ERIC CLAPTON/ “Layla”, un amore impossibile che compie quarant’anni…

- Paolo Vites

La ristampa dell'album di Eric Clapton, uscito a nome Derek and the Dominos, del 1970, Layla and Other Assorted Love Songs. La storia di uno dei più grandi dischi di Clapton, di PAOLO VITES

layla_R425 La copertina di Layla and Other Assorted Love Songs

Avere poco più di vent’anni e vedere il tuo nome sui muri di Londra associato a quello di Dio, può evidentemente dare alla testa. Quel chitarrista dai lunghi capelli, quello che i suoi fan descrivevano come un Dio, tanto da scrivere appunto “Clapton is God” sui muri della Swinging London, gli eccessi della fama li avrebbe pagati a caro prezzo. Per un destino bizzarro, avrebbe visto morire uno dopo l’altro alcuni dei suoi migliori amici, tutti chitarristi  come lui. Lui invece la pellaccia l’avrebbe salvata. Forse aveva fatto anche lui un patto con il demonio, come il suo idolo assoluto, quello che lo aveva ispirato per primo a prendere in mano una chitarra da ragazzino e imparare tutti i suoi blues da un vecchio 78 giri.

Di Robert Johnson, un giovanissimo Clapton aveva non a caso inciso uno dei suoi brani più oscuri e minacciosi, quella Crossroads che cantava di incroci stradali a tarda notte e di incontri paurosi, per vendersi l’anima in cambio della dote di suonare la chitarra. Quella incisione lo aveva reso un “dio della chitarra”. Il che è un po’ una contraddizione, ma mica tanto. La morte si sarebbe portata via i suoi amici e rivali uno dopo l’altro (Jimi Hendrix, George Harrison, Duane Allman, Stevie Ray Vaughan) e lui no, quasi avesse fatto veramente un patto con il diavolo. Ma l’eccesso di droghe e  la vita spericolata che proprio quella Swingin’ London celebrava come l’alba di un nuovo mondo lo portò in fondo al baratro.

Alla fine dei 60, attraversati da protagonista assoluto prima con gli Yardbirds, poi con John Mayall e i suoi Bluesbreakers e infine con i Cream, Eric Clapton era alla frutta: osannato e adorato per il suo inimitabile stile chitarristico che anche Hendrix gli invidiava, ma anche solo e con il cuore spezzato. La fama, il jet set, la bella vita, l’essere continuamente esposto alle richieste assordanti di migliaia di fan in delirio, lo avevano ridotto a uno straccio. Non gli bastavano più. E si era anche innamorato perdutamente della moglie del suo miglior amico, Patty Boyd. L’amico era George Harrison, il Beatle per il quale aveva suonato la chitarra nella sua magnificente While My Guitar Gently Weeps. Brutto affare. Per sostenersi in tanta  tristezza, la droga, la medicina più facilmente disponibile per ogni dio del rock. E l’idea di cambiare aria.

Succede così che Clapton in quell’ultimo scorcio degli anni 60 si sposta nel Sud degli States, dove fa amicizia con un gruppo di musicisti sani, che alle droghe preferiscono magari una buona bottiglia di Bourbon e che ai fan adoranti preferiscono scambiarsi chitarre e canzoni sul portico di una fattoria della Georgia o dell’Alabama. Sono Delaney and Bonnie, fanno musica roots, imbevuta di soul, gospel e rock, e Clapton (come peraltro anche Harrison, dannazione…) se ne innamora. Comincia a suonare un altro tipo di musica, anche se il vecchio blues è sempre nell’anima.

E con alcuni di questi musicisti nei primi mesi del 1970 decide di andare in studio. Praticamente ruba la sezione ritmica di Delaney and Bonnie (il bassista Carl Radle e il batterisa Jim Gordon) e il loro tastierista, Bobby Whitlock, e con il formidabile produttore Tom Dowd (già con Aretha Franklin) entra ai Criteria Studios di Miami, in Florida. Ed è qui, da un cuore spezzato e da un bisogno di musica come ancora per rimanere aggrappato al mondo, che nasce uno dei dischi più straordinari di tutta la storia del rock. Che non può che essere che un disco di canzoni d’amore – e infatti si intitolerà “Layla and Other Assorted Love Songs” – anche se si tratta di un grido d’amore disperato e tracimante sangue.

Layla, per la cronaca, oltre a essere la canzone che dà il titolo al disco, è anche lei, l’amata e irraggiungibile Patty Boyd. Nel disco arriverà poi un ospite a sorpresa, che lo renderà ancora più straordinario, il miglior chitarrista slide americano del momento, leader della miglior rock band allora in circolazione, la Allman Brothers Band. Il suo nome è Duane Allman. Insieme, riempiranno i solchi, di quello che sarà un doppio ellepì, delle più accecanti, strazianti, debordanti, appassionanti parti di chitarra mai registrate prima e anche dopo. Pezzi lunghissimi, tutti nati dalla improvvisazione in studio, con crescendo tumultuosi, proprio come quelli di un cuore che impazzisce di un amore non ricambiato. Se il blues ha mai avuto un significato, lo trova proprio in “Layla and Other Assorted Love Songs”: ancor più che quando incise Crossroads, un tentativo di un ragazzetto di inseguire il fantasma del suo idolo e ispiratore, adesso Eric Clapton quel blues a lungo inseguito ce l’ha tatuato con il sangue a fuoco nell’anima e sulla pelle. Il blues che si ascolta qua dentro è terrorizzante e lancinante: Why Does Love Got to Be So Sad, perché l’amore deve essere così triste; Have You Ever Loved a Woman, hai mai amato una donna? Tutte canzoni con un punto interrogativo, a cui Clapton scambiando con Allman assolo feroci e sbudellanti, teneri e dolcissimi allo stesso tempo, chiede con veemenza una risposta.

Sono brani antichi come la storia del mondo, incisioni di sconosciuti bluesmen, oppure sono canzoni scritte appositamente da Eric con il pianista Whitlock. Ma una cosa è chiara: in quegli studi, nei Criteria Studios di Miami, non si sta solo facendo musica, si sta combattendo una battaglia per la vita e la morte. E attraverso una ripresa migliore anche dell’originale di Little Wing dell’amico Hendrix e altri blues sanguinanti come Key to the Higway, ma soprattutto l’autografa Bell Bottom Blues (uno dei gridi di dolore più potenti della storia del rock) si arriva al cosmico momento conclusivo. Layla (e dimenticate la versione da yuppie in ascensore, quella acustica che ne fece lo stesso Clapton vent’anni dopo per Mtv). Uno dei riff immortali della storia  del rock, una suite divisa in due tempi: l’urlo rabbioso e disperato che si stempera nelle note lunari della slide di Allman, per poi lasciare che il pianoforte conduca alla fine, al riposo e alla tenerezza di una speranza finale attraverso una melodia di incanto unico.

Duane Allman morirà in un incidente di moto meno di un anno dopo l’uscita di questo disco. Clapton sprofonderà nell’inferno dell’eroina per uscirne sano e salvo, tirato fuori letteralmente per i capelli dall’amico Pete Townshend e anche da George Harrison. E Layla-Patty Boyd? I due riusciranno, quasi dieci anni dopo, a sposarsi e a coronare quell’impossibile storia d’amore. Clapton riuscirà anche a conservare l’amicizia con George Harrison. Layla e il re del blues divorzieranno però pochi anni dopo, segno che neanche un disco come questo può condurre all’amore definitivo.

Nel quarantennale della sua uscita, che comunque cadeva nel 2010, questo disco esce in versione ampliata, rimasterizzata, arricchita e onorata. In due versioni, una di quattro cd e una in doppio cd. Quella su quattro cd contiene oltre al disco originale rimasterizzato finalmente in modo adeguato dopo diverse ristampe deludenti, anche la versione in dvd audio Dolby Surround 5.1. Quindi è stato incluso nel cofanetto il live di Derek and the Dominos che era stato pubblicato un anno dopo circa, già disponibile su cd. Si tratta, pur senza la presenza di Duane Allman, di uno dei migliori dischi live di blues moderno, In Concert, una carrellata per sentire come suona la chitarra di Dio. Perché se Clapton non è Dio, sicuramente è il Suo chitarrista preferito.

Poi diversi inediti. Sei brani che furono registrati ai tempi per un secondo album della band che invece non uscì mai; quattro performance registrate live al programma televisivo “The Johnny Cash Show” incluso un duetto con Carl Perkins; due brani prodotti da Phil Spector pubblicati su un rarissimo 45 giri subito ritirato dal mercato.  Il cofanetto contiene anche un libro con note a cura di Ashey Kahn e contenente foto rare inedite di quelle sedute di registrazione, e poi – per la gioia di noi fan – Spille badge, riproduzioni dei biglietti dei concerti del tour di Derek & The Dominos e altri gadget. Il cofanetto esce il 22 marzo.





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