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Home » Economia e Finanza » IL CASO/ I “trucchi” che smascherano il bilancio di FS

  • Economia e Finanza

IL CASO/ I “trucchi” che smascherano il bilancio di FS

Andrea Bicotti
Pubblicato 30 Maggio 2011
Treno_MacchinistaR400

Foto Imagoeconomica

Ferrovie dello Stato per il terzo anno consecutivo ha chiuso in utile il proprio bilancio. ANDREA BICOTTI spiega che però questo dato è “falsato” dalla mole di sussidi pubblici ricevuti

Ferrovie dello Stato (FS) per il terzo anno consecutivo ha chiuso in utile il proprio bilancio. Dopo le pesanti perdite del 2006, quando si erano avuti grandi oneri finanziari, dal 2008 la compagnia statale guidata da Mauro Moretti ha continuato a registrare un utile.

I ricavi di mercato continuano a crescere grazie all’entrata in funzione della linea ad Alta velocità, completata a fine del 2009. Il 2010 è stato quindi il primo anno nel quale Trenitalia ha potuto usufruire dell’infrastruttura nella sua interezza; a dire il vero le opere non sono ancora completate, dato che i nodi ferroviari presso le grandi città saranno ultimati nel 2015. Se questa mancanza incide poco sui risultati dell’Alta velocità, ha invece un impatto rilevante sul trasporto regionale, che vede i treni in difficoltà (ritardi e congestione) nell’entrata nelle grandi aree urbane. Il 2010 è stato anche l’ultimo anno del monopolio, dato che alla fine del 2011 dovrebbe entrare sul mercato Nuovo trasporto viaggiatori.


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Poco più di 100 milioni di utili, con oltre 4 miliardi di sussidi, sono dunque il risultato del quarto anno della gestione Moretti. È indubbio che i costi siano stati ridotti, ma soprattutto grazie all’azione di diminuzione del personale, decisa nel piano industriale del 2006. Proprio per questa ragione il 2006 era stato l’annus horribilis per FS, poiché vi erano state delle poste straordinarie per ridurre il numero del personale.


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L’intervista a Il Corriere della Sera di sabato 21 maggio di Massimo Mucchetti a Mauro Moretti permette di fare alcune riflessioni. In Europa vi sono certamente dei casi di maggior chiusura del mercato, come accade in Francia. Scnf è monopolista sull’Alta velocità e non è possibile entrare in quel mercato; tuttavia, nello stesso Paese operano compagnie ferroviarie private nel trasporto regionale, cosa che è di fatto impossibile in Italia.

Le ultime modifiche di legge del 2009, infatti, non solo hanno permesso un allungamento del contratto a sei anni più sei anni, creando una forte barriera all’entrata, ma al contempo sono stati stanziati 480 milioni di euro l’anno per far svolgere esclusivamente a Trenitalia il servizio regionale. I contributi regionali, inoltre, sono cresciuti di oltre il 30% negli ultimi quattro anni, mentre l’offerta di trasporto regionale è rimasta stabile. Anche in questo modo è stato possibile migliorare il bilancio di Trenitalia, dato che l’azienda offre lo stesso numero di treni chilometro, ma riceve il 30% in più di sussidi.


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Mauro Moretti si lamenta spesso che in Francia e Germania le compagnie ferroviarie ricevono di più in termini di sussidi; quel che è strano è che l’amministratore delegato prenda ad esempio i due casi peggiori in Europa. Perché non tarare le proprie affermazioni su un mercato come quello spagnolo, dove i sussidi sono del 36% inferiori? Andare a ruota dei casi peggiori non fa altro che perpetuare gli sprechi.

Un altro punto di riflessione riguarda il pedaggio dell’infrastruttura, di proprietà di Rete ferroviaria italiana (Rfi): i 91 milioni di euro di utile di Rfi non sono né pochi né molti, dato che il 50% del bilancio è dato da sussidi pubblici. Quel che è certo che in Italia si hanno pedaggi di accesso all’Alta velocità tra i più elevati d’Europa.

Moretti ha poi certamente ragione quando conferma che in Italia l’Alta velocità è costata troppo a causa degli sprechi, dato che per costruire un chilometro di Alta velocità in Italia c’è stata una spesa tre volte superiore a quella di Francia e Spagna. Questo, però, non significa che debbano essere gli operatori a pagare l’inefficienza dello Stato. In ogni caso, quel che è necessario fare, prima di dire se 91 milioni di euro sono troppi o sono pochi, è un’analisi di benchmarking.

Un altro caso di confronto può meglio far comprendere l’eccessivo costo dell’utilizzo della rete infrastrutturale. In Danimarca, la costruzione dell’Oresund Bridge è costata 180 milioni di euro al chilometro e la parte imputabile alla ferrovia è stata di circa 90 milioni di euro al chilometro. Tale cifra è circa tre volte più alta del costo al chilometro dell’Alta velocità in Italia. Per utilizzare il ponte la tariffa di accesso è di 16 euro al chilometro, cioè circa il 20% in più di quanto costi utilizzare l’Alta velocità in Italia. I danesi recupereranno dal pedaggio l’intero costo dell’opera in 35 anni. In Italia, nonostante la tariffa elevata, non è dato sapere quando sarà possibile recuperare il costo dell’investimento statale. La tariffa d’accesso alla rete Alta velocità è dunque alta in Italia? Quel che è certo è che 91 milioni di utile di Rfi non dicono niente circa la tariffa d’accesso.

C’è un ultimo punto che può essere analizzato nell’intervista a Moretti. I treni a lunga percorrenza sono per due terzi in perdita, secondo l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato. Tale perdita è dovuta a un’inefficienza di Trenitalia? Questo non è dato sapersi perché non esiste una gara per mettere a servizio tali treni.

È indubbia l’opera di miglioramento dell’azienda pubblica FS da parte di Moretti, ma finché il bilancio della compagnia ferroviaria sarà così “dipendente” da sussidi e contributi pubblici molti dubbi sulla reale efficienza dell’azienda continueranno a rimanere; solo il mercato e la concorrenza possono dire se le FS sono efficienti o meno.


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