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Home » Impresa » ISTAT/ Ordini industria in calo. L’esperto: la soluzione per le imprese è fuori dall’Italia

  • Impresa

ISTAT/ Ordini industria in calo. L’esperto: la soluzione per le imprese è fuori dall’Italia

Int. Guido Corbetta
Pubblicato 19 Aprile 2012
Lavoro_Casco_IndiceR400

Fotolia

Secondo GUIDO CORBETTA, le banche non sono le uniche responsabili della crisi in cui versano numerose aziende che, dal canto loro, devono imparare a operare sui mercati esteri

Di per sé, i numeri sembrano voler disegnare un quadro dai toni più lugubri che altro. I record negativi vengono valicati, e le prospettive non lasciano intendere miglioramenti nell’immediato. Così appaiono, d una prima lettura, i dati sull’industria italiana. In particolare, gli ordinativi a febbraio hanno segnato un -2,5%. Il dato è composto dal -4,9% degli ordinativi interni e dal +1,1% di quelli esteri. Rispetto al mese di febbraio dell’anno scorso, infine, l’indice grezzo degli ordinativi segna un calo del 13,2%. Si tratta del record negativo dall’ottobre del 2009, quando la diminuzione era stata del 16,5%. Guido Corbetta, professore ordinario di Strategia aziendale e titolare della cattedra AIdAF – Alberto Falck di Strategia delle aziende familiari, spiega a ilSussidiario.net come interpretare la situazione. «L’allarmismo non aiuta nessuno. Sta di fatto che i dati fotografano una situazione reale. E celano grandi problemi di liquidità. Gli ordinativi si stanno riducendo per una difficoltà ad accettare ordini di cui non c’è la certezza dei pagamenti». La pubblica amministrazione non è l’unica a non pagare i propri debiti. «Ritardi nei pagamenti ci sono anche tra privati e privati». C’è un dato incoraggiante: «Le aziende, ormai, si dividono tra quelle che hanno direttamente (o indirettamente tramite i propri clienti) ordinativi all’estero  e quelle che non ne hanno». Le conclusioni si traggono da sé. «E’ bene che tutte le imprese italiane che ne hanno capacità investano anche fuori dall’Italia».


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Secondo Corbetta non si può imputare solo alle banche la mancanza di investimenti in tal senso. «E’ evidente che si trovano in difficoltà nel seguire tutti i progetti di investimento, rispetto ai quali si procederà in maniera sempre più selettiva; detto questo, credo che gli imprenditori debbano iniziare a entrare nell’ottica di idee di iniziare a recuperare risorse anche attraverso altre fonti». Ovvero, «attraverso i fondi privati e organizzandosi per sbarcare sui mercati borsistici». Al contempo, le amministrazioni pubbliche che non pagano i propri debiti non rappresentano il problema principale. «Il problema dell’insolvenza riguarda pressoché ogni settore».


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Il governo, dal canto suo, può fare molto: «Esistono una serie di enti e associazioni che rappresentano un valido strumento per agevolare lo sbarco sui mercati esteri, quali la Sace, la Simest o in parte la Cassa Depositi e Prestiti. Molte aziende di dimensioni non necessariamente microscopiche non sanno dell’esistenza di queste realtà. E’ anzitutto necessario, quindi, portarle a conoscenza del grande pubblico. E completare quell’opera di coordinamento che il ministro per lo Sviluppo economico ha inaugurato». In conclusione: «Il problema del commercio estero non si limita alle risorse finanziarie; sono altrettanto importanti quelle umane e organizzative. Aggiungere qualche soldo non sarà sufficiente a ripartire. Sarà necessario lanciare alcuni dei nostri giovani sui mercati stranieri, per promuovere le nostre imprese all’estero. Al contempo, gli imprenditori dovranno, però, andare alla ricerca del personale di questo tipo». 


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(Paolo Nessi)

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