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Home » Economia e Finanza » RIPRESA?/ Le due mosse che rischiano di affossare il nostro export

  • Economia e Finanza

RIPRESA?/ Le due mosse che rischiano di affossare il nostro export

Carlo Pelanda
Pubblicato 26 Febbraio 2019
operai_saldatura_industria_lapresse

(LaPresse)

Per l'Italia è molto importante riuscire ad accedere a mercati importanti per il suo export. Anche con mosse diplomatiche non trascurabili

L’industria manifatturiera – dai robot alle componenti industriali, dalla moda alle trasformazioni agroalimentari – è il principale motore di ricchezza per l’economia italiana, nona nel mondo, seconda potenza esportatrice europea e sesta globale. La sua crescita dipende dalla possibilità di aumentare gli accessi ai mercati interni di altre nazioni. Non solo. Poiché il tessuto produttivo dell’industria trasformativa italiana è fatto principalmente da piccole aziende che non hanno le risorse di capitale per finanziare adeguatamente un’internazionalizzazione crescente, è interesse nazionale oggettivo spingere accordi di libero scambio con altri che riducano a zero i dazi, minimizzino le barriere non tariffarie e creino tutele dei marchi italiani di qualità contro le imitazioni, in particolare nel settore alimentare.


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La partecipazione dell’Italia all’Ue è interesse vitale per due motivi: l’accesso a un vasto mercato unico senza barriere e la delega all’Ue di trattare con più forza delle singole nazioni accordi vantaggiosi con altri. Il recente trattato dell’Ue con il Canada ha favorito più di tutti l’export italiano, quello con il Giappone promette di farlo. Ora sono in agenda il trattato di libero scambio con gli Stati Uniti e la questione della Brexit.


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Venerdì scorso, in Romania, i governi europei hanno deciso di rinviare l’avvio dei negoziati con l’America. Il motivo è la preoccupazione francese di mobilitare il dissenso di un elettorato tradizionalmente protezionista e già in subbuglio per l’impoverimento. Ma pesa di più il progetto francese di guidare un’Ue post-atlantica e non esposta alla concorrenza americana. La Germania ha l’interesse, invece, di convergere con l’America per non subire dazi sull’auto, anche priorità per l’Italia. Ma Roma non ha cercato di isolare la Francia convergendo con Berlino. Peggio, l’Italia non è attiva per spingere l’Ue a reinserire rapidamente nel suo mercato il Regno Unito, tra i migliori clienti per l’export italiano. Ciò genera un rischio grave per l’Italia, nonché un “costo opportunità” perché la notizia di una convergenza euroamericana e di una soluzione positiva alla Brexit avrebbero l’effetto di aumentare l’ottimismo economico di tutti, favorendo la ripresa dalla recessione in atto.


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Va segnalata l’anomala passività del Governo italiano, sperando che questo ritrovi la capacità di servire l’interesse nazionale, intanto premendo per l’accelerazione del negoziato tra Ue e America.

www.carlopelanda.com

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