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Home » Economia e Finanza » Economia UE » Bce & Euro » BORSA/ Così Bce, Fed e Cina mandano “in tilt” i mercati

  • Bce & Euro
  • Economia UE

BORSA/ Così Bce, Fed e Cina mandano “in tilt” i mercati

Paolo Annoni
Pubblicato 10 Gennaio 2015
bce_eurotowerR439

Infophoto

Il rally della Borsa di Milano di giovedì è stato praticamente annullato dalla pessima giornata di ieri. PAOLO ANNONI ci aiuta a capire cosa sta accadendo sui mercati

Il rally della Borsa di Milano di giovedì è stato praticamente annullato dalla pessima giornata di ieri (-3,3%) facendo rimanere molto negativo, -4,5%, l’andamento dall’inizio dell’anno. Nelle pochissime giornate di borsa del 2015 si è già visto praticamente di tutto, dai crolli agli exploit passando per giornate interlocutorie; il petrolio continua a scendere e ieri il Brent è sceso sotto i 50 dollari al barile per la prima volta dalla primavera del 2009, con gli investitori che si chiedono, senza molto successo, quale possa essere a questo punto il fondo della discesa e quando il prezzo possa stabilizzarsi.


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Quello che sembra emergere da quanto accaduto negli ultimi giorni è uno scenario di grande confusione, di idee poco chiare e di variabili decisive che il mercato fatica a incorporare in idee di investimento con i mercati che alla fine non riescono a prendere nessuna direzione netta.

La prima variabile che sta agitando i mercati è quella relativa alle decisioni che la Bce prenderà nel meeting del 22 gennaio. Ieri in giornata è emersa l’ipotesi che il Qe possa essere di circa 500 miliardi di euro e avere per oggetto titoli investment grade. La verità però è che a due settimane dalla riunione nessuno ha ancora capito se verrà varato un Quantitative easing, come in realtà dovrebbe essere probabile, e soprattutto che forme avrà e che dimensione; il susseguirsi di rumour e ipotesi di certo non aiuta.


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Data la situazione attuale di deflazione e assenza di una qualsiasi ripresa avere almeno qualche certezza sulle politiche della banca centrale dell’eurozona diventa ancora più decisivo e necessario per poter assumere uno scenario di investimento e agire di conseguenza. Ieri Goldman Sachs ha abbassato le proprie previsioni sul cambio euro dollaro a 1,14, 1,11 e 1,08 nei prossimi tre, sei e dodici mesi (da 1,23, 1,20 e 1,15) e ha previsto la parità per la fine del 2016. La crisi dei debiti sovrani in Europa, nota Goldman Sachs, è finita a metà 2012, ma “la crisi di crescita e competitività continua invariata”; non solo, la deflazione nell’area euro ha elementi strutturali mentre il rimbalzo che ci si potrebbe attendere nei paesi emergenti non è possibile in Europa e questo “pone le basi per una protratta underperformance ciclica nei confronti degli Stati Uniti”. In sostanza, mentre rimane sul tavolo l’enorme questione della ripresa europea, per fare un’imprecisissima parafrasi delle parole di Goldman,  nemmeno si sa cosa farà la Bce tra due settimane.


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La seconda variabile è relativa alla Fed. In particolare, non è chiaro come agirà  considerati, da un lato, i miglioramenti del mercato del lavoro americano (come evidenziato ancora ieri pomeriggio) e, dall’altro, gli elementi di debolezza,  la bassa partecipazione al mercato del lavoro e il calo dei compensi orari e infine le sfide poste dalla difficile congiuntura in Europa. Ieri i dati sul mercato del lavoro hanno inizialmente provocato un rialzo degli indici, poi annullato e infine trasformato in un calo. Anche in questo caso per il “mercato” è possibile speculare su diversi scenari in assenza di andamenti definiti; dati non univoci rendono molto difficile prevedere le mosse future della Fed togliendo alcune delle certezze che si erano avute negli ultimi anni.

La terza variabile emersa ieri riguarda invece l’andamento dell’economia cinese. Ieri il dato sull’inflazione (1,5% a dicembre rispetto all’1,4% di novembre) ha confermato che il rialzo dei prezzi rimane molto modesto e ben al disotto gli obiettivi del governo (3,5%). Si parla ormai chiaramente di eccesso di capacità produttiva, debolezza del mercato immobiliare e fragilità del sistema finanziario.

Non è facile capire la reale situazione dell’economia cinese, ma l’impressione, sempre più forte, è che i problemi non siano né banali, né contenuti; allo stesso modo ci si interroga su come il governo cinese proverà a risolvere la situazione.

Sullo sfondo infine rimangono le conseguenze del calo del petrolio e del rafforzamento del dollaro, continuati in modo marcato proprio ieri, sulle economie dei Paesi emergenti. La reazione di ieri, e più in generale di questo inizio d’anno, è comprensibile dati i fattori di cui sopra. L’appuntamento più vicino è quello della Bce tra due settimane e poi, immediatamente dopo, sarà il turno delle trattative tra Grecia e Germania.


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