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Home » Cronaca » IL CASO/ 1. Cimitero dei feti, violenza sulla donna o pietà umana?

  • Cronaca

IL CASO/ 1. Cimitero dei feti, violenza sulla donna o pietà umana?

Int. Carlo Bellieni
Pubblicato 29 Luglio 2011
ecografiar400

Foto: Fotolia

Dopo la notizia del protocollo di intesa che garantisce la sepoltura di tutti i "bambini non nati", quindi dei feti abortiti, CARLO BELLIENI spiega perchè non farlo sarebbe la vera violenza

“Una violenza psicologica sulle donne”. E ancora: “Scelta ideologica di natura religiosa a danno della salute della donna”. Sono le critiche mosse da esponenti del sindacato Fp-Cgil Medici dopo la notizia del protocollo di intesa approvato con delibera del 22 luglio scorso tra l’Azienda Ospedaliera S. Anna e San Sebastiano di Caserta e l’Associazione Difendere la vita con Maria, con sede a Novara. In che cosa consiste questo protocollo? Il fine è quello di garantire la sepoltura di tutti i “bambini non nati”, in pratica i feti abortiti. Nei fatti, a Caserta, verrà disposto nel cimitero comunale uno spazio apposito dove seppellire i bambini non nati. Sulla polemica è intervenuto anche il sottosegretario Roccella, che parla “scelta di civiltà e umanità”. Di fatto, in Italia esistono già regolamentazioni analoghe, ad esempio quella della Regione Lombardia che risale al 2007 che chiede alle direzioni sanitarie di informare i genitori della possibilità di seppellire i feti di età inferiore alle 20 settimane. In caso di mancanza di richiesta da parte dei genitori, si provvede ugualmente alla sepoltura in un’area riservata dei cimiteri. IlSussidiario.net ha raggiunto il neonatologo Carlo Bellieni per un commento.


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Professor Bellieni, come mai tante polemiche? In merito nel nostro Paese esiste una normativa chiara…

Assolutamente sì. Esistono nel nostro Paese leggi che tutelano il dritto prima di tutto per le donne che lo richiedono alla sepoltura del bambino morto prima di nascere. Il fatto poi di genitori che non richiedono di seppellire tali bambini morti per aborto volontario e voler farlo lo stesso, è un atto di umana pietà che sicuramente tutela il diritto di chi è deceduto di avere una degna sepoltura e di non essere trattato come un rifiuto. L’alternativa infatti per il bambino morto prima di nascere è di essere gettato via, e gettare via un corpo umano non è accettabile.


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Le critiche a tale iniziativa sono motivate da accuse di “violenza psicologica sulla donna”.

Davanti alla critica di fare del terrorismo, violenza sulle donne, appare evidente che chi dice questo sottovaluta fortemente le donne. Perché se si dice che la donna quando abortisce fa una scelta decisa, sicura e autonoma e poi quando si tratta di vedere effettivamente quello che ha fatto, quindi guardare in faccia la realtà, questa donna che prima era autonoma adesso improvvisamente diventa pavida e incapace di accettare la realtà, c’è qualcosa che non va. O la donna è libera e autonoma sempre, oppure non aveva chiaro cosa sta veramente facendo quando abortisce.


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Può spiegare meglio questo passaggio?

 

Se si è certi che quando si abortisce si getta via del materiale inerte, perché preoccuparsi se qualcuno vuole che non venga buttato con la spazzatura ma seppellito? Se invece non si è certi, bisognerebbe semmai riflettere, non “far finta che”. Negli Stati Uniti ad esempio in molti Stati alla donna prima che abortisca le viene mostrata una ecografia in cui si vede bene il bambino che ha in pancia, in modo che sappia quello che sta per fare.

 

Chi critica questa possibilità di seppellimento parla anche di forzatura ideologica religiosa nella salute delle donne.

Chiariamo questo: per legge oggi è già possibile avere il seppellimento dei feti nati morti o abortiti se i genitori lo richiedono. Se invece il genitore non richiede il seppellimento, allora farlo ugualmente è un fatto di umana pietà indipendentemente dalle credenze religiose perché non contrasta con la libertà della donna. Ma se invece pensiamo che contrasta con la sua libertà, allora la stiamo ingannando.

Negare la possibilità di seppellire i feti sembra voler negare a tutti i costi l’evidenza di ciò che si è abortito: non merita l’aborto perché non era vita umana.

Il fatto di avere un luogo dove reincontrare il bambino abortito è una possibilità molto importante per la donna di elaborare il suo lutto. Questa cosa è suggerita da studi psichiatrici che non hanno nulla di religioso. Esiste una approfondita letteratura scientifica che dimostra i drammi psichiatrici a cui va incontro la donna che ha aborrito, e non centra aver seppellito il feto o no. E’ dimostrato scientificamente che la donna che ha abortito in modo volontario va incontro a maggiori problemi psichiatrici come la depressione della donna che ha perso il bambino spontaneamente. E’ un inganno per la donna quando si nega il lutto. Allora sì crescono veramente i fantasmi. Voler negare di aver eliminato il figlio non fa bene alla mente della donna, non si tratta di discutere di diritti o meno, ma dire la verità o no alla donna, e la verità va sempre detta. Se qualcuno le dice che non era un bambino, non era un essere umano vivente, le donne che ben capiscono alla fine hanno una reazione purtroppo veramente grave.


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