SCIENZ@SCUOLA/ I laboratori scientifici del Seminario di Venegono. Una didattica creativa per la Scuola Secondaria

- Natale Castelli

Il Seminario Arcivescovile di Milano apre alle scuole i Laboratori scientifici e il Museo con exibit frutto della passione per la cultura scientifica e della creatività di alcuni artigiani.

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È ancora possibile insegnare le scienze sperimentali, ai diversi livelli di scuola, senza operare riduzioni approssimative sul piano dei contenuti e soprattutto del metodo che le caratterizza? Questo contributo presenta, in particolare per la Fisica, una via ampiamente sperimentata che coniuga semplicità e rigore; pur offrendo occasioni di apprendimento accattivanti nella forma degli exhibit evita la riduzione ludica fine a se stessa. La visita ai laboratori scientifici diventa per gli studenti una possibilità reale e stimolante di incontro con la dimensione sperimentale delle scienze della natura e per gli insegnanti un percorso breve ma pregnante di formazione a livello didattico.

Da alcuni anni le scuole secondarie di primo e secondo grado possono visitare i laboratori scientifici del Seminario Arcivescovile di Milano che ha sede in Venegono Inferiore, in provincia di Varese. Una équipe formata da due sacerdoti e diversi tecnici accoglie gli studenti e li guida nel percorso didattico. I due sacerdoti sono Adriano Sandri e lo scrivente che insegnavano rispettivamente Scienze e Fisica nel Liceo Classico del Seminario. Alla chiusura del Liceo avvenuta nel 2002 essi hanno dato vita a questa proposta con lo scopo di non perdere la loro esperienza didattica e il vasto materiale dei laboratori di Chimica e Fisica e del Museo.
L’apertura alle visite scolastiche ha permesso di far rivivere un settore del Seminario che sarebbe stato destinato all’oblio. Inoltre l’allestimento del nuovo reparto dedicato agli exhibit ha dato via libera alla creatività di alcuni artigiani che li hanno realizzati, in particolare Piero Fanchin. Alla fine della visita gli studenti ripartono entusiasti con una immagine positiva del Seminario, luogo di per sé dedicato alla formazione del futuro clero nella sezione teologica, oltre che con un interesse accresciuto nel campo della cultura scientifica.

La storia «scientifica» del Seminario
La storia «scientifica» del Seminario La costruzione del Seminario in Venegono Inferiore risale al 1928 per iniziativa del futuro Cardinal Schuster. Già nel 1930 i primi studenti di teologia e del liceo affollavano il grande edificio. Da allora i laboratori scientifici e il museo sono stati utilizzati per la scuola liceale fino al 2002. Inoltre un osservatorio meteorologico pubblicava annuari fino ai primi anni Novanta, utilizzati anche dal Centro Geofisico Prealpino. La storia scientifica del Seminario è anteriore alla costruzione della sede attuale. Due sacerdoti scienziati di tutto rispetto hanno interagito con i Seminari Milanesi nel XIX secolo: Antonio Stoppani (1824-1891) prete ambrosiano e insegnante nei Seminari, a cui è dedicato il Museo e Giuseppe Mercalli (1850-1914) suo allievo. Nel XX secolo possiamo ricordare la figura di tre sacerdoti diocesani: Carlo Borghi (1910-1984) fisico teorico, Pietro Silva insegnante nel Liceo di Venegono fino al 1953 e autore di testi di Fisica editi da Paravia che ebbero grande diffusione nelle scuole secondarie negli anni Sessanta e Settanta e Elio Gentili, entomologo, attuale responsabile del Museo.

Una mattinata tipo

I visitatori vengono divisi in quattro gruppi di circa quindici studenti. Ogni gruppo dedica mezz’ora a ciascuna delle quattro sezioni.
Nel Laboratorio di Fisica vengono proposti esperimenti che sviluppano un tema unitario, concordato precedentemente con gli insegnanti accompagnatori. Il Laboratorio di Chimica presenta esperimenti di carattere più spettacolare utilizzando materiali quali sodio o potassio o le trasformazioni di stato con l’impiego di azoto liquido. Nel Museo di Scienze Naturali gli studenti sono invitati a riconoscere animali a partire da schede che propongono una sorta di caccia al tesoro tra le vetrine. Sono presenti anche reperti fossili raccolti da Antonio Stoppani. Infine la Collezione di exhibit (circa sessanta) permette di interagire nella forma del gioco con concetti anche non semplici.

La collezione di exhibit

Una sottolineatura particolare si può riservare al fenomeno exhibit. Da qualche decennio si sono sviluppati musei scientifici non tradizionali che permettono un approccio divertente alla scienza. L’antesignano di questo stile è Michael Faraday (1791-1867) che presentava esperimenti curiosi nelle sue «conferenze di Natale».
Il più importante esempio di questi musei è l’Exploratorium di San Francisco, iniziato nel 1969 da Frank Oppenheimer (1912-1985), al quale si sono ispirate le altre grandi strutture diffuse oggi in ogni continente. Negli anni Novanta Pietro Cerreta ha favorito la diffusione in Italia della cultura degli exhibit curando l’edizione italiana del cookbook dell’Exploratorium [Gli esperimenti dell’Exploratorium, a cura di P. Cerreta, Zanichelli, Bologna, 1996] e promuovendo la mostra itinerante intitolata «Le ruote quadrate», tutt’oggi in essere.
Partecipando a questa mostra con un exhibit, il Liceo del Seminario iniziò la collaborazione con il pool di Cerreta, a cui va la riconoscenza per lo stile didattico intrapreso e mai abbandonato.

Questo stile ha permesso al Seminario di far crescere l’attenzione alla didattica della Fisica nella sezione psicopedagogica che era attiva in quegli anni.
L’exhibit è una sorta di «giocattolo» che permette un approccio immediato e curioso a un fenomeno naturale. La curiosità diventa una porta di ingresso per far entrare l’interesse nella mente degli studenti, interesse che spesso è spento dal formalismo se a questo si riduce il primo approccio alla Fisica.
La possibilità di interagire manualmente con oggetti quali un armonografo o un giroscopio collocato su un seggiolino girevole permette di intuire concetti impegnativi come per esempio il moto armonico o i principi di conservazione. Questa intuizione potrà in seguito trasformarsi in desiderio di approfondimento. La mano è sempre collegata al cervello e questo collegamento dura per tutta la vita.
Infatti l’exhibit si propone ai visitatori indipendentemente dall’età e il percorso di ricerca può iniziare da un exhibit nelle scuole di ogni grado. L’approccio intuitivo e manuale permette l’accesso alla scoperta anche agli studenti ritenuti meno capaci, al punto che per tutti si può parafrasare un famoso motto dicendo «guardare e toccare è una cosa da imparare». Qualcuno potrà chiedersi se esista una scienza informale accanto a una scienza che si esprime utilizzando un formalismo adeguato.
Possiamo paragonare il sapere informale alla vignetta satirica che in prima pagina presenta una questione di attualità e il sapere formale all’articolo di fondo che sviscera in modo approfondito diversi temi con un’esposizione completa. Non è forse vero che l’immediatezza della vignetta cattura l’occhio e invita ad approfondire il pensiero leggendo con più attenzione l’articolo di fondo?
La collezione di exhibit, più che il singolo exhibit, esplora da più lati un argomento e invita a trattarlo in laboratorio con un esperimento. È il caso degli exhibit che presentano la scomposizione della luce bianca per interferenza utilizzando una lastra di acqua e sapone, per polarizzazione con filtri polaroid e nastro adesivo, per rifrazione con un prisma inserito in un tubo di cartone che funge da rudimentale spettroscopio, per cancellazione di colori primari producendo ombre colorate: la percezione del colore invita alla progettazione di esperimenti che indaghino l’ambito della spettroscopia.

 

 

Una Fisica per concetti

 

Concentriamoci ora sul laboratorio di Fisica, lasciando sullo sfondo il laboratorio di Chimica e il Museo.
La tipologia di «uscita scolastica» in cui rientra la visita al Seminario obbliga a una presentazione della Fisica più per concetti che non per formule.
Passando dalla sala degli exhibit al laboratorio di Fisica cresce il rigore non nella formulazione matematica, ma nel precisare il «che cosa si osserva».
Anche quando si considera una grandezza o una legge si predilige lo stile di Faraday più che quello di Ampére, la ricerca dell’essenza del fenomeno più che la sua formulazione matematica.

 

Connessioni all’interno della Fisica

 

La presentazione «per concetti» facilita la connessione tra diversi capitoli della Fisica. Prendiamo per esempio il concetto di spettro continuo e discreto che accomuna acustica e ottica. L’utilizzo di software freeware, per esempio Audacity (http://audacity.sourceforge.net/), consente di raccogliere segnali acustici con microfoni a bassissimo costo.
Si possono analizzare nella opzione oscilloscopio funzioni sinusoidali prodotte da vari diapason e illustrare le caratteristiche principali dei fenomeni ondulatori. Nella opzione analizzatore si mostra lo spettro continuo prodotto dal semplice rumore e lo spettro discreto prodotto da vari diapason suonati contemporaneamente o dalla voce di uno studente.
Passando alla spettroscopia ottica si può applicare una webcam all’oculare di uno spettroscopio a prisma e mostrare vari spettri, quello continuo di una lampada a incandescenza, quello formato da una sola riga prodotto da un laser osservato attraverso uno schermo traslucido, lo spettro a righe delle lampade a gas. Nascerà spontanea l’analogia tra il rumore e il colore bianco, tra il silenzio e il nero, tra il singolo diapason e il laser, tra la voce umana e la lampada a gas.

 

Protagonisti

 

Può essere istruttivo legare alcuni percorsi ai nomi dei protagonisti. Rimanendo nella meccanica si può associare al nome di Galilei tutto ciò che riguarda i moti di corpi sottoposti a gravità mantenendosi nell’aspetto cinematico. Si parte dalla regola del piano inclinato fatta scoprire agli studenti come relazione tra scansione regolare del tempo e posizione proporzionale ai numeri 1, 4, 9, 16.
Si rileva la stessa regolarità raccogliendo con un microfono il rumore della caduta verticale di dadi metallici legati in una cordicella in queste stesse posizioni: l’osservazione del grafico dei segnali nel tempo mostra una scansione regolare. Questo permette anche di valutare quale sia lo strumento di misura adeguato a seconda del «che cosa si vuole osservare».

Lo stesso tipo di regolarità viene ritrovata poi nel cosiddetto «calcolatore» di Galileo, una rampa di lancio che consente di ottenere le radici quadrate dei punti di partenza osservando la gittata di una pallina.
Un secondo personaggio, Newton, può essere associato al concetto di forza presentando per esempio i principi della dinamica ponendo una livella su uno slittino che scorre con poco attrito su una rotaia a soffio d’aria.
Lo spostamento della bolla indica il senso della forza in gioco. La stessa livella posta su una piattaforma rotante mostra, nello spostamento della bolla verso il centro, l’esistenza della forza centripeta risolvendo l’equivoco generato dall’improprio ricorso alla forza centrifuga.
L’utilizzo del concetto di forza che lega questi passaggi suggerisce la possibilità di assumere una grandezza come idea guida per un percorso di ricerca. Per esempio la grandezza di non facile comprensione quale il potenziale elettrico può essere messa in evidenza in una serie di esperimenti di elettrostatica capaci di per sé di suscitare attenzione anche negli studenti meno interessati. Non è raro che la curiosità data dalla domanda «su quante migliaia di volt siano in gioco» si trasformi in interesse nell’approfondire il concetto di volt.

 

Un percorso di elettromagnetismo
Partiamo, per esemplificare, da un possibile percorso di elettromagnetismo. Si può considerare la legge di Faraday-Lenz in forma matematica, ma interpretandola con il grafico che si ottiene estraendo un magnete da una bobina collegata a un oscilloscopio digitale.
L’immediatezza del software permette di misurare, con lo spostamento del mouse, l’area della curva della tensione rispetto al tempo. Variando la rapidità di estrazione del magnete l’area si mantiene costante e rende evidente il «che cosa si osserva», cioè la grandezza «flusso del campo magnetico» presente nella formula.
Questa grandezza si può interpretare concretamente come una specie di risorsa energetica che dipende dal magnete e dal numero di spire. Cambiando magnete o bobina, cambia l’area. Nasce spontanea la domanda su «che cosa si osserva» che predispone alla comprensione della legge.

La storia della Fisica
L’attenzione alla storia della Fisica ricorda che il concetto di induzione elettromagnetica è successivo al vero inizio, cioè alla semplice constatazione che una corrente elettrica produce un campo magnetico. Questa fase iniziale si sviluppa attraverso gli esperimenti di Oersted, di Faraday e di Ampére ed è rappresentata dal modello del motore elettrico, cioè dal fatto che la corrente elettrica può mettere in moto qualche cosa, quindi si fa riconoscere come una sorta di energia.
Partita la sfida all’inverso, cioè se un campo magnetico possa generare una corrente, si giunge agli esperimenti di Faraday sull’induzione elettromagnetica, che trova un illustre rappresentante nel generatore elettromagnetico, per esempio nella dinamo. Il fatto che non basta lasciare un magnete vicino a una bobina ma occorre muoverlo, spiega perché questa scoperta sia arrivata una decina di anni dopo Oersted: doveva essere messo in luce il concetto di energia, nel movimento del magnete, che si trasforma da meccanica a elettrica.
Si può osservare che prima nasce il motore, poi il generatore. Questi esperimenti sono facilmente realizzabili alla cattedra e proponibili nella corretta sequenza storica.

La scelta di materiali adeguati
È importante anche la scelta di materiali adeguati a mettere in luce l’effetto cercato, altrimenti si rischia di non percepire alcuni fenomeni. La facilità con cui si osserva la deviazione di un ago magnetico posto nei pressi di un filo percorso da corrente spiega perché quello di Oersted fu il primo esperimento della serie. Se si vuole rendere evidente la forza sul filo immerso in un campo magnetico nell’esperimento di Faraday è meglio utilizzare una striscia di alluminio per alimenti, molto leggera. La repulsione tra due fili percorsi da correnti discordi può richiedere, nell’esperimento di Ampére, l’uso di una saldatrice che offre una intensità di corrente notevole a bassa tensione. Questi accorgimenti mettono in risalto il risultato di un esperimento con una visibilità immediata.
Risulta di facile comprensione esprimere le stesse cose con il concetto di forza di Lorentz, utilizzando una lampadina a filamento lungo in carbone alimentandola prima con corrente continua poi alternata. Il filamento molto flessibile nel primo caso è semplicemente respinto o attratto da un magnete, nel secondo si pone in vibrazione. Questo effetto suscita molto stupore. La visibilità spettacolare offerta dall’anello di Thomson e dal pendolo di Waltenhoffen aiutano a intuire il significato della legge di Lenz.
Infine è possibile motivare un atteggiamento di risparmio energetico facendo pedalare uno studente su una bicicletta collegata a un grosso generatore che alimenta l’illuminazione di un albero di Natale. Lo studente si accorge a proprie spese che conviene spegnere la luce quando non serve, perché pedala senza fatica se il circuito è aperto, ma fa molta fatica quando si chiude il circuito accendendo l’albero.

 

 

 

Bellezza e regolarità

 

Il termine greco κόσμος significa Universo, ma anche buon ordine o ornamento. In Italiano otteniamo sia Cosmo che cosmetico, ordine e bellezza.
La Fisica si presta a entrambi i significati, mostrandosi attraente non solo negli aspetti di bellezza colti immediatamente in un exhibit, ma anche nell’invito a ricercare regolarità nei fenomeni osservati. L’acquisizione on line dei dati di un esperimento è resa possibile facilmente utilizzando strumentazione e software adeguati, per esempio CASSY Lab.

L’interfaccia acquisisce segnali in tensione e si presta a impostare esperimenti nel campo dell’elettricità, come l’analisi del comportamento di circuiti, ma anche negli altri campi della Fisica.
Facendo passare uno schermo a pettine attraverso una barriera luminosa utilizzata come cronometro si possono raccogliere tabelle di dati relativi a grandezze meccaniche. Oltre che presentare i grafici tipici della cinematica è possibile far apparire la differenza tra il rimbalzo di una palla di gomma e l’oscillazione della stessa palla agganciata a una molla.
Presentando in grafico la tabella delle coppie di dati tempo e velocità, nel primo caso apparirà un andamento a dente di sega, nel secondo una sinusoide. Nel confronto dei grafici si coglie non solo la differenza a colpo d’occhio tra azione della forza costante e della forza elastica, ma anche la bellezza del poter interpretare un fenomeno con un modello, cioè con uno schema mentale che mette in evidenza un aspetto particolare della questione. In acustica un particolare effetto estetico è garantito dalla possibilità di disegnare con il suono le innumerevoli figure di Lissajous collegando due tastiere a un oscilloscopio.

 

 

Modelli interpretativi

 

Un altro modo di presentare un percorso tematico è quello di utilizzare un particolare modello interpretativo. Per esempio assumendo il modello classico della teoria cinetica dei gas si può progettare un bel percorso intorno al tema «la materia è fatta di atomi». La partenza è l’osservazione dei moti browniani applicando una testata digitale a un microscopio ottocentesco. Si può osservare la proiezione della suggestiva immagine del moto a zig zag di particelle di fumo illuminate da laser lateralmente (in molti studenti questa immagine funge da dissuasore nei confronti della sigaretta).
Si procede poi con un modello meccanico di moto molecolare o con un’opportuna applet che permette di collegare il concetto di energia cinetica delle particelle al concetto di temperatura del materiale.
Altri esperimenti chiariscono l’opportunità dell’adozione del termine energia interna lasciando da parte il termine più equivoco di calore: è il caso dello scioglimento di una goccia di inchiostro in acqua a diverse temperature, o dell’utilizzo di un piccolo motore Stirling, o del ricorso a una pompa a vuoto per mostrare che l’ebollizione è un processo di raffreddamento.
La visione microscopica data dal modello assunto all’inizio permette di seguire i vari passaggi con facilità e di cogliere il significato delle grandezze classiche della termologia quali pressione e temperatura.

 

 

Varietà di strumenti

 

Nel laboratorio del Seminario si mostra anche l’opportunità di un approccio vario nella strumentazione. Si possono utilizzare strumenti di misura di nuova acquisizione che permettono di raccogliere dati on line per gestire immediatamente tabelle traducibili in grafici.
Diventa immediata la comprensione del concetto di integrale dell’intensità di corrente che dà la misura della carica elettrica contenuta in un condensatore che si scarica. Oppure si possono rivalutare strumenti antichi quali la macchina di Wimshurst o la bottiglia di Leida per ripercorrere l’affascinante percorso storico dei primi protagonisti degli studi sull’elettricità.
L’utilizzo di ottime applets [http://phet.colorado.edu/] permette la simulazione di fenomeni che richiederebbero un impegno economico notevole e nello stesso tempo ne facilita la comprensione: un esempio fra tanti è l’esecuzione virtuale dell’esperimento dell’effetto fotoelettrico. Si può ricorrere a giochi che sostituiscono strumenti costosi: è il caso dell’automobilina a idrogeno che utilizza una fuel cell, acquistabile in un negozio di giocattoli.
Tra il software utile in versione free si può citare l’eccellente Tracker [www.cabrillo.edu/~dbrown/tracker/] che analizza i moti lavorando su video acquisiti con fotocamera. Infine la giungla di video scientifici su Youtube è sterminata. La maggior parte di questa strumentazione è a disposizione gratuitamente e il ricorso a materiali poveri costituisce un invito alle scuole a diffondere lo stile dell’esperimento. Si stanno diffondendo offerte formative a domicilio che propongono con appositi kit di lavorare hands-on cioè «con le mani in pasta».
La visita al laboratori del Seminario invita ogni insegnante a sperimentare nello stesso modo con creatività, senza ricorrere a esperti.

 

 

Il sito Fisica in video

 

Questo articolo potrebbe continuare all’indirizzo www.fisicainvideo.it dove i gestori dei laboratori del Seminario pubblicano esperimenti di Fisica curando la qualità del montaggio e la chiarezza espositiva.
La serie di esperimenti è siglata con il logo Provare per credere che sintetizza il metodo scientifico e può essere approfondito visitando il sito. È illustrato anche il gemellaggio in atto con il Liceu Joao XXIII di Bissau a sostegno del suo laboratorio di Fisica e Chimica.
Negli ultimi due video della sezione Introduzione si interpreta l’indagine umana, di cui quella scientifica rappresenta un aspetto, invitando a porsi di fronte al mistero della realtà osservata con lo stesso stupore con cui ci si pone di fronte a un’opera d’arte.

 

 

Natale Castelli
(Già docente di Fisica al Liceo Classico presso il Seminario Arcivescovile di Milano con sede in Vengono Inferiore, Varese, Parroco a Milano.)

 

 

 

 

© Pubblicato sul n° 44 di Emmeciquadro







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