Aspettando Draghi, non si può non riportare l’attenzione su un punto fondamentale: la fiducia verso gli intermediari bancari e finanziari, come interlocutori fondamentali per la crescita dell’economia
In questi ultimi giorni un po’ tutti coloro che scrivono di economia e finanza si sono sbizzarriti nel fare previsioni su cosa dirà il Governatore Mario Draghi nelle sue “considerazioni finali” di domani. Ovviamente tutti hanno preso spunto, con riferimenti e analisi, da quanto è accaduto in questi ultimi anni: il consolidamento del sistema bancario italiano e la necessità od opportunità di nuovi modelli di governance, la crisi seguita al crollo dei mutui subprime e la funzione di chi deve esercitare la vigilanza, la grande fuga dal risparmio gestito con il conseguente obbligo di una più marcata divisione di ruoli fra chi gestisce e chi distribuisce prodotti finanziari legati al risparmio. E tanto altro. Ognuno poi ha cercato di individuare le priorità per correggere e rendere più competitivo il nostro sistema.
È evidente che se si vuole assecondare una facile demagogia la risposta è sempre la stessa, quella di invocare più regole e quindi sanzioni più aspre. Anche se già oggi rischiamo davvero un’intossicazione da over regulation con costi certi e senza alcun risultato sul piano dell’efficienza e della trasparenza.
Per riportare fiducia il primo passo lo deve fare il mondo della finanza, in primis le banche, innanzitutto attraverso una diversa politica remunerativa che premi chi crea ricchezza duratura, legata da una parte al consolidamento del proprio patrimonio e, dall’altra, a quanto si è riusciti a far crescere il proprio territorio di riferimento: questo significa imprese che sono state aiutate a uscire da una fase di crisi o a compiere un salto dimensionale, ma vuol dire anche fiducia da parte delle famiglie nell’affidare i loro risparmi, partecipazione a progetti di sviluppo legati al territorio (infrastrutture, ospedali, ecc). E tutto ciò passa attraverso un alto profilo professionale e umano da parte di chi si imbatte quotidianamente con tali bisogni.
Per tali ragioni oggi possiamo affermare che il breve termine non ha futuro.
