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Home » Esteri » Usa » MASSACRI IN IRAQ/ Dagli Usa: quelle bombe sono la nostra sconfitta

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MASSACRI IN IRAQ/ Dagli Usa: quelle bombe sono la nostra sconfitta

Riro Maniscalco
Pubblicato 12 Agosto 2014
aereo_guerra_statiunitiR439

Infophoto

L'Isis avanza in Iraq e gli Usa bombardano. "Mandiamo le bombe a parlare per noi che non sappiamo dialogare, come surrogato di quello che non siamo stati capaci di fare". RIRO MANISCALCO

Siamo tutti violenti, siamo tutti egoisti e vorremmo che il mondo andasse come vogliamo noi, anche – e soprattutto – quando non sappiamo come vorremmo che andasse. La violenza viene sempre fuori quando quello che ci manca è una certezza profonda, alla radice del nostro essere. È proprio questa radicale debolezza, celata o malcelata, che ci rende violenti. Le bombe americane sull’Isis sono un atto violento, frutto di debolezza, incertezza e sensi di colpa. Non risolveranno assolutamente niente, ma danno all’America e all’amministrazione Obama una boccata d’aria. Di fronte alla malvagità perversa dei barbari dell’Islamic State of Iraq and Syria l’America può dirsi che non è rimasta indifferente: ha lanciato le bombe.


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Siamo andati in Iraq, abbiamo spazzato via ogni ombra di dubbio sulla tragica inutilità delle guerre, siamo scappati lasciando le cose molto peggio di come le avevamo trovate, e adesso cerchiamo di mettere a tacere la nostra coscienza (tutta scombussolata dalle azioni bestiali dell’Isis) mandando i bombardieri. Ormai più nessuno se la sente di far neanche finta di non credere alle storie, alle testimonianze, alle immagini che ci arrivano da quella parte del mondo. È un livello di barbarie a cui non siamo abituati. A cui, “grazie a Dio”, non siamo più abituati. Vengono in mente Hitler, Stalin, Pol Pot, vengono in mente i “senza Dio”. Perché senza Dio non c’è l’uomo, senza Dio, il Creatore, l’Amore infinito, l’essere umano, colui che è creato ed infinitamente amato, non ha nessun valore.


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Ma i musulmani dell’Isis non sono in missione per conto del loro Dio? E anche a Gaza muoiono i bambini. Non muoiono per mano del “popolo di Dio”? Non è la stessa cosa? No, non proprio. E non è questione che “bombardare” sia più tollerabile di “decapitare”, “discriminare” più accettabile di “violentare”, “cacciar via dalla propria terra” meno traumatizzante di “convertire a forza e schiavizzare”. La violenza, la guerra, chiamano solo altro spargimento di sangue. Neanche Israele lo capisce e così tutti abbiamo sentimenti contrastanti rispetto alla terra di Sion. A volte l’agire prepotente ed arrogante degli israeliani ci ripugna, altre volte ci vien da pensare alla legittima difesa. Ma a tutti noi si gela il sangue nelle vene a leggere di quel che Isis sta facendo. Anche per quello che Isis continua a proclamare. L’altro giorno, prima che Obama annunciasse le azioni di bombardamento, ci hanno detto che non si fermeranno finché la bandiera di Allah sventolerà sulla Casa Bianca. C’è forse qualcuno che si aspetta che Israele ci dica che smetterà di tirar bombe solo quando la bandiera bianco-azzurra rimpiazzerà quella bianca e gialla in Vaticano?  


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Anche nello stucchevole mondo della political correctness, nell’acidume della tolleranza ad ogni costo, nell’incapacità di liberarsi dalle trappole dell’ideologia, questo lo capiscono tutti. Così mandiamo le bombe a parlare per noi che non sappiamo dialogare; mandiamo le bombe come patetico e vile surrogato di quel che non siamo stati capaci di fare; mandiamo le bombe per riuscire a dormire la notte senza pensare di aver fallito. Mandiamo le bombe senza neanche crederci. E le bombe, come quelle degli israeliani, come la pioggia, cadranno sugli iniqui e sui giusti, su assassini e civili inermi, molto probabilmente anche sugli stessi che vorremmo aiutare.

Perchè così è la guerra, così è la vita dei “senza Dio”. Cosi siamo anche noi quando ci dimentichiamo di essere creati e amati, l’unica certezza che ci libera dalla violenza.


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