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Home » Politica » FEDERALISMO/ Antonini: dalla “spesa storica” ai “costi standard”, così elimineremo gli sprechi

  • Politica

FEDERALISMO/ Antonini: dalla “spesa storica” ai “costi standard”, così elimineremo gli sprechi

Luca Antonini
Pubblicato 23 Luglio 2010
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Il Consiglio dei Ministri ha approvato ieri il secondo decreto di attuazione sul federalismo fiscale. Dopo il federalismo demaniale, ora tocca ai fabbisogni standard di Province e Comuni. Un passaggio importante che porta con sè alcune novità, come ci spiega LUCA ANTONINI

Il Consiglio dei Ministri ha approvato ieri il secondo decreto di attuazione sul federalismo fiscale. Dopo il federalismo demaniale, ora tocca ai fabbisogni standard di Province e Comuni. La road map dell’attuazione del federalismo fiscale vede quindi in pole position gli Enti locali che a breve vedranno arrivare anche il decreto sull’imposta municipale, che permettendo il recupero dell’evasione e il recupero del sommerso è destinato a consentire un recupero importante di risorse, razionalizzando anche la questione dei due milioni di immobili fantasma che esistevano nel nostro Paese.


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Lo schema di decreto legislativo approvato dal Governo costituisce una tappa importante destinata a risolvere un problema che il nostro sistema si porta dietro da troppo tempo. In Italia, infatti, sono più di vent’anni che si tenta invano di superare il criterio della spesa storica, in base al quale decine di miliardi di trasferimenti statali sono stati assegnati in base alla spesa sostenuta nel passato.


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Il criterio della spesa storica è infernale: più spendi e più sei premiato, realizzando così una sorta di incentivo all’inefficienza. Il criterio del fabbisogno standard è invece diretto a identificare il costo efficiente di un servizio, che diventa il parametro in base al quale rapportare le risorse finanziarie autonome.

La novità del decreto approvato ieri – e che offre buone speranze di non incorrere nell’ennesimo fallimento – sta nella nuova metodologia innovativa che viene applicata. In passato si è sempre fallito quando si è cercato di colpire gli sprechi, ovvero la cosiddetta spesa sovra standard: ad esempio un Comune utilizza 2 persone per erogare un certo servizio e un altro, di dimensioni analoghe e per lo stesso tipo di servizio ne impiega 15 senza giustificazione economica.


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Si è fallito perché si è cercato di risolvere il problema applicando una formula matematica e poi calandola dall’alto. Ma “ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia” scriveva Shakespeare e così la formula matematica non permetteva di tenere conto del fatto per cui un Comune spendeva di più, non perché sprecava in eccesso di personale o altro, ma magari solo perché ad esempio teneva aperta l’anagrafe anche al sabato permettendo ai cittadini di ritirare i certificati fuori dall’orario di lavoro.


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Considerando questo fattore, il decreto del Governo invece di produrre una formula astratta ha introdotto un nuovo metodo, quello degli studi di settore, da anni applicato a 3 milioni di contribuenti, che viene ora esteso anche agli Enti locali, peraltro realizzando anche un interessante principio di “parità delle armi” tra soggetti privati e soggetti pubblici.

Debitamente calibrato e con il coinvolgimento degli opportuni attori (in particolare Sose, la società che in questi anni si è occupata di elaborare gli studi di settore e Ifel, il centro di ricerca di riferimento degli Enti locali)  il nuovo sistema non si baserà più sull’applicazione di formule astratte (si sarebbero peraltro potute elaborare in poco tempo), incapaci di cogliere tutta la complessità della realtà, bensì su una metodologia innovativa, estremamente avanzata, basata su questionari, su attività di filtro delle informazioni fornite, su verifiche concrete, sull’ascolto di soggetti che lavorano sui vari settori.


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Nel campo degli studi di settore questo metodo ha permesso una notevole emersione dell’evasione; nel campo della spesa pubblica potrà permettere l’emersione degli sprechi e configurare percorsi di allineamento a standard credibili e calibrati su un’effettiva valutazione dei servizi erogati. L’importante riforma del federalismo fiscale quindi avanza e non sembra così defunta come qualcuno andava insinuando.

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