la via, o su internet, negli appositi siti di room sharing. Per tre anni va in giro, muovendosi soprattutto tra Italia, Spagna e Francia, e vive da artista di strada, suonando le sue canzoni preferite e componendone lentamente anche di sue. 

Matteo è bravo e la gente si ferma spesso ad ascoltarlo. Il nome gira, complice anche i social network, facebook su tutti. Raggiunge qualche migliaio di contatti in breve tempo. Fino a che, nemmeno un anno fa, decide di lanciare una campagna di “crowd funding”, chiedendo alle persone che lo apprezzano e lo sostengono di contribuire finanziariamente alla realizzazione del suo disco di inediti. Offerta libera: in cambio, una “ricompensa” che va dalla menzione sul booklet del cd, copie gratuite del lavoro, esclusivi concerti a domicilio e altre sorprese di questo genere. 

Raccoglie 10mila euro in tre mesi. Trova i musicisti, entra in studio, registra. Nel frattempo, continua a suonare in strada anche se per ora solo a Milano e dintorni. 

Qualche settimana di lavoro e il disco, che molto eloquentemente si chiama “Le chiavi di casa mia”, è pronto. Per l’occasione, Matteo sceglie di presentarlo alla Salumeria della Musica di Milano, locale prestigioso da cui sono passati un bel po’ di nomi che contano, tra cui (come ricorderà emozionato lui stesso) il suo amato Noel Gallagher. 

La prima cosa che notiamo entrando nel locale è che è strapieno: ci sono circa 400 persone ed è abbastanza improbabile che siano tutti amici e parenti. 400 persone per la presentazione del disco di un artista esordiente, di cui finora è stato reso pubblico solo un brano: a prescindere da qualunque valutazione, è indubbio che qui si sta muovendo qualcosa. 

Alle 22 in punto, Matteo sale sul palco da solo, una maglietta di John Lennon con la scritta “Working Class Hero” e un sorriso timido e quasi impacciato, visibilmente colpito da tutta la gente che occupa ogni posto disponibile. 

Una delicata e minimale versione di “Fix You” dei Coldplay funge da antipasto, prima che la band al completo faccia la sua comparsa. “Le chiavi di casa mia” è il primo brano che viene proposto e anche l’unico che tutti già conoscono, visto che nei giorni precedenti è uscito come singolo, accompagnato da un video. L’atmosfera è raccolta e rilassata, come del resto lo stesso Matteo ha detto di volere a inizio serata. E lui stesso appare meno a suo agio sul palco rispetto a quanto potrebbe essere in strada. E’ solo una questione di atteggiamento però, perché quando canta e suona dimostra di avere personalità da vendere.
I brani del disco vengono suonati tutti e dimostrano di possedere davvero grandi potenzialità. Musicalmente si muovono su un indie pop di fattura forse più britannica che italiana, ma qua e là si avvertono richiami a grandi autori delle ultime generazioni come Niccolò Fabi, Samuele Bersani, Dente o Dario Brunori. Matteo dimostra davvero un talento non comune per le melodie vocali: al primo ascolto le sue composizioni possono sembrare banali o già sentite ma poi, al secondo e al terzo giro, ti conquistano e non ti escono più dalla testa. 

E’ così soprattutto per “Accanto” e “Ovunque sei”, che come la title track sono intrise di malinconia anche se per nulla tristi. Raccontano come è stato difficile guardare in faccia il dolore  e trovare la voglia di ripartire, a come neppure l’euforia del suonare in giro potesse bastare ad arrivare a fine giornata, a come il desiderio di una persona accanto a sé si facesse sentire sempre più intenso col passare dei giorni.

E’ il racconto di tre anni di vita, questo disco, e non mancano dunque gli episodi più spensierati, come “Piccola stupida” e “Montpellier”, fresche e leggere come non mai, davvero potenziali hit radiofonici. Quest’ultima funziona molto bene anche dal vivo, e viene infatti utilizzata in chiusura, per presentare la band. 

Band che, è il caso di dirlo, se la cava davvero bene. I musicisti sono gli stessi che hanno suonato in studio e infatti le versioni dei brani proposti questa sera sono del tutto identiche a quelle che ho avuto modo di ascoltare in anteprima. Menzione speciale per il chitarrista Simone Chivilò, che si è occupato anche della produzione, del pianista Diego Baiardi e della violoncellista Daniela Savoldi, che ha offerto alle canzoni un godibile tocco orchestrale, anche se dal vivo, causa forse una cattiva equalizzazione, non è stata molto presente. 

Paradossalmente, nonostante l’indiscutibile bravura dei musicisti, gli arrangiamenti risultano il vero punto debole del lavoro e anche questa sera lo si è visto. Non che siano brutti, ma l’impressione è che ci si potesse lavorare di più. Il tutto suona un po’ troppo standard, con poca differenziazione tra un brano e l’altro. Si fossero adottate soluzioni differenti e maggiormente coraggiose, sicuramente il prodotto complessivo ne avrebbe giovato. 

Tra un brano originale e l’altro non possono mancare le cover. Questa sera, giustamente, non sono molte ma sono, a quanto pare, quelle che più hanno contribuito a scrivere la storia di Soltanto: “The scientist” dei Coldplay, che galeotta fu nell’incontro con Alessandra, il nuovo amore di Matteo. Poi “You’re beautiful” di James Blunt, una delle preferite dalla gente in strada, e ovviamente “Falling Slowly” di Glen Hansard, pezzo forte del film “Once”. 

Nei bis, ancora una volta affrontati da solo, arriva una intensa “Don’t look back in anger” e poi una bellissima “Society”, il brano di Jerry Hannan già rifatto da Eddie Vedder per “Into the wild”. 

Brani semplici, immediati, di facile presa, qualcuno potrebbe dire anche “banali”. Ma questa sera non c’è spazio per sofisticati e pretenziosi intellettualismi. Stasera si va dritto al cuore della gente e le frecce che Matteo ha al suo arco si rivelano fin troppo efficaci. 

A chiudere il tutto, viene riproposta “Le chiavi di casa mia”. In acustico, chitarra e voce, come senza dubbio deve averla suonata migliaia di volte in giro. E a sentirla così, senza il supporto della band (che si unirà comunque a lui per gli accordi e i saluti finali) viene quasi l’impressione che avrebbe potuto anche entrare in studio da solo e registrare quei pezzi così, nudi come sono venuti al mondo. Non credo che ne sarebbero usciti ridimensionati: la loro forza sta tutta lì, nelle melodie e nelle parole, semplici ma sincere, cantate come si cantano solo le cose vere. 

Non so come finirà la storia di Soltanto. Oggi è al centro dell’attenzione, domani potrebbe scomparire. Si sa come va il mondo di oggi. Io però non credo che a lui questo importi. Il suo sguardo al termine della serata era lo sguardo di uno che ha lavorato duro e alla fine ce l’ha fatta, è riuscito a fare della sua più grande passione, la sua attività principale. Questo lo ha reso felice. E che lui sia felice, questa è la parte più bella della storia, questo è il motivo per cui vale la pena raccontarla. 

Ed essere, anche se in misura minima, parte della sua storia, forse potrebbe far bene anche a voi: comprate “Le chiavi di casa mia” e non ve ne pentirete. E tenete d’occhio il sito di Matteo (www.soltanto.net) o la sua pagina facebook. Chissà mai che passi presto dalle vostre parti con la sua chitarra… 





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