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Home » Economia e Finanza » FINANZA/ Karolyi (Cornell University): 1.900 miliardi “condannano” l’Italia

  • Economia e Finanza

FINANZA/ Karolyi (Cornell University): 1.900 miliardi “condannano” l’Italia

Int. Andrew Karolyi
Pubblicato 16 Giugno 2012
Euro_Bce_Simbolo_MossoR439

Infophoto

Il pericolo per l'economia italiana per ANDREW KAROLYI, economista della Cornell University, è il debito pubblico, prima della speculazione internazionale

«L’Italia non deve temere per i rischi di un contagio dalla Spagna, ma per il suo debito sovrano da 1.900 miliardi di euro il cui impatto negativo sui bond decennali sarà più forte di qualsiasi influenza proveniente dall’esterno». Ad affermarlo è Andrew Karolyi, professore alla Cornell University e uno dei maggiori esperti americani di finanza. «L’Europa ha bisogno di un Fondo salva Stati che vada ben oltre i 750 miliardi della sua attuale dotazione e di maggiore chiarezza sulle responsabilità fiscali richieste agli Stati membri dell’Eurozona – aggiunge Karolyi -. Per rispondere alla crisi dell’euro la Bce deve evitare di compiere gli stessi errori della Fed, che non tengono minimamente conto dei rischi di un’inflazione a lungo termine».


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Quanto è grave il pericolo che il contagio si propaghi dalla Spagna all’Italia?

La parola contagio è utilizzata spesso molto liberamente, senza definire esattamente a che cosa ci si riferisce. In realtà, non esiste alcun collegamento tra le notizie sulla Spagna e ciò che sta avvenendo in Italia. Le vere preoccupazioni riguardano le dimensioni del deficit fiscale italiano, ben prima che venisse alla ribalta la questione del riequilibrio delle banche spagnole che ha reso necessario il salvataggio. La cifra da 1.900 miliardi di euro necessaria a coprire il debito sovrano dell’Italia avrà probabilmente un impatto più diretto sui bond decennali del governo italiano, rispetto a qualsiasi possibile effetto negativo proveniente dalla Spagna.


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Per Christine Lagarde, direttore del Fmi, e George Soros, restano solo tre mesi per salvare l’euro. E’ veramente così?

Non so da dove Lagarde e Soros abbiano preso questa scadenza di tre mesi, che suona molto artificiosa. Probabilmente si sono basati sui prossimi appuntamenti elettorali che si terranno in varie parti d’Europa. Mi preoccupa però che persone influenti come loro vogliano spingere chi deve prendere delle decisioni a farlo in modo affrettato. I problemi dell’Europa sono profondi e strutturali e sono cresciuti per anni. Sarebbe un errore grave rispondervi solo per rispettare una scadenza così campata per aria come i tre mesi della signora Lagarde.


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Obama e Bernanke hanno criticato più volte i leader Ue. Da dove nasce la preoccupazione degli Usa nei confronti dell’Europa?

Il loro atteggiamento non è quello di chi critica, ma di chi assiste con partecipazione ed è preoccupato. Gli Usa sono così esposti nei confronti dell’Europa, non solo in termini di scambi commerciali, ma anche per l’integrazione dei rispettivi mercati finanziari e dei flussi bancari, che le massime autorità americane non hanno alcuna alternativa rispetto a un coinvolgimento attivo nei confronti dei problemi europei. So che a un italiano potrà sembrare come se Obama stesse puntando il dito contro l’Europa per criticarla, ma in realtà la sua posizione è quella di chi è sinceramente preoccupato.


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Quali soluzioni ritiene quindi praticabili per la crisi dell’Eurozona?

Nel breve termine, l’Europa deve autorizzare e definire in modo appropriato il Fondo europeo di stabilità finanziaria (il cosiddetto Fondo salva-Stati, Ndr), che sarà poi sostituito dal Meccanismo europeo di stabilità. Occorre cioè stabilire se servirà a sostenere il sistema bancario attraverso dei salvataggi o a rifinanziare il debito sovrano degli Stati europei. I finanziamenti devono inoltre essere adeguati. So che il Fondo salva-Stati è passato da 440 miliardi a 750 miliardi di euro, ma ritengo che sia una somma del tutto inadeguata per la portata dell’attuale crisi. Il Fondo, cioè, non ha il capitale necessario per gestire i potenziali problemi.


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E nel medio-lungo termine?

L’Ue dovrà definire chiaramente che cosa significa essere un membro dell’Eurozona, ristrutturando le relazioni tra quella che attualmente è un’unione puramente monetaria e una vera e propria unione fiscale. La questione non è se ciò accadrà, ma soltanto quando accadrà. Prima sarà fatta chiarezza sulle relazioni e responsabilità fiscali dei membri dell’Eurozona e meglio sarà, non soltanto per i membri stessi, ma anche per i mercati e per gli investitori privati, che potrebbero investire sul debito sovrano degli Stati Ue.


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Ritiene che la Bce dovrebbe prendere esempio dalla Fed per risolvere i problemi dell’euro?

 

Uno dei rischi persistenti più gravi per l’economia globale è il ritorno dell’inflazione, che non sappiamo quando avverrà, ma è comunque una certezza. La politica dell’autorità monetaria in Europa, Stati Uniti e altre aree del mondo è stata di tipo espansivo. Pur aumentando il tasso di crescita delle disponibilità di denaro, Fed e Bce sono state troppo disinvolte con i programmi di quantitative easing. I mercati finanziari, soprattutto quelli privati, sono preoccupati e si domandano quando e come la Fed e la Bce saranno in grado di ridurre le proporzioni del bilancio destinato ai programmi di quantitative easing.

 

Che cosa occorre fare quindi?

 

Né la Fed, né la Bce dovrebbero aumentare ulteriormente la disponibilità di denaro, a causa dei rischi di inflazione a lungo termine che continuano a minacciarci e che aumentano proprio a causa delle politiche monetarie espansive e del quantitative easing.

 

(Pietro Vernizzi)

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