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Home » Educazione » SCUOLA/ La vera “chiamata diretta”? Dovrebbe funzionare così

  • Educazione

SCUOLA/ La vera “chiamata diretta”? Dovrebbe funzionare così

Giuseppe Santoli
Pubblicato 5 Settembre 2016
scuola_docenti_precari2R439

Immagine d'archivio (LaPresse)

Ombre e luci della chiamata diretta: tra le luci, la rottura Miur-sindacati. Tra le ombre, il vantare una rivoluzione che purtroppo tale non è. Il caso del Trentino. GIUSEPPE SANTOLI

Anche la novità della chiamata diretta è stata digerita dal mondo della scuola. Non sono mancate le critiche e le proteste. I bandi delle scuole dovevano semplicemente essere coerenti con il progetto triennale dell’offerta formativa (Ptof). Invece, abbiamo assistito ad un mosaico di annunci che in molti casi hanno sfiorato l’illecito. Alcuni dirigenti scolastici hanno richiesto video di autopresentazione a figura intera, mentre altri hanno prospettato il superamento di una prova concorsuale organizzata dalla scuola stessa. Sono state segnalate, inoltre discriminazioni di vario tipo nei confronti delle donne incinte e dei docenti provenienti dal Sud e da altri ambiti territoriali, o che avessero conseguito titoli culturali e di servizio non territoriali. Qualche docente si è visto annullare il contratto sottoscritto dopo il colloquio con il dirigente per difetto di ambito avendo, a monte, il sistema steccato nell’attribuzione dell’ambito territoriale giusto.
E’ indubbio che la rottura delle trattative tra sindacati e Miur sui requisiti che le scuole avrebbero dovuto utilizzare per la chiamata diretta dei docenti e la decisione unilaterale del Miur di emanare proprie linee guide per regolare la mobilità dei docenti da ambito territoriale a scuola, hanno avuto un forte valore simbolico e rappresentato una sconfitta per chi attraverso il tavolo sindacale mirava a ribaltare il significato della legge 107/2015. Il ministero ha tenuto la barra: per la prima volta i docenti trasferiti e i nuovi assunti non sono stati assegnati alle sedi scolastiche sulla base di anzianità e punteggi, ma per le loro competenze ed esperienze, nonostante le criticità evidenziate.
Il nuovo sistema secondo il ministro Stefania Giannini “punta a valorizzare le esperienze e i percorsi professionali che gli insegnanti si sono costruiti nel tempo e consente alle scuole di scegliere i docenti di cui hanno bisogno per portare avanti la loro offerta formativa”.
Sembrerebbe una rivoluzione copernicana per il nostro sistema scolastico, tanto che è stato azzardato l’istituto della chiamata diretta. Non è proprio così! Innanzitutto è improprio parlare di chiamata diretta perché l’attuale ordinamento scolastico non contempla l’incontro tra domanda e offerta di lavoro in regime di libero mercato. Esistono vincoli e specificità che caratterizzano la scuola come comunità educante. Pertanto il dirigente scolastico è assimilabile in modo improprio a un manager di un’azienda privata, semplicemente perché il contesto, i poteri, gli strumenti e gli obiettivi sono differenti. Scegliere una minoranza di docenti da un elenco di abilitati che sono stati formati e selezionati da soggetti diversi dalla scuola, far corrispondere gli obiettivi strategici del Ptof all’assunzione di qualche insegnante, non avere garanzia di complementarietà temporale tra l’incarico dirigenziale di preposizione alle scuole e le nomine dei docenti da parte dei dirigenti, non mi sembrano elementi che possano sostenere la chiamata diretta. 


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Penso che la cosiddetta rivoluzione copernicana altro non è che un diverso modo di regolare il mercato del lavoro scolastico permanendo i vincoli giuridico-amministrativi di sempre. Verosimilmente i docenti “migliori” potranno scegliere le scuole più appetibili, soprattutto in funzione del criterio della viciniorità, mentre i docenti “cosiddetti peggiori” saranno attribuiti dall’Usr alle scuole meno appetibili, di periferia, o di frontiera. Ma in questo modo il diritto all’apprendimento degli studenti in ogni dove del territorio della Repubblica è assicurato? E l’autonomia delle istituzioni scolastiche?
Concludendo, penso che il meccanismo previsto dalla 107 per l’assegnazione dei docenti alle scuole sia abbastanza farraginoso e le ombre prevalgano sulle luci. Altra cosa sarebbe prevedere la costituzione di un albo dei docenti abilitati che potranno partecipare una procedura concorsuale di vera e propria assunzione da parte delle scuole. Di questa prospettiva mi sono già espresso su queste pagine e, quindi non mi dilungo. Piuttosto vorrei evidenziare che la chiamata diretta non è ancora vigente nel sistema scolastico della provincia automa di Trento. La legge provinciale di recepimento della legge 107/2015 entrerà in vigore dal prossimo anno scolastico. Per quanto attiene alla chiamata diretta il meccanismo è simile a quello nazionale. Gli ambiti territoriali ancora non sono stati definiti. Un dibattito e una riflessione sono quanto meno auspicabili. Sarebbe un errore madornale non far tesoro delle criticità emerse sul territorio nazionale e non tentare di porvi rimedio. Sono certo che la comunità scolastica trentina saprà trovare una strada diversa, più condivisa e capace di coniugare la valorizzazione delle risorse professionali con il diritto all’apprendimento di tutti gli studenti, anche quelli che vivono nelle valli più lontane.


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