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Home » Politica » Non tutti i dirigenti pubblici si “auto-valutano”: l’esempio della Lombardia

  • Politica

Non tutti i dirigenti pubblici si “auto-valutano”: l’esempio della Lombardia

Roberto Albonetti
Pubblicato 22 Maggio 2008
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Il Corriere della Sera di ieri riporta il caso di amministrazioni pubbliche in cui i funzionari si danno i voti per valutare il raggiungimento degli obiettivi e dei relativi premi. ROBERTO ALBONETTI (Direttore generale Istruzione, formazione e lavoro della Regione Lombardia) ci racconta un esempio diverso: quello lombardo

Cosa fa un dirigente? Prende decisioni. E si assume la responsabilità dei risultati ottenuti dalla struttura che guida e dalle persone di cui coordina e controlla il lavoro. Quando una Pubblica Amministrazione presenta numeri di dirigenti a quattro cifre (1352 all’Agenzia delle Entrate, addirittura 2196 alla Regione Sicilia), diventa difficile immaginare un’azione efficace di gestione amministrativa e di organizzazione interna. Compiti, funzioni e responsabilità risulteranno “diffuse”, impossibili da attribuire con chiarezza e quindi non valutabili. Anche perché occorrerebbero centinaia di esterni per controllare l’operato di così tanti dirigenti. L’autovalutazione diventa allora inevitabile: è il frutto di un sistema chiuso, in cui ogni singolo dirigente fissa gli obiettivi e giudica da solo le proprie capacità di raggiungerli.


I NUMERI/ “In Italia ceto medio dimezzato in 20 anni (35%), il 74% dei giovani non vede opportunità”


Le pagelle descritte da Il Corriere della Sera sono l’esito surreale di un sistema amministrativo che ha perso ogni collegamento con lo scopo e la realtà esterna. Ma non tutte le Pubbliche Amministrazioni sono così. In Lombardia è il Programma Regionale di Sviluppo (PRS) a definire i risultati che si vogliono ottenere: infatti deve essere la politica – il PRS è varato dalla Giunta e vagliato dal Consiglio Regionale – a fissare la meta che i dirigenti devono perseguire. Il Programma Regionale viene poi suddiviso in obiettivi e prodotti, che compongono gli Obiettivi di Governo Regionale (OGR), il raggiungimento dei quali determina la valutazione dei dirigenti. Ogni anno il 20% della retribuzione dipende dalla capacità di realizzare quanto previsto dagli OGR. Anche il compenso dei quadri e dei funzionari è legato, in misura inferiore, ai risultati. Questo meccanismo permette di incrementare il livello di efficienza, di riconoscere il merito di chi si impegna e di penalizzare, riducendo in parte la retribuzione, chi si dimostra inadeguato al compito.

Ma una vera valutazione non può che essere esterna. Esiste perciò un organismo, composto per la maggioranza (3 su 5) da docenti universitari nominati dalla Giunta, che verifica se è stato raggiunto l’obiettivo e il suo livello di efficacia. Questo è possibile anche perché il numero dei dirigenti regionali è stato drasticamente ridotto: in Lombardia nel 1995 c’erano 550 dirigenti per 4431 funzionari. Oggi i funzionari realmente in servizio sono 2871 e i dirigenti 235. Una struttura più snella, infatti, è indispensabile per mettere in campo un’amministrazione efficiente, capace di riconnettere la gestione della cosa pubblica ai cittadini. Un’amministrazione che non debba più temere la valutazione, ma riconosca il valore di uno strumento che misura l’impatto delle politiche sulla vita delle persone e favorisce la crescita di tutto il sistema.


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